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Post n°7826 pubblicato il 02 Giugno 2013 da cile54
Il sessismo istituzionale Pochi giorni fa è stata votata la Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne. C’è da chiedersi quali interventi sarebbe disposto ad approvare il nostro paese per prevenire e contrastare il fenomeno. Noi abbiamo scritto una lettera aperta affinché il Governo italiano si impegni ad agire alla radice, ovvero alla cultura che determina il fenomeno. Molti politici già da tempo parlano dell’inasprimento delle pene contro il femminicidio e reati di genere come se con un deterrente si risolvesse un problema che dipende dalla cultura italiana, dove la donna è considerata subordinata all’uomo sin dalla nascita. Il femminicidio come le botte e lo stupro, sono ultime di una serie di discriminazioni che le donne subiscono in quanto donne, generate da una cultura che ci nega diritti, libertà e rispetto. La violenza sulle donne non nasce solo in famiglia ma è anche sopratutto istituzionale. Noi donne la subiamo con la complicità delle istituzioni, non solo quando non puniscono i violenti, ma anche quando vengono operate tutte quelle discriminazioni che escludono le donne dalla partecipazione pubblica. L’aula della Camera vuota quando la Presidente della Camera Laura Boldrini era impegnata a parlare del femminicidio, i parlamentari che usavano i cellulari mentre veniva discussa e votata la Convenzione, la tv di stato Rai che annunciando la morte di Franca Rame dichiarava che “sfruttava la bellezza finché non fu stuprata” sono esempi di come la violenza sulle donne venga ancora accettata nel nostro Paese. Ieri, Paolo Becchi del M5S in una intervista a Radio 24, senza vergogna, ha dichiarato che “oggi se guardi il culo ad una donna ti accusano di femminicidio”. Una dichiarazione gravissima che si somma alle battute da bar di un leader politico che per vent’anni ha umiliato le donne. Come se umiliare le donne fosse un modo per affermare la propria mascolinità. Parole del genere richiamano la cultura dello stupro, fondata sulla manifestazione di una sessualità aggressiva e dominante per affermare la propria virilità. Esse si fondano sulla mancanza di rispetto, sulla considerazione della donna come oggetto che non ha diritto di manifestare la propria autodeterminazione sessuale e sociale (e questo avviene tanto con lo stupro e l’oggettivazione sessuale, quanto con la stigmatizzazione della nostra sessualità): l’anticamera del femminicidio. Parole che minimizzano gravemente il femminicidio, come se fosse un destino o meglio una punizione per le donne in quanto tali, in quanto desiderabili, quasi fosse una colpa delle donne. Spesso il sessismo politico fa da scuola agli italiani e tristemente lo abbiamo visto con Berlusconi che per anni ha svilito l’immagine femminile insegnando agli uomini italiani che le donne non valgono nulla, che sono solo oggetti sessuali. E che dire del fatto che tagliò i fondi destinati ai centri anti-violenza? Che firmò una legge che consente alle aziende di licenziare le donne incinte mediante le dimissioni in bianco? Qualche anno fa, per contrastare l’immigrazione il governo strumentalizzò la violenza sulle donne tirando fuori l’idea delle ronde cittadine, mentre le donne venivano massacrate dentro le mura di casa. Durante un’intervista Berlusconi esclamò che “ci vogliono molti soldati perché le ragazze italiane sono troppo belle”, come se lo stupro fosse un’omaggio alla bellezza. Questo provvedimento fece emergere l’opinione di una donna da proteggere in quanto oggetto sessuale, in quanto debole e sottomessa all’uomo. La violenza sessista istituzionale coinvolge anche le forze dell’ordine. Ieri sono stati arrestati alcuni agenti che stupravano alcune vittime del racket. Vogliamo affidare la sicurezza delle donne vittime di violenza nelle mani di stupratori? Oppure di forze dell’ordine impreparate che riconsegnano le donne nelle mani dei mariti violenti accusandole di essere esagerate o che si trattava solo di uno schiaffetto. Nessun paese europeo tollererebbe ogni forma di sessismo all’interno delle istituzioni. Anche se le leggi della Convenzione di Istanbul fossero approvate, cosa cambierebbe in un paese dove il sessismo viene proprio dall’alto e dove i primi a non rispettare le leggi sono chi le fa? Mary |
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Giorgiana Masi
Roma, 12 maggio 1977
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