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Gli effetti della nicotina sul sistema nervoso centrale sono duraturi e si auto-alimentano attraverso l’inalazione

Post n°5041 pubblicato il 05 Agosto 2011 da cile54

Fumare è bello, ma non è vero. Lo scrive nel cervello la nicotina 

 

“Smettere di fumare è facile, io l’ho fatto centinaia di volte

 Mark Twain

 

La nicotina è la sostanza attiva presente in percentuale variabile (2-8%) nel tabacco (in particolare nelle foglie) al quale dona l’inconfondibile odore. Il pericolo derivante dall’assunzione di nicotina sta nel fatto che nell’uomo crea dipendenza, tanto da essere stata dichiarata droga a tutti gli effetti dall’inizio degli anni ’90 e da allora il suo contenuto nelle sigarette è regolamentato.

 

Attraverso il fumo inspirato, la nicotina entra nella circolazione sanguigna e, nel giro di pochi secondi, raggiunge il cervello ove agisce sui recettori dell’acetilcolina . A basse concentrazioni stimola i recettori, determinando un aumento di produzione di adrenalina che è un ormone stimolante e che determina un aumento della frequenza cardiaca ed un vissuto di potenziamento fisico e mentale. A concentrazioni elevate la nicotina risulta altamente tossica, tanto da essere considerata un potente veleno naturale e venire utilizzata in agricoltura quale componente di moltissimi insetticidi (agisce bloccando i recettori dell’acetilcolina).

 

La nicotina stimola la produzione di dopamina andando così a modificare la trasmissione fisiologica degli impulsi nervosi e provocando un effetto “eccitante”. Si vanno ad attivare funzioni cerebrali legate alla concentrazione e al tono dell’umore, cui fa seguito la sensazione soggettiva di riduzione della quota di stress e di aumento della percezione di piacere attraverso un meccanismo biochimico analogo a quello innescato dall’eroina e/o dalla cocaina. La dipendenza da nicotina, non a caso, è legata alla necessità di mantenere elevati livelli di dopamina, neurotrasmettitore del piacere.

 

Gli effetti della nicotina sul sistema nervoso centrale sono duraturi e si auto-alimentano attraverso l’inalazione del fumo della sigaretta reinnescando il meccanismo che nel fumatore non si interrompe mai e che si va ad inquadrare nella dipendenza. La nicotino-dipendenza deriva quindi principalmente dall’attivazione del sistema mesolimbico dopaminergico, considerato il centro del piacere e della gratificazione, responsabile della tossicodipendenza, in quanto l’individuo dipendente dalla sostanza e all’astensione va in craving, ossia cade preda del desiderio compulsivo, fortissimo ed incontrollabile che, se rimane insoddisfatto, può provocare sofferenza psico-fisica, ansia, insonnia, aggressività, depressione del locus ceruleus, responsabile dello stato di veglia e di vigilanza. La nicotina, stimolando questa parte del cervello, determina un miglioramento delle funzioni cognitive associate ad un aumento della capacità di concentrazione, oltre ad una riduzione dell’entità delle reazioni da stress, determinando così un vissuto di maggior rilassamento in situazioni critiche associato ad aumento dell’autostima.

 

Il 27 luglio 2011 su The Journal of Neuroscience è stato pubblicato il risultato di una ricerca condotta da Tresa McGranahan, Stephen Heinemann, PhD, e TK Booker, PhD, del Salk Institute for Biological Studies che potrebbe aiutare a comprendere meglio il meccanismo di azione della nicotina sulle cellule cerebrali umane: la rimozione di uno specifico recettore nicotinico dalla superficie delle cellule cerebrali produttrici di dopamina rende meno probabile nei topi la ricerca di nicotina, inoltre non si è osservata una riduzione dei comportamenti ansiosi simili a quelli osservati dopo trattamento con nicotina (i fumatori comunemente denunciano il sollievo dall’ansia quale fattore chiave per continuare a fumare o recidivare nel comportamento, anche se riconosciuto dannoso).

 

Lo studio dimostra chiaramente che il vissuto di ricompensa e la riduzione dell’ansia provocati dalla nicotina giocano un ruolo chiave nello sviluppo della dipendenza da tabacco e che sono determinate dall’azione su cellule specifiche cerebrali.

 

Precedenti studi avevano dimostrato che bloccando il recettore nicotinico alfa4 all’interno dell’area ventrale tegmentale (VTA), dalla quale prende origine il sistema dopaminergico, diminuiscono le proprietà gratificanti della nicotina, ma poiché i recettori alfa4 sono presenti sulla superficie di diversi tipi di cellule nel VTA, non era chiaro in quale modo la nicotina producesse sensazioni piacevoli.

 

I ricercatori allevarono in laboratorio cavie che presentavano una mutazione volta ad impedire una risposta cerebrale alla nicotina: non sviluppavano i recettori alfa4 sulle cellule dopaminergiche. I topi che avevano subito la mutazione erano meno predisposti alla ricerca di nicotina rispetto a quelli normali, suggerendo che questo tipo di recettore risulta necessario per la percezione degli effetti gratificanti da nicotina che, inoltre, non riusciva a ridurre i comportamenti ansiosi nei topi mutanti, come invece riusciva a fare in quelli sani.

 

Considerando i gravissimi danni provocati dal tabacco, si parla di 5milioni di morti all’anno, riuscire a capire meglio il percorso che porta alla dipendenza da nicotina potrebbe portarci allo sviluppo di nuovi farmaci sia per il trattamento della dipendenza che per alleviare i disturbi d’ansia, vista la connessione tra gestione dell’ansia e assunzione di nicotina. Inoltre il rendersi conto, attraverso chiare dimostrazioni, di quanto e come una sostanza da noi assunta “volontariamente” possa inserirsi nel circuito fisiologico del nostro sistema nervoso centrale modificandone di fatto il funzionamento, potrebbe, forse, agire da motivazione per smettere di fumare, eliminando così un comportamento deleterio per la salute, quale è il fumo di tabacco.

 

Luisa Barbieri

04-08-2011

 

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