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« Malattie fisiche gravi e...I problemi dell'Italia ... »

L'opposizione in Parlamento e i media "antiberlusconiani" dicono che il governo non ha mantenuto le promesse, falso!

Post n°3902 pubblicato il 12 Ottobre 2010 da cile54

Le nefaste conseguenze dell'attuazione del federalismo fiscale

Aumenterà il gap tra salari e profitti; Aumenterà il gap tra regioni del Sud e del Nord; La sanità pubblica sarà gravemente ridotta. La destra ha messo le mani nelle tasche degli italiani. Va smascherata. Ci sarà una spinta a diminuire le tasse alle imprese, che è il vero obiettivo del federalismo, ed è per questa ragione appoggiato da Confindustria. Di conseguenza, si compenserà il taglio alle aziende con la riduzione dei servizi e/o con l'aumento delle tasse ai lavoratori

La questione fiscale è centrale negli Stati moderni, sia per la gestione del debito pubblico che per la costruzione del consenso. Lo sanno bene Lega e Forza Italia (ora PdL), che della riduzione della pressione fiscale e delle tasse hanno fatto uno slogan: "non metteremo le mani nelle tasche degli italiani". Il centro-sinistra, e la sinistra soprattutto, hanno pagato duramente la sottovalutazione della questione fiscale alle elezioni del 2006 e del 2008. Nel 2006 il margine di vantaggio del centro-sinistra si ridusse ad una inezia anche perché, nell'ultimo confronto Tv tra Prodi e Berlusconi, mentre il primo fece capire che avrebbe aumentato le tasse, il secondo dichiarò che avrebbe eliminato la tassa sulla prima casa. Ne venne fuori una vittoria monca: soli 24mila voti di scarto a favore del Centro-sinistra. Una maggioranza esigua che favorì la rapida fine del governo Prodi.

D'altro canto, anche l'aumento dell'Irpef sui redditi dei lavoratori da parte del governo Prodi ebbe qualche responsabilità, insieme ad altri fattori (legge elettorale, mancato ritiro della Legge 30, Afghanistan, ecc.), sul tracollo della sinistra alle elezioni del 2008. Tuttavia, non è vero che la destra diminuisca le tasse, è vero anzi il contrario. Durante il precedente governo Berlusconi si registrò un aumento delle tasse indirette, quelle sui consumi. Queste appaiono più "neutre" e sono meno evidenti agli occhi di chi le subisce rispetto alla tassazione diretta, sui redditi. E, soprattutto, pesano ugualmente su tutti, su Montezemolo e su Cipputi, che, quando comprano un prodotto o un servizio, pagano la stessa tassa (l'Iva), pur avendo redditi, diciamo così, diversi. Il risultato è una tassazione fortemente ingiusta dal punto di vista sociale e anticostituzionale. Infatti, la Costituzione all'articolo 53 dice che le tasse devono essere progressive, cioè devono aumentare all'aumentare del reddito. Oggi, con il decreto attuativo sul federalismo fiscale approvato dal governo assistiamo al "capolavoro" della destra italiana che coglie tre e non i due classici "piccioni con una fava".

Vediamo quali sono:

· Aumento delle tasse. Il governo prevede di aumentare ancora la tassazione diretta con l'innalzamento del tetto dell'addizionale regionale Irpef dall'1,4% al 3%;

· Redistribuzione del reddito nazionale a favore delle imprese. Mentre le tasse sui redditi da lavoro dipendente, l'Irpef, aumenteranno, è prevista la riduzione e finanche l'azzeramento dell'Irap, la "tassa" pagata dalle aziende per la salute di chi lavora. È da notare, inoltre, che l'Irap in realtà non è propriamente definibile una tassa. Rappresenta il vecchio contributo alla assistenza sanitaria dei lavoratori che il governo Prodi nel 1997 incluse, insieme ad altre voci, nell'Irap. Si tratta in pratica di una parte del salario, quella indiretta, pagata in servizi pubblici.

· Riduzione della progressività della tassazione. Il governo ha aumentato la tassazione indiretta, introducendo nuovi balzelli. Particolarmente iniquo quello sul passaggio sulle tangenziali e i raccordi urbani, che, sospeso dal Tar, è stato nuovamente decretato dal governo. Inoltre e soprattutto, col federalismo fiscale aumenterà il peso dell'Iva nel finanziamento delle regioni.

Quali saranno le conseguenze sociali del federalismo fiscale? Saranno devastanti da almeno tre punti di vista:

· Aumenterà il gap tra salari e profitti.

· Aumenterà il gap tra regioni del Sud e del Nord. Non solo in termini di servizi e di infrastrutture. C'è un altro aspetto che non è stato considerato: la riduzione e ancor di più l'abolizione dell'Irap faciliteranno l'attrazione degli investimenti. E, dal momento che solo le regioni con bilanci in attivo, cioè quelle più ricche del Nord, potranno farlo, il Sud subirà un'ulteriore riduzione dell'afflusso dei capitali e una accentuazione della fuga già consistente della produzione verso il Nord. Il Pil del Mezzogiorno, sceso nel 2009 al livello minimo dall'Unità d'Italia (23,2% sul totale nazionale), rischia un ulteriore tracollo.

· La sanità pubblica sarà gravemente ridotta. Con il federalismo si potrà ridurre l'Irap solo se i conti sono in regole e/o in presenza di tagli massicci alla spesa, ovvero con la riduzione del servizio. Già oggi si stanno chiudendo ospedali e reparti, con il federalismo fiscale ci sarà una vera ecatombe. Interi territori di provincia saranno costretti a fare capo alle strutture sopravvissute lontane decine di chilometri, con tutto ciò che ne consegue. Molti lavoratori rimarranno senza assistenza, con il non trascurabile effetto che la sanità privata avrà più spazi.

La destra ha messo le mani nelle tasche degli italiani. Va smascherata, anche se si arrampica sugli specchi per negarlo, parlando di macchinose "clausole di invarianza fiscale" e di fantomatiche "conferenze di coordinamento governo-regioni". Ci sarà una spinta a diminuire le tasse alle imprese, che è il vero obiettivo del federalismo, ed è per questa ragione appoggiato da Confindustria. Di conseguenza, si compenserà il taglio alle aziende con la riduzione dei servizi e/o con l'aumento delle tasse ai lavoratori.

Inoltre, l'aumento della pressione fiscale sui lavoratori è tanto più intollerabile in quanto è sospinto dall'aumento del deficit e del debito pubblico, che in gran parte è causato dal sostegno ai profitti e le rendite di imprese e banche. Il vero nodo della fiscalità italiana è la più alta evasione fiscale d'Europa, 100 miliardi di euro, ovvero il 7% del Pil, un dato superiore al deficit pubblico, che ammonta al 5,2%.

Il governo Berlusconi-Lega è il meno adatto a combattere l'evasione: i maggiori responsabili dell'evasione sono gli industriali (32%), e l'incremento maggiore degli evasori nel 2010 si è registrato al Nord, in particolare nelle virtuose Lombardia (+10,1%) e Veneto (+9,2%), le regioni dove c'è la base elettorale di PdL e Lega. A sinistra, oltre ad aver sottovalutato la questione fiscale, ritenuta secondaria rispetto a quella salariale, si è finora affrontato il federalismo in modo poco deciso, pensando che fosse eminentemente questione di unità nazionale e non sociale e di classe. Si tratta di un errore, in primo luogo perché la questione fiscale rientra nella questione del salario complessivo, riguardando il salario indiretto. In secondo luogo, perché, con il permanere della crisi e la pressione dei mercati finanziari a ridurre deficit e debiti pubblici, la spinta ad aumentare le tasse sarà sempre più forte. Quindi, decidere chi e in che misura deve pagare le tasse sarà decisivo.

Domenico Moro 

10 ottobre 2010

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