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Non si cucina se non si vuole comunicare qualcosa a qualcuno. L’erotismo č intimamente legato alla narrazione

Post n°3638 pubblicato il 28 Luglio 2010 da cile54

Il gusto e l’eros legati da un antico connubio

Uno degli indici con cui si è indicata la distinzione tra animalità bruta e umanità è l’aspetto conviviale del consumo di cibo. Tempi e luoghi del “mangiare insieme” connotano una estetica del palato che si va sempre più affermando. Intanto la letteratura, soprattutto quella latinoamericana, ha riproposto il legame tra il piacere del mangiare e il piacere del sesso (da Isabel Allende a Laura Esquivel). Ma l’unico afrodisiaco infallibile resta sempre l’amore.

Introdurre il cibo in bocca, frantumarlo con i denti, trasformarlo in una poltiglia e ingoiarlo: per quanto si voglia ricamarci sopra, è questo il mangiare. È una delle funzioni vitali meno nobili dell’uomo, espressione del bisogno primario di trovare energia. E oggi che che ci siamo affrancati da tante fatiche, camminare a piedi, zappare la terra, talvolta pensare, perché si persiste in una celebrazione dell’alimentazione che ruba tempo al progresso? Perché si continua ad attribuire al soddisfacimento di un istinto animale una dignità culturale che non possiede? Perché non ci alimentiamo con pasticche colorate che abbiano la stessa composizione del cibo che mangiamo? Perché uno dei cinque sensi è il gusto, che ci impedisce di considerare equivalenti una pasticca colorata e un piatto di spaghetti al pomodoro e basilico. La difesa, il piacere e la cultura del gusto trovano il loro fondamento nella storia recente dell’uomo, anche se questo ha sempre avuto una connotazione sociale: infatti, il cibo più pregiato, più gustoso e nutriente, è sempre stato anche quello più difficile da procurarsi, diventando così un indicatore di status, di ricchezza e di potere.

Abbiamo guarnito una attività semplice come quella di mangiare con molteplici sovrastrutture, prima fra tutte il cucinare. Gli animali si nutrono con cibo crudo, cuocere i cibi è esclusività umana. E non solo. Nel corso dell’evoluzione, a differenza degli animali che l’hanno sviluppato, il nostro olfatto si è gradatamente atrofizzato, divenendo sempre meno indispensabile a vantaggio del gusto. Le cellule olfattive dei cani per esempio, possono arrivare fino a 200 milioni, mentre nell’uomo arrivano solo a 5mila.

Mentre i cani si accontentano delle ossa “La scoperta di un manicaretto nuovo fa per la felicità del genere umano più che la scoperta di una stella”, recita un aforisma di Anthelme Brillat-Savarin, nel suo saggio del 1825 Fisiologia del gusto. Uno degli indici con cui si è indicata la distinzione tra animalità bruta e umanità è l’aspetto conviviale del consumo del cibo. Tempi e luoghi del “mangiare insieme” connotano una estetica del gusto che si va sempre più affermando. Infatti, sempre secondo Brillat-Savarin, “gli animali si nutrono, gli uomini mangiano, e solo l’uomo saggio, cioè il gastronomo, gusta i cibi di cui si nutre”. E questa è forse una concezione che rimanda a un’idea umanistica del gusto.

Sempre per Brillat-Savarin, il gusto,  contribuisce alla costituzione generale dell’ “io sensoriale”: l’occhio, l’orecchio, il naso e la mano perlustrano l’ambiente e procurano il cibo, la bocca provvede a mangiarlo e a fornire al corpo le necessarie energie per incontrare un altro corpo, per mettere in moto il sesto “sens gènèsique”, senso genetico, ovvero quell’eros che garantisce la riproduzione della specie.

Non si cucina se non si vuole comunicare qualcosa a qualcuno. «L’erotismo è intimamente legato alla narrazione - ha detto lo scrittore peruviano Vargas Llosa - ed è, tra le esperienze umane, una tra le più fondamentali. Non lo troviamo ad esempio nelle culture primitive. Appartiene a un genere di cultura elevata perché descrive una grande individualità dell’espressione umana». 

Per assunto, possiamo ben dire che il  sesso sta alla fame, come l’eros allo spiluccare. L’erotismo  è sempre stato uno dei grandi temi della letteratura di tutti i tempi, anche se, per motivi religiosi e culturali, scarsamente valorizzato. Negli ultimi trent’anni invece troviamo l’eros un po’ ovunque, spruzzato in ogni libro come pepe. È stata Isabel Allende con Afrodita forse la prima scrittrice a sperimentare l’unione fra erotismo e cucina, con un gioco dei sensi davvero accattivante, come forse nessuno prima aveva fatto. «Ho sognato di mangiare Antonio Banderas arrotolato su una tortilla messicana e mi è venuta l’idea di scrivere un libro erotico di ricette - ha dichiarato la scrittrice -  Ho iniziato a comperare e a leggere un gran numero di libri e di riviste erotiche e poi mi sono documentata sugli afrodisiaci. È stato molto divertente».

Prima della Allende, la scrittrice sudamericana Laura Esquivel, in Dolce come il cioccolato, tesse le trame di una storia d’amore con toni di favola e di magia, dove cibo e amore si mescolano al profumo della cannella e del pepe. La protagonista, Tita, si innamora di Pedro, ma per un’assurda tradizione familiare non potrà sposarlo. I due si troveranno ad affrontare, dopo le nozze di lui con la sorella maggiore di Tita, una convivenza da cognati, costretti a soffocare il loro sentimento. I piatti cucinati da Tita diventano così l’unico mezzo per continuare a nutrirsi del loro amore. “Sembrava che per uno strano fenomeno di alchimia, non solo il sangue di Tita, ma tutto il suo essere si fosse sciolto nella salsa di rosa, nella carne delle quaglie e in ogni aroma del cibo. In questa maniera l’essere di Tita penetrava nel corpo di Pedro, voluttuoso, profumato, caldo ed irresistibilmente sensuale. Avevano trovato un nuovo codice di comunicazione”.

Ma se l’erotismo è gioco e invenzione, “il ponte gettato tra gola e lussuria sono gli afrodisiaci”, dice ancora la Allende. Di sostanze afrodisiache parlava già Ovidio nella sua Ars Amandi, dove esalta ad esempio le proprietà afrodisiache dell’”erba d’eruca”, la rugola,la quale cresceva spontanea intorno alle statue falliche rappresentate nell’antica Grecia in onore del dio Priapo che dominava l’istinto, la forza sessuale maschile e la fertilità della natura. Una hit delle sostanze afrodisiache per eccellenza: la radice di Ginseng, usata da millenni dagli anziani cinesi. Nutrirsi di questa radice “miracolosa” determina un maggior afflusso di sangue nel pene.

Meno conosciuta ma altrettanto efficace è la corteccia di Yohimbine, utilizzata dagli africani per stimolare l’erezione: in Europa è possibile acquistarla solo con ricetta medica. Infine ci sono le erbe per problemi lievi perché meno efficaci, come il Ginko Biloba e la L-Arginina. Il primo stimola la memoria e l’attività sessuale anche nelle donne che soffrono di calo del desiderio o che hanno difficoltà a raggiungere l’orgasmo. Il secondo è un aminoacido presente in molti cibi che stimola la produzione dell’ossido nitrico proprio come il Viagra. A questo punto però, citando ancora la Allende, l’unico afrodiasiaco davvero infallibile che ci sentiamo di consigliare, è l'amore.

Afrodisiacicibierosspezie

Adele Parrillo

26/07/2010

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