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Per la prima volta nella storia dell’autonomia regionale della Sardegna, la legislatura si chiude in anticipo rispetto alla scadenza naturale prevista per giugno 2009. Sulla XIII legislatura sarda cala il sipario in seguito alla conferma delle dimissioni dalla carica di Presidente di Renato Soru. A nulla sono serviti i tentativi di mediazione e gli interventi degli emissari di Veltroni, a nulla sono serviti i dibattiti e le trattative volti a ricercare una riappacificazione della coalizione di centrosinistra e delle diverse anime del PD isolano. Dopo una giornata di confronti, anche accesi, nell’aula consiliare, il Presidente Soru ha deciso di confermare le sue dimissioni convinto del fatto che non fosse più il caso di “perdere tempo e della necessità di ridare la parola ai Sardi”. Il Governatore, nel suo intervento finale ha mostrato rammarico per quanto emerso dal dibattito e non ha nascosto il suo desiderio: "Ho sperato fino all'ultimo che ci fosse un segnale positivo da parte di tutti sulla possibilità di andare avanti, utilizzando proficuamente, nell'interesse dei sardi, anche questi pochi mesi che mancano per la scadenza normale. Si poteva concludere un passo importantissimo nell'azione di tutela del territorio che abbiamo portato avanti in questi anni. Così non è stato ma questa notte dormirò sereno e domani consegno le chiavi della Regione. Una Regione senza scheletri nell'armadio, senza una tv in ogni stanza ma con più computer. Insomma una regione più moderna, con regole certe e un bilancio risanato". Insomma, un’uscita di scena da uomo d’altri tempi, cavaliere solitario senza macchia e senza paura, che, a parole, dice di aver improntato la sua azione di governo per il bene dei sardi e della Sardegna. Purtroppo, però, questa visione romantica ed idilliaca non corrisponde alla realtà. La Sardegna sta attraversando una crisi economica e sociale di notevoli proporzioni, la disoccupazione cresce così come cresce il ricorso alla cassa integrazione. Il settore edile, motore primario dell’economia sarda, viaggia con il freno a mano tirato, l’industria, quel poco che è rimasto, langue e chiude, la povertà aumenta e i giovani hanno ripreso ad emigrare per poter lavorare. Ecco la Sardegna che lascia il Presidente, sono lontani i tempi in cui si presentava come l’uomo della Provvidenza, il salvatore della patria. Tempi in cui auspicava, e voleva esserne il simbolo, la riscossa dell’isola. Adesso i Sardi hanno provato, hanno capito quale fosse l’idea di Soru e forse riusciranno a porre rimedio ai danni fatti in questi quattro anni e mezzo. Anni caratterizzati da un’alta conflittualità istituzionale e anni in cui si è dato molto da lavorare ai giudici della Corte dei Conti e della Consulta. Adesso è finita, Soru se ne va convinto di aver fatto un buon lavoro e si sottopone al giudizio dei Sardi. Probabilmente, negli armadi della Regione non ci sono scheletri, forse sono scappati e qualcuno è incappato nelle maglie della Magistratura cagliaritana. Sul capo del Presidente si potrebbero addensare, presto, delle cupe nubi e forse anche questo ha motivato la sua decisione di ricorrere alle urne anticipatamente. Del resto a Gennaio si dovrebbe approvare il codice etico del PD, un codice che prevede la non candidabilità di color che sono stati rinviati a giudizio. Questo è un rischio che Soru non poteva correre anche perché un eventuale rinvio a giudizio per l’affair Saatchi & Saatchi potrebbe mettere fine a tutte le sue velleità politiche.
Soru ha provato a restare ancora in sella, ha fatto un ultimo appello all’Aula  rivolgendosi non solo al centrosinistra, ma anche all'opposizione. La risposta della minoranza, però, é stata netta e senza possibilità di appello: "Non c'é nulla di interessante che può dirci. Questo è il momento della chiarezza, non delle trattative o delle camarille". Così si è espresso il capogruppo di Fi, Giorgio La Spisa, annunciando che il centrodestra non avrebbe nemmeno partecipato alla conferenza dei capigruppo per l'esame della proposta di Soru di invertire l’ordine del giorno e procedere, prima di affrontare il tema dimissioni, con l’esame della legge urbanistica. Ovvia conseguenza della non disponibilità a trattare è stato il proseguimento del dibattito sulle dimissioni del Presidente, da una parte il centrosinistra che invitava il Presidente a rivedere le sue posizioni e dall’altra un centro destra sempre più agguerrito e non disposto a fare sconti al Presidente. A questo punto il dado era ormai tratto ed il Presidente ha rotto gli indugi e confermato, come facilmente prevedibile, le proprie dimissioni. Da domani, 25 dicembre, spetterà al vicepresidente Carlo Mannoni (attuale assessore dei Lavori Pubblici) condurre l’esecutivo regionale alle elezioni di febbraio. I partiti sono già in movimento, i candidati accendono i motori della macchina elettorale e ai sardi non resta che dare il giudizio definitivo sulla parentesi soriana. Nell’attesa, buon Natale.