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Post n°7375 pubblicato il 07 Febbraio 2013 da cile54
Ustica: i costi di una Strage "Ci sono voluti 10 anni, 10 anni di bugie, 10 anni di perché senza risposta. Perché chi sapeva è stato zitto? Perché chi poteva scoprire non s'è mosso? Perché questa verità era così inconfessabile da richiedere il silenzio, l'omertà, l'occultamento delle prove? C'era la guerra quella notte del 27 giugno 1980. C'erano 69 adulti e 12 bambini che tornavano a casa, che andavano in vacanza, che leggevano il giornale, che giocavano con una bambola. Quelli che sapevano hanno deciso che i cittadini, la gente, noi, non dovevamo sapere: hanno manomesso le registrazioni, cancellato i tracciati radar, bruciato i registri; hanno inventato esercitazioni che non erano mai avvenute, intimidito i giudici, colpevolizzato i periti e poi hanno fatto la cosa più grave di tutte: hanno costretto i deboli a partecipare alla menzogna, trasformando l'onesta in viltà... Perché?" Così il giornalista Rocco Ferrante, del Corriere della sera (trasposizione filmica di Andrea Purgatori), interpretato dal compianto Corso Salani, ne “Il muro di gomma”, lo splendido film di Marco Risi, del 1991. “E’ abbondantemente e congruamente motivata la tesi del missile.” Così la terza sezione civile della Corte di Cassazione nella sentenza n. 1871 del 2812013 che ha chiuso, dopo 33 anni, l’estenuante procedimento giudiziario relativo alla strage di Ustica; almeno quello inerente le responsabilità civili dello Stato italiano da omesso controllo e omessa tutela della vita dei passeggeri che volavano, a bordo dello sventuratissimo DC9 Itavia, nello spazio aereo italiano. Sono così stati respinti i ricorsi proposti dall’Avvocatura di Stato, per conto dei Ministeri della Difesa e dei Trasporti, contro la sentenza della Corte d’appello di Palermo del 14 giugno 2010, con la quale quegli stessi ministeri erano già stati condannati a risarcire i parenti delle vittime per le ragioni sopra sinteticamente ricordate. “Indipendentemente” (se questa locuzione non risultasse civicamente offensiva, anzitutto verso la memoria delle vittime) dalle cause e dalle dirette responsabilità “attive” che hanno determinato la morte di 81 persone - sulle quali, pure, la Corte, anche se “incidentalmente”, dice le definitive parole di verità su citate (quelle relative al missile) - i Supremi Giudici scandiscono quello che è un principio elementare di civiltà giuridica: “é pacifico l'obbligo delle amministrazioni ricorrenti (i ministeri, ndr) di assicurare la sicurezza dei voli.” Sulla base di questo incontestabile assunto, quindi, vengono rigettate le richieste dell’Avvocatura di Stato. A questo punto, due considerazioni, prima di ogni altra, vengono spontanee. E una domanda. 1) Dove non è arrivata la giustizia penale, in termini di accertamento di responsabilità e di risarcimento di danni, è pervenuta quella civile. Certo, è una “giustizia a metà”, se così si può dire: non individua le cause e le dinamiche precise, né punisce i colpevoli diretti, “veri”, di una tra le tanti stragi che hanno funestato negli ultimi 50 anni questo paese. Ma, almeno, scongiura l’ulteriore onta civile che chi ha patito lutti così devastanti non si veda riconosciuto neanche un risarcimento dei danni. E questa può essere una lezione importantissima, un precedente da tenere bene a mente per i tanti, troppi uomini e donne di questo paese che sono venuti o che dovessero, sciaguratamente, venire a trovarsi in una situazione simile a quella dei parenti delle vittime di Ustica. In questo paese, quest’ultimo, purtroppo, non è solo un esercizio di stile iettatorio. 2) Gli Avvocati dello Stato italiano, in questo caso, non sono stati gli Avvocati dei cittadini italiani. E anche questo, ahimè, è uno spettacolo che ci ha “allietato” molte volte, troppe, in questi anni. Ovviamente, la decisione di impugnare fino in Cassazione la sentenza della Corte d’appello di Palermo non è nata, sponte, negli uffici dell’Avvocatura di Stato, ma è una scelta a tutti gli effetti politica, anzi di governo. In tal senso, una menzione speciale la merita indubitabilmente quello che, all’epoca, era il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, che maggiormente si era “distinto” per avversare quella sentenza e che, ancor oggi, dopo il provvedimento della Cassazione della scorsa settimana, continua impunemente a propalare la “tesi” della bomba a bordo dell’aereo, pure dopo che la stessa è stata definitivamente spazzata via da questo, civilmente salubre, pronunciamento della Suprema Corte. Quella stessa “tesi” che è l’emblema plastico di 30 anni di trame e di depistaggi intorno alla morte causata, e non causale, di 81 esseri umani e al dolore dei loro cari. Di 30 anni di vergogna di Stato. E non è casuale neanche il fatto che quell’affermazione abbia il volto gommoso, più che plastico, di quell’indicibile sottosegretario. 3) Chi pagherà i costi di un ricorso giudiziario, come quello proposto dai Ministeri dei Trasporti e della Difesa, che, oltre a non aver ricoperto proprio di onore due Amministrazioni apicali dello Stato, ha comportato anche un enorme, ulteriore, evitabilissimo dispendio di risorse pubbliche? Forse, in occasione di vicende e, soprattutto, condotte di apparati dello Stato, a tutti i livelli, così poco nobili come quelle in questione, quest’ultima domanda dovrebbe essere una delle prime a dover esser posta. I risultati in chiave “pedagogica” di quella domanda, anzitutto sulle “classi dirigenti” (absit iniuria verbis) di questo paese, potrebbero esser sorprendenti. Specie se la risposta fosse di un certo segno. Stefano Palmisano Fasano 422013 www.salutepubblica.net |
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