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Licenziano i lavoratori, calpestano i diritti, precarizzano la vita e pretendono pure che dobbiamo stare zitti

Post n°3786 pubblicato il 10 Settembre 2010 da cile54

MO BASTA!

Ho le scatole piene! Si non riesco proprio più a sopportare quel coro di benpensanti, quella pletora di politici, sindacalisti, giornalisti (che per dirla alla Mourinho sono sempre più delle prostitute intellettuali) che si indignano per ogni contestazione che viene fatta a “lor signori”. Non contenti di una settimana di contestazioni da parte di tutti i soggetti sociali colpiti dalla crisi e sacrificati sull'altare della competizione e della produttività (insegnanti precari, rifugiati e richiedenti asilo, cittadini indignati per l'invito di un personaggio come Schifani), il Pd pensa bene di invitare Bonanni alla sua festa nazionale e di condannare e chiedere “una dura lezione” ai contestatori del leader del sindacato padronale. “Fascisti, rossi o neri, fascisti!, voi non siete democratici!”, gridava nel microfono Enrico Letta, ai fischiatori di Bonanni. Ma viene naturale chiedere a Letta se non erano duci e cavalieri a pretendere il comizio con il divieto di fischio e l'applauso obbligatorio?.

 

Mo Basta! Licenziano i lavoratori, calpestano i diritti, precarizzano la vita e pretendono pure che dobbiamo stare zitti e applaudirli.

 

Ma analizziamo bene quel che sta succedendo nel nostro paese. Per Marchionne, la Marcegaglia, Ichino, Bonanni e Angeletti e soci di questo clan, la lotta di classe è un residuo di un passato da superare, così come lo è la conflittualità sindacale o la lotta “tra operai e padroni”. Ma la frase “basta lotta tra padroni e operai” prende una sfumatura diversa a seconda che a pronunciarla sia un operaio oppure un padrone.

 

In effetti per tutti costoro quello che è o va superato è la lotta degli operai contro i padroni, o dei lavoratori contro le imprese e i loro imprenditori, perché l'altra, quella dei padroni contro gli operai è in pieno corso e va a gonfie vele.

 

Come altro si può intendere, infatti, la situazione di quelle migliaia di lavoratori lasciati sul lastrico da padroni, spesso bancarottieri, che si sono impossessati di un'impresa per distruggerla o ridimensionarla grazie ai meccanismi messi in campo dalla finanza internazionale?

 

O le delocalizzazioni fatte per liberarsi di una manodopera troppo costosa?

 

O la diffusione del lavoro precario che distrugge qualsiasi possibilità di costruirsi una vita e un futuro?

 

O la tesi di Tremonti, secondo cui la normativa sulla sicurezza sul lavoro (L. 626) è ormai insostenibile per le imprese, nonostante le morti sul lavoro ufficialmente accertate siano più di mille all'anno, e altrettante, e forse più, siano non accertate, perché morti “bianche” provocate dal lavoro “nero”?

 

L'accondiscendenza politica e sindacale verso il primato assoluto dell'impresa - che è l'ideologia sottostante a queste prese di posizione - ha impregnato talmente il sentire comune che nell'affrontare questi temi i loro corifei non si rendono nemmeno più conto di quel che dicono.

 

Sentire Marchionne parlare di Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Massimo Pignatello, i tre degli operai che ha fatto licenziare a Melfi per rappresaglia contro Fiom, e dire:”Non credo sia onesto usare il diritto di pochi per piegare il diritto di molti”… c’è da chiedersi Quali sono “i diritti di pochi”? Non sono forse quelli dei padroni della fabbrica? O, meglio, degli azionisti di riferimento (gli altri sono «parco buoi») e dei manager che si sono scelti e che guadagnano, tutti quanti, milioni di euro all'anno: 470 volte di più dei “molti” che lavorano per loro.

 

E chi sono quei “molti” i cui diritti vengono “piegati” dai “pochi”: quelli che un picchetto o un'assemblea in fabbrica ha magari dissuaso dal cedere al ricatto dell'azienda? O quelli “piegati” a dire di sì in un referendum sotto la minaccia di perdere per sempre il loro posto di lavoro? E ancora (è sempre Marchionne che parla): “La dignità e i diritti non possono essere patrimonio esclusivo di tre persone. Sono valori che vanno difesi e riconosciuti a tutti”.

 

Certo la dignità e i diritti di alcuni “tre”, per esempio Marchionne, Elkann e Montezemolo, oppure Tremonti, Sacconi e la Sig.ra Marcegaglia, non sembrano messi in discussione.

 

Ma che dire di migliaia di lavoratori posti di fronte al diktat di accettare condizioni di lavoro inaccettabili, contrarie alla loro dignità (ma si è mai vista la “pausa mensa” a fine turno, dopo otto ore di lavoro quasi senza pause? E perché non li si lascia andare a mangiare a casa loro? Perché siano pronti per il lavoro straordinario) e contrari ai loro diritti (quello, sacrosanto di garantirsi un brandello di vita familiare libera da turni e straordinari; o quello di scioperare).

 

Questa storia della fine della lotta tra operai e padroni, con cui i vincenti di oggi si riempiono la bocca trattando i diritti dei perdenti come carta straccia, ricorda da vicino la storia della “fine delle ideologie”.

 

In realtà,in Italia siamo stati sconfitti, (noi che oggi per molti siamo solo dei fastidiosi cespugli, nostalgici identitari del comunismo, privi di qualsiasi “narrazione” e “poesia”) soprattutto anche grazie al potere costituente di questa II^ Repubblica, che a partire dall’asse Segni-Occhetto - emanazione diretta della confindustria (ricordate l’allora Pds come sponsorizzava il referendum maggioritario?) - sui referendum elettorali, aveva come principale obiettivo il predominio della finanza attraverso la trasformazione del parlamento in organo di notabili (maggioritario) e l’efficacia conservativa del governo. Ci sono riusciti in pieno! Ma le altre ideologie, quella liberale, trasformata in liberismo e in “pensiero unico” è più viva che mai .

 

Allora io grido “Mo Basta!!” e rivendico le contestazioni, per uscire dall’invisibilità e dalla solitudine dei tanti soggetti che soffrono, che fanno sacrifici, che sbarcano il lunario con lavori sempre più dequalificati e sottopagati (quando va bene) e che è stufa di essere presa in giro in silenzio,che in fondo è solo un normale e sanissimo spirito di contrapposizione politica e rabbia che necessita di essere espressa.Ben altro ci vorrebbe... anche se ogni sussulto di disgusto per la classe politica che ci governa non può che essere salutato con gran simpatia, condivisione e partecipazione.

Italo Di Sabato

Osservatorio contro la repressione

09/09/2010

leggi www.controlacrsi.org

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Commenti al Post:
massimocoppa
massimocoppa il 10/09/10 alle 08:32 via WEB
bisogna però evitare di fare atti violenti o stupidaggini, perché altrimenti è pure controproducente. Però fischi e urlacci sì: ah, sfoghiamoci un po'!
 
 
cile54
cile54 il 10/09/10 alle 08:55 via WEB
Concordo, faccio solo presente che la contestazione è stata verbale fino a che alcuni funzionari sindacali e politici non hanno reagito con comportamenti violenti e isterici, irritati dalla tanta sfacciataggine democratica di giovani e operai presenti. Riflettiamo su un paradosso di questo ipocrita sistema di comunicazione: ogni espressione di critica contro il pensiero unico è bollata come violenta. Questa dei media è delinquenza politica! ciao
 
   
massimocoppa
massimocoppa il 10/09/10 alle 09:06 via WEB
sì, è vero che chiunque rompa il velo di conformismo e l'ipocrisia venga subito demonizzato!
 
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