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Penalizzati gli stranieri con una flessione dell’occupazione doppia degli italiani, i giovani con contratti precari

Post n°3615 pubblicato il 22 Luglio 2010 da cile54

Giovani, stranieri, meridionali: le prime vittime della crisi

 

Nel passaggio dal livello finanziario a quello dell’economia reale, la crisi ha colpito duramente il corpo sociale del paese, sia ovviamente dal punto di vista dell’occupazione sia da quello della riduzione del reddito, creando nuove fasce di disagio e povertà. Dalla relazione che intercorre tra crisi e povertà prende le mosse il nuovo “Rapporto sulle politiche contro la povertà e l’esclusione sociale” che la Commissione di indagine sull’esclusione sociale presenta oggi a Roma presso la sede del Cnel, ultimo atto di questo organismo in scadenza a fine luglio. La crisi produttiva e la pesante contrazione del Prodotto interno lordo hanno creato una caduta occupazione senza precedenti nella storia del nostro paese dal dopoguerra ad oggi, ricorda la Commissione. Tra il primo trimestre del 2008 e il primo trimestre del 2010 l’occupazione è scesa, infatti, di oltre 600 mila unità, con un calo del 2,4%. Ancora maggiore, inoltre, è stato il calo delle ore lavorate che – a causa del taglio degli straordinari e del massiccio ricorso alla cassa integrazione – ha registrato un crollo del 4,9%. Ma è stato proprio l’uso della cassa integrazione, che ha permesso di attenuare, almeno in parte, l’impatto della crisi sui livelli occupazionali e sul reddito delle famiglie.

 

La crisi, però, non ha colpito tutti allo stesso modo. E i primi ad essere investiti sono stati soprattutto gli stranieri, i lavoratori del Meridione e i giovani. La popolazione straniera ha infatti registrato una flessione del tasso di occupazione pari al 2,5% il doppio rispetto alla media italiana. Mentre nel Nord – e nelle zone a più forte insediamento industriale – si è registrato un più forte ricorso alla cassa integrazione con conseguente riduzione del monte ore lavorate, le regioni meridionali hanno visto un maggiore calo dell’occupazione dovuto a una più forte percentuale di licenziamenti e chiusura di imprese. Dal punto di vista anagrafico, invece, la crisi occupazionale sembra aver colpito – per lo meno nella sua fase iniziale e nelle aree in cui vi è stato un più forte utilizzo della cassa integrazione – soprattutto le classi di età più giovani: la maggiore flessione del tasso di occupazione si è registrato infatti tra i 20 e i 34 anni, dove la caduta è stata pari al 6,3%. I lavoratori coinvolti sono soprattutto quelli con condizioni contrattuali meno garantite e con una minore copertura dei tradizionali ammortizzatori sociali. Ma l’impatto della crisi sull’occupazione giovanile si è manifestato anche con un blocco all’entrata: e quindi, in primo luogo, attraverso il brusco rallentamento del turn over e la mancata sostituzione di forza lavoro piuttosto che attraverso licenziamenti e cessazioni premature dei rapporti.

 

Le famiglie più colpite dalla crisi – si legge nel rapporto – sono allora quelle composte da giovani coppie, da lavoratori singoli in giovane età e titolari di contratti di lavoro temporaneo o precario e quelle più numerose. Tuttavia – rilevano i curatori del Rapporto – il fatto che gran parte della caduta dell’occupazione abbia riguardato lavoratori giovani, ancora conviventi con i genitori, ha favorito qualche redistribuzione del reddito all’interno delle famiglie.

21/07/2010

 

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