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« Ai lavoratori la morte, ...Il tema di quest'anno: ... »

Il sindaco vorrebbe sgomberare subito i 20 somali e eritrei, il Prefetto ora frena: c'è un'emergenza sociale

Post n°3694 pubblicato il 14 Agosto 2010 da cile54

Torino, i profughi e lo sceriffo Chiamparino

Alcune edificanti righe tratte dall'editoriale di Torino Cronaca, quotidiano ad amplissima tiratura molto amato dall'elettorato berlusconiano leghista, a firma di Filippo de Ferrari: «Parole sante quelle di Sergio Chiamparino... Uno sgombero che deve essere fatto «nel più breve tempo possibile». Sembra di ascoltare le parole di un sindaco sceriffo, uno alla Gentilini, tanto per capirci. Sarà contento del paragone il primo cittadino di Torino. La destra cittadina lo osanna come nuovo sceriffo della città.

Ossessionato dagli inesistenti squatter torinesi, e dall'idea che questi possano rientrare nella ex caserma dei pompieri ora occupata da venti rifugiati abbandonati da tutti, Sergio Chiamparino ha scritto una lettera al Questore chiedendo che lo sgombero sia eseguito "con tempi e modalità opportune" ma "nel più breve tempo possibile".

Ma, capriole della storia che si dimena tra personaggi bizzarri, lo sceriffo vero, il questore Aldo Faraoni, risponde civilmente così: «Interverremo, ma non c'è nessuna fretta. Bisogna anche rispondere all'emergenza sociale». E aggiunge poi: «I profughi che sono in corso Chieri pongono una domanda ben precisa: dove andremo? Bisogna rispondere anche a questo interrogativo. Ricordiamoci che si tratta di persone. Non è solo una questione di ordine pubblico. E' un problema sociale, da affrontare e risolvere su altri piani». Faraoni, che non è un militante di Rifondazione Comunista e molto probabilmente non è abbonato a Liberazione, semplicemente non deve raggranellare voti nella pancia forcaiola della città, ormai sempre più ingorda. Il questore, che di sgomberi ne ha diretti parecchi, sconfessa non solo la linea dura del sindaco ma anche quella del prefetto Padoin, prossimo alla pensione, che nei giorni passati aveva usato epiteti poco "nobili" verso i profughi di guerra che a Torino fanno la vita del nonnetto della canzone di Domenico Modugno, quello che nessuno vuole perché non c'è posto per carità. Il sindaco di Torino, che ha costruito nel tempo la sua immagine di uomo granitico contro i ragazzacci dei centri sociali, teme che questi possano ripiazzarsi da dove erano stati cacciati. Questo, secondo lui, rappresenterebbe un grave problema di ordine pubblico ed una perdita di valore per uno stabile abbandonato da decadi destinato però alla vendita. Tutte ragioni "comprensibili" ma che non rispondono alla domanda del questore Faraoni: «Dove li mettiamo i poveracci?».

Su un'unica questione Chiamparino ha ragione: lo stabile è messo talmente male da rappresentare un pericolo per tutti coloro che si trovano all'interno. Ma altro la città non offre e quindi i venti profughi somali e eritrei continuano a rimanere in corso Chieri, aiutati dai residenti della zona che portano bombole del gas, cibo, coperte e altri generi di prima necessità. Il circolo Prc del quartiere San Salvario ha invece fornito una cucina da campo. Commentano Matteo Cavallaro e Renato Patrito: «Un piccolo gesto di solidarietà, per aiutare venti persone in grave disagio. Non è la prima volta che il Prc deve coprire i buchi di una amministrazione comunale poco attenta ai bisogni essenziali dei rifugiati. E' grazie a noi e ai compagni della circoscrizione 8 se alcuni di loro hanno potuto proseguire il loro viaggio verso paese più ospitali, come la Germania o la Norvegia. Paesi civilizzati e civili. A leggere certe dichiarazioni di sindaco e prefetto, lo stesso non si può dire per la nostra città. Se il centrosinistra di Torino ha dimenticato il valore dell'accoglienza, non così è stato per il Prc e per il movimento antirazzista cittadino».

I commenti dei venti profughi accampati al Valena sono amari per chi ha il coraggio di ascoltarli: «Era meglio morire di guerra in Somalia», oppure «se l'Italia non è in grado di accogliere chi scappa dalla guerra ci dirotti subito in altri paesi», oppure «almeno qui non rischio una pallottola in testa. Ma certo credevo di essere accolto meglio in un paese europeo. Tutti qua vorremmo andare via, ma non possiamo la legge ci blocca in Italia». E' altresì vero che Torino e la sua amministrazione gestiscono la questione rifugiati molto meglio di molte altre città che semplicemente li respingono. Ma si sa che relativizzando tutto qualsiasi atto diventa eroico se rapportato col peggio. Tutto rimane fermo quindi. E se sgomberò sarà, non avverrà prima di settembre.

Maurizio Pagliassotti

13/08/2010

Leggi www.liberazione.it

la foto: Una profuga somala con i figli Reuters/Radu Sigheti

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