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Igiaba Scego scrittrice e giornalista, a sostegno del quotidiano Liberazione

Post n°3862 pubblicato il 01 Ottobre 2010 da cile54

«In Italia l'informazione è provinciale e asservita »

Igiaba Scego divide le sue giornate fra l'attività di giornalista e quella di scrittrice - è appena uscito il suo ultimo libro "La mia casa è dove sono" che sarà presentato oggi a Roma, presso la libreria Feltrinelli di via V. E. Orlando - e si definisce una "precaria glamour". «Si perché faccio tanti splendidi lavori ma in condizione di precarietà assoluta e spesso le proposte che mi arrivano sono o di volontariato o sottopagate». Ha numerosi libri all'attivo, scrive con frequenza corsivi sull'Unità, articoli che costringono ad interrogarsi sul punto di non ritorno in cui si è arrivati in Italia.

Igiaba rivendica le proprie origini italo-somale, ma in Italia, malgrado tutto e tutti, vuole continuare a vivere, sperando di contribuire, anche con le cose che scrive a far cambiare questo Paese. «Sono appena rientrata dal Festival della Letteratura di Berlino dove ero stata invitata dall'istituto Italiano di Cultura - racconta - Berlino è una città forse meno ricca di tante città italiane eppure lì si investe in cultura, lì c'è attenzione ad ognuno dei cittadini e attenzione ai problemi sociali». Secondo Igiaba l'Italia sta vivendo una crisi culturale che sembra senza via d'uscita e Berlusconi è solo la punta dell'iceberg: «Le persone sono state lobotomizzate e non leggono, si affidano ai monopoli televisivi, ma anche la sinistra non è stata in questi anni capace di proporre modelli alternativi, subiamo e accettiamo passivamente troppe cose, abbiamo dimenticato l'indignazione, per questo credo che tanto testate come quella per cui scrivo quanto Liberazione abbiano un compito importante. Voi avete cercato di portate all'attenzione dell'opinione pubblica temi importanti come il razzismo, le questioni sociali, non vi siete lasciati distrarre dai racconti del Palazzo, ma questo non basta secondo me».

Igiaba Scego è convinta che la sopravvivenza di testate che fanno controinformazione sia necessaria e che i giornali debbano mantenere una propria identità, un proprio profilo ma debbano anche cambiare. «Vedo due problemi principali che riguardano tutta l'informazione ma a cui chi si oppone a questo sfacelo deve fornire delle risposte - afferma - Intanto dovete/dobbiamo rinnovarci nei linguaggi, essere capaci di raccontare storie, di trasmettere emozioni, di non scrivere per addetti ai lavori. Un rinnovamento che deve passare per un utilizzo delle nuove tecnologie. I giornali di domani non saranno più come quelli di adesso e bisogna essere capaci di utilizzare la rete in maniera interattiva, inventarsi forme e modalità comunicative che rompano l'ignoranza. Fra le persone giovani che incontro questo è considerato un bisogno spesso insoddisfatto. Si tratta di lavorare a cambiare radicalmente il modo di far circolare informazioni. Non so neanche esattamente io quali siano le modalità ma i siti di giornali come Liberazione dovrebbero divenire luoghi di incontro e comunicazione che attraggano chi ha voglia di cultura critica. Invece spesso chi scrive non sa utilizzare appieno le potenzialità che ci sono, non è pronto a farlo». Igiaba, che spesso è in giro per l'Europa, si trova a fare paragoni scomodi e lo dice senza problemi: «I giornali non solo non sono letti ma raramente si occupano in maniera approfondita delle questioni internazionali. Di persone capaci di farlo ce ne sono molte ma se si pensa che la Rai ha tolto gli inviati in Africa, o se si considera come ancora si tratteggino in maniera stereotipata Paesi come India e Brasile che sono diventate importantissime potenze economiche, ne esce un paese avvitato sulle proprie paure».

In un quadro così fosco Igiaba rifiuta di diventare l'ennesimo cervello in fuga: «Quando mi capita di parlare all'estero delle cose che scrivo e che faccio si stupiscono di sapermi precaria e mi arrivano anche proposte di lavoro, ma io vorrei restare qui. Racconto una condizione che è personale ma è diffusa ed anche per questo considero fondamentale che una testata come la vostra riesca a risollevarsi e anche ad intraprendere quel tentativo di ampliamento del proprio raggio di azione a cui pensavo prima, attraverso la rete».

Stefano Galieni 

29/09/2010

leggi www.liberazione.it

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