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Post n°4011 pubblicato il 12 Novembre 2010 da cile54
"MalaItalia", un viaggio al termine del berlusconismo «L'elicottero che vola sulle palazzine romane di recente speculazione portando appesa una statua di Cristo destinata a chissà quale sacro luogo; la truppa dei paparazzi al seguito; le ragazze in costume da bagno sulle terrazze. Qui c'è già tutta, in sintesi, la gelatina di oggi: l'edilizia, il Vaticano, le donne e i fotografi stile Corona. In mezzo secolo il sistema intravisto da Fellini si è solo perfezionato». Concludendo la presentazione dell'Almanacco Guanda 2010 Ranieri Polese segnala come proprio quest'anno si festeggino in cinquant'anni dall'uscita de La dolce vita, il film girato da Federico Fellini nel 1960 che si apriva proprio con il celebre "volo" del Cristo nel cielo della capitale. In mezzo secolo, ricorda Polese - che dal 2005 cura questo appuntamento annuale costruito nella forma di una monografia sempre ricca di spunti e analisi -, corruzione politica e poteri criminali non hanno fatto che radicarsi in modo sempre più forte nella società italiana, con uno sfondo di scandali sessuali e di esibizione impudica del potere che si è solo estesa in termini numerici. Come a dire che le radici della MalaItalia, questo il titolo scelto per l'Almanacco di quest'anno, sono lontane, e forse accompagnano l'intera vicenda storica di questo paese, ma sono state per così dire "sistematizzate" nell'era di Berlusconi. Una lettura non banale della situazione italiana, soprattutto se si tiene conto dell'atmosfera del momento che sembra annunciare, con l'eventuale caduta del Cavaliere, una sorta di palingenesi del paese, come se i problemi non fossero più complessi e radicati. MalaItalia, che mette insieme, come sempre nell'Almanacco Guanda, scrittori e giornalisti, intellettuali e artisti, critici e sociologi, traccia percò un quadro dell'Italia berlusconiana descrivendo l'originalità del populismo che ha sedotto la nostra società nell'ultimo ventennio, ma scavando anche nel "lungo periodo" della crisi italiana. Dall'Aquila a Bari viene così descritta, tra gli altri da Aldo Giannuli e Enrico Deaglio, "la questione immorale", tra grandi eventi trasformati in grandi affari e scandali sessuali, mentre Roberto Saviano e Saverio Lodato raccontano "storie di mafia e di camorra" e Giancarlo De Cataldo, Vittorino Andreoli e Hervé Rayner si interrogano su quanto al corruzione sia "un carattere ereditario degli italiani". A come si vedono gli italiani attraverso il loro cinema è dedicata l'ultima sezione dell'Almanacco, con interventi di Walter Siti, Claudio Carabba e altri. MalaItalia si apre però con un intervento di Slavoj Zizek, dal titolo "Berlusconi a Teheran. Le metamorfosi del populismo". Il filosofo sloveno descrive l'ascesa di ciò che definisce come "capitalismo autoritario" spiegando che «finora il capitalismo è sempre apparso insetricabilmente legato alla democrazia» ma che ora questo legame si è spezzato. E in questa prospettiva che, dopo essersi interrogato sulle eventuali differenze e similitudini tra il Cavaliere e il leader del regime iraniano Ahmadinejad, Zizek spiega come «Berlusconi è una figura significativa, e l'Italia un laboratorio sperimentale in cui si sta preparando il nostro futuro. Se la scelta politica che abbiamo è fra tecnocrazia liberal-permissiva e populismo fondamentalista, il grande successo di Berlusconi è stato di conciliare le due cose, di incarnarle entrambe contemporaneamente». Alla dimensione della corruzione e del malaffare, iscritta nelle stesse forme assunte dal national building nostrano, si aggiunge così la ristrutturazione complessiva, e globale, delle forme della produzione e del controllo. «E' il potenziale autentico della democrazia che sta perdendo terreno con l'ascesa del capitalismo autoritario», avverte Zizek prima di aggiungere come questo «cambiamento avviene sempre in accordo con i valori di un paese: il capitalismo di Putin con "i valori russi" (il brutale sfoggio di potere), il capitalismo di Berlusconi con "i valori italiani" (le pose comiche)»: «Democrazie che si stanno gradualmente riducendo a un guscio vuoto». Guido Caldiron 11/11/2010 leggi www.liberazione.it |
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Roma, 12 maggio 1977
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