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Fatti non foste a viver come bruti

"... Non vogliate negar l’esperienza
di retro al sol, del mondo sanza gente.
Considerate la vostra semenza
fatti non foste a viver come bruti
ma per seguir virtute e canoscenza
"

(Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno canto XXVI, 116-120)

 

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« Auguri di cuorenel segno del giallo, "... »

Nel segno del giallo. "il fumo uccide" capitolo 3

Post n°94 pubblicato il 04 Gennaio 2007 da unamicoincomune
 
Tag: noir
Foto di unamicoincomune

L’uomo era tornato nel suo isolamento abituale. Un altro passo era fatto. Un altro uomo era morto. Nel buio della sua camera, il silenzio l’aiutava a riflettere. Solo il silenzio per lui, adesso. Sapeva che presto il rumore della società in cui viveva l’avrebbe raggiunto. E la causa del clamore dilagante era lui. Aveva sconvolto quella tranquilla e ipocrita provincia. Sapeva che la sua missione era lunga da compiere. Lunga e difficile. Nessuno poteva capire. Lui era nel giusto, si sentiva nel giusto. Un altro trofeo si mostrava alla sua vista. La parete di cristallo iniziava a perdere la sua trasparenza. Qualcosa riempiva quello spazio freddo e luminoso. Quei macabri souvenir di un tour appena iniziato. L’uomo, ormai stanco, si stese sul letto e cadde in un sonno profondo. Aveva bisogno di riposare, aveva bisogno di nuove forze per compiere la sua missione. Un sonno senza sogni. Sogni senza sonno. Incubi per chi non faceva parte del suo mondo. E pensare che anche lui era uno di loro. Una vita normale, spesa in buongiorno e buonasera. Mi saluti la signora. La spesa al mercato, il sabato e la domenica al bar, con gli amici. Le carte, il vino ma mai una donna. Era troppo timido per avvicinarne una. Una volta c’era stata una donna. Una per la quale riuscì a vincere la sua timidezza. Purtroppo la sorte gliela portò via. Aveva ventuno anni, era il suo terzo anno di università. Studente modello. Lei era al suo primo anno di medicina. Si conobbero nell’atrio della facoltà, uno sguardo intenso. I loro occhi non riuscivano a deviare lo sguardo, entrambi arrossirono. In quel rossore reciproco trovarono la forza di rivolgersi la parola. Da quella volta, s’incontrarono spesso e divennero amici. Lui era talmente preso da quella relazione che perse la fama di studente modello. A lezione era presente solo fisicamente. La sua mente era altrove, pensava a lei. Riusciva a vederla seduta a seguire le lezioni del primo anno. Era bellissima. L’amicizia si trasformò in amore. Era felice. Erano felici. Una felicità che lo spaventava molto. Non aveva mai provato niente di simile. Ma comunque era felice. Una felicità che gli metteva paura. I suoi timori presero corpo una domenica mattina. A bordo della sua vecchia lambretta percorrevano la strada per il mare. Cantavano. D’improvviso lo videro, quel maledetto camion. Era li, davanti a loro. Gli andava incontro, sbandando. Nel tentativo di evitare lo scontro, perse il controllo e caddero. Riprese conoscenza dopo alcuni minuti. Intorno a se le facce di curiosi, accorsi più per guardare che per prestar loro aiuto. Per non perdersi lo spettacolo. Urlò il suo nome: Caterina. Non rispondeva. D’improvviso il silenzio. Capì. Lei era li distesa, priva di vita. L’aveva uccisa lui. Si, era stata sua la colpa. Fu al tempo stesso vittima e carnefice. Giudice e imputato. Il verdetto: Colpevole. La pena per la sua colpa? La solitudine forzata. Si condanno alla solitudine. Solo, per sempre, in una moltitudine di uomini e donne che gravitavano intorno a lui.

 
 
 
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AL VERO GABBIANO JONATHAN

immagineLa maggior parte dei gabbiani non si danno la pena di apprendere, del volo, altro che le nozioni elementari: gli basta arrivare dalla costa a dov’è il cibo e poi tornare a casa. Per la maggior parte dei gabbiani, volare non conta, conta mangiare. A quel gabbiano lì, invece, non importava tanto procurarsi il cibo, quanto volare. Più d’ogni altra cosa al mondo, a Jonathan Livingston piaceva librarsi nel cielo.Ma a sue spese scoprì che, a pensarla in quel modo, non è facile poi trovare amici, fra gli altri uccelli.

 

SE

 

"Se" Se saprai conservare la testa, quando intorno a te tutti perderanno la loro, e te ne incolperanno; Se crederai in te stesso, quando tutti dubiteranno, ma saprai intendere il loro dubbio; Se saprai aspettare, senza stancarti dell'attesa, ed essere calunniato senza calunniare o essere odiato senza dar sfogo all'odio e, non apparire troppo bello, ne parlare troppo saggio; Se saprai sognare, e non rendere i sogni tuoi padroni; se saprai pensare, e non fare dei pensieri il tuo fine; se saprai incontrare il Trionfo e il Disastro, e trattare questi due impostori nello stesso modo; Se saprai sopportare di sentire quello che hai detto di giusto falsato dai ribaldi per farne trappola ai creduli o vedere le cose per cui hai dato la vita, spezzate e curvarti e ricostruirle con utensili logorati; Se saprai fare un mucchio di tutte le vicende e rischiarlo in un giro di testa e croce; E perdere e ricominciare da capo e non fiatar verbo sulle tue perdite; Se saprai forzare il tuo cuore e i nervi e i tendini per aiutare il tuo volere, anche quando essi sono consumati; e così resistere quando non c'è più nulla in te tranne che la volontà che dice loro: "reggete!" Se saprai parlare con le folle e mantenere le tue virtù e passeggiare con i Re e non perdere la semplicità; Se ne nemici, ne prediletti amici avranno il potere di offenderti, se tutti gli uomini conteranno ma nessuno conterà troppo; se saprai riempire il minuto che non perdona, coprendo una distanza che valga i sessanta secondi; Tuo sarà il mondo e tutto ciò che contiene e, ciò che conta, sarai un uomo,figlio! Rudyard Kipling

 

EINAUDI

"Migliaia, milioni di individui lavorano, producono e risparmiano nonostante tutto quello che noi possiamo inventare per molestarli, incepparli, scoraggiarli. È la vocazione naturale che li spinge; non soltanto la sete di guadagno. Il gusto, l'orgoglio di vedere la propria azienda prosperare, acquistare credito, ispirare fiducia a clientele sempre più vaste, ampliare gli impianti, costituiscono una molla di progresso altrettanto potente che il guadagno. Se così non fosse, non si spiegherebbe come ci siano imprenditori che nella propria azienda prodigano tutte le loro energie ed investono tutti i loro capitali per ritirare spesso utili di gran lunga più modesti di quelli che potrebbero sicuramente e comodamente ottenere con altri impieghi." - Luigi Einaudi

 

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