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Post n°3866 pubblicato il 02 Ottobre 2010 da cile54
Paola, Cosenza. Nel silenzio della quasi totalità dei media nazionali, è iniziata giovedì, e rinviata al 12 ottobre, l’udienza preliminare del processo a 14 vertici della Marzotto, l’azienda tessile che nel 1989 rilevò l’attività della Marlane di Praia a Mare. Lo stesso silenzio in cui sono morti e si sono ammalati gli operai che vi lavoravano. Per anni nella fabbrica fondata nel dopoguerra dal conte Rovetti e acquisita dall’Eni-Lanerossi alla fine degli anni sessanta gli operai hanno respirato i fumi tossici che salivano dalle vasche di colorazione non dotate di sistema di aspirazione che si espandevano in tutto lo stabilimento. Impossibile non respirarli. Impossibile lavorare senza respirare. Impossibile vivere senza lavorare. E allora ogni giorno al lavoro anche se i fazzoletti per coprire il naso e la bocca diventavano subito neri e al termine di ogni giornata veniva distribuito del latte come unica contromisura per disintossicarsi. Solo negli anni novanta, con l’acquisizione da parte dell’azienda vicentina, arrivarono le vasche a chiusura. Ma ormai per molti era troppo tardi. Secondo la procura sono più di ottanta le persone morte di “tumore” anche se i casi accertati di decesso per “malattia professionale” sono solo quaranta visto che molte famiglie hanno preferito non sporgere denuncia. Anche qui silenzio. Perché questi operai non sono morti di improvviso incidente sul lavoro, ma semplicemente sono morti di “tumore”. Oggi l’accusa per 14 dirigenti ed ex dirigenti della Marzotto è di omicidio colposo e di strage ambientale. Perché oltre ad avvelenare l’interno della fabbrica si indaga anche sulle modalità di smaltimento delle sostanze di scarto del processo di colorazione. I bidoni con i rifiuti tossici infatti sarebbero stati seppelliti nel territorio circostante molto vicino alla spiaggia tra Praia a Mare e Tortora frequentata da chissà quante persone che in tutti questi anni sono potute venire a contatto con tali sostanze. Si chiama strage ambientale e anche per quanto riguarda questo filone dell’indagine c’è un silenzio che pesa molto sul processo. Quello delle istituzioni. Infatti, se da un lato si sono costituiti parte civile oltre cento familiari delle vittime, alcune associazioni come Forum Ambientalista, Medicina Democratica e Wwf e sindacati come Slai Cobas e Cgil Calabria dall’altra hanno preferito non farlo il Ministero dell’Ambiente, la Regione Calabria, la Provincia di Cosenza e il Comune di Praia Mare il cui sindaco attuale è uno dei 14 indagati in quanto ex dirigente della Marzotto. Una scelta che preoccupa anche le associazioni che spiegano, tramite Ciro Pisacane del Forum Ambientalista: «quando l’accusa è di strage ambientale sarebbe obbligatorio per le istituzioni costituirsi parte civile». Oggi, in questo momento di crisi, i cancelli chiusi della Marlane e il processo che si aprirà il 12 ottobre a Paola raccontano molto di un modo di “portare lavoro”, di un modello economico in cui il capitale e gli interessi privati per i propri guadagni possono sottrarre il possibile dai territori in cui si insediano lasciando dietro di sé uno scenario di devastazione. Ma dietro quei cancelli e di fronte al processo che si aprirà, è il silenzio delle istituzioni lo specchio della crisi in cui viviamo oggi. Ylenia Sina 01/10/2010 leggi www.controlacrisi.org |
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Giorgiana Masi
Roma, 12 maggio 1977
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