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Permette ai grandi impianti nocivi, in primis l’Ilva di Taranto, anche di lucrare sulla salute dei territori e dei lavoratori

Post n°3839 pubblicato il 25 Settembre 2010 da cile54

Licenza per inquinare: ecco il decreto “salva Ilva”

Un teschio su sfondo arancione. È questo il simbolo del benzo(a)pirene, sostanza altamente cancerogena che, insieme a tutta una serie di sostanze nocive, potrà essere emessa tranquillamente nella nostra aria. Perché per i padroni della crisi anche contenere l’inquinamento costa troppo. E allora basta un decreto per introdurre la libertà di inquinare. Sulle nostre teste e su quelle dei lavoratori che, come ha commentato Ciro Pisacane del Forum Ambientalista a riguardo, «lavorano con la morte sulle spalle». Il decreto in questione è il n 155, approvato il 13 agosto del 2010 in recepimento della direttiva europea 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria in Europa. Un decreto che sposta al 31 dicembre 2012 il divieto di superamento di 1 nanogrammo a metro cubo per il benzo(a)pirene abrogando una precedente normativa che, dal primo gennaio 1999, ne vietava il raggiungimento nei centri urbani con oltre 150 mila abitanti. Ma non solo. L’art. 9 che determina i piani e le misure da adottare in caso di raggiungimento dei valori limite e dei livelli critici per tutta una serie di sostanze recita che se in aree con agglomerati urbani i livelli degli inquinanti superano i valori indicati vengono adottate «le misure che non comportano costi sproporzionati necessarie ad agire sulle principali sorgenti di emissione aventi influenza su tali aree di superamento e a perseguire il raggiungimento dei valori obiettivo entro il 31 dicembre 2012». Per due anni quindi potremo tranquillamente respirare sostanze cancerogene. Ma nemmeno dopo la data indicata sembra che le cose andranno meglio. Le parole “che non comportano costi sproporzionati” scrivono nero su bianco che anche nel 2013 la nostra salute sarà secondaria rispetto ai loro guadagni. Così, mentre la maggior parte degli italiani pensava alle vacanze estive, il governo Berlusconi approvava un decreto che permette ai grandi impianti nocivi, in primis l’Ilva di Taranto, di guadagnare ancora di più risparmiando sulla salute dei territori e dei lavoratori. Tempismo perfetto per il governo dato che nel 2010 l’Arpa Puglia aveva rilevato il superamento dei valori di benzo(a)pirene nel quartiere di Taranto più vicino all’Ilva riscontrando che il 98% della sostanza cancerogena proveniva dall’Ilva, in particolare dalla sua cokeria. Invece «grazie a questa legge» dichiara Peacelink, tra i primi a denunciare la cosa, «non rischieranno più quello che invece sembrava inevitabile: il blocco della cokeria». Un decreto “salva Ilva” quindi ma che avrà una ricaduta negativa su tutto il territorio nazionale comprese le città, dove la maggior causa della presenza di benzo(a)pirene nell’aria sono proprio gli scarichi delle automobili. E su quanto questo decreto sia bipartisan bastano le parole del senatore PD Roberto Della Seta, ex presidente di Legambiente, che, in relazione al recepimento della direttiva europea ha affermato che «l’atto del Governo in esame non presenta rilievi critici». Anche in Commissione Ambiente alla Camera del 21 luglio, dove era presente Ermete Realacci (Pd), ex presidente di Legambiente, ci sono voluti solo dieci minuti per far passare il decreto: «nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole con condizioni e con osservazioni presentate dal relatore». È così che accade in Italia. Dieci minuti per salvare l’Ilva e i suoi lavoratori e il loro territorio. 

Ylenia Sina

24/09/2010 

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