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« E all'improvviso tutti,...Siamo tra coloro che non... »

Fare luce sull'omicidio del giornalista significa illuminare i molti misteri italiani

Post n°4031 pubblicato il 18 Novembre 2010 da cile54

Mauro Rostagno, la mafia e non solo

 

Sciogliere i misteri dell'omicidio di Mauro Rostagno significa scardinare il forziere che custodisce la chiave di lettura di molti misteri d'Italia, alcuni di grande attualità. Vediamo perché.

La svolta

La richiesta di rinvio a giudizio per l'omicidio del sociologo e giornalista Mauro Rostagno, 26 settembre 1988, è stata di recente firmata dal procuratore aggiunto della Dda di Palermo Antonio Ingroia e dal pm Gaetano Paci. Il giudizio è stato chiesto per due indagati, ambedue mafiosi ergastolani, Vincenzo Virga, capo mafia di Trapani, accusato di essere il mandante, e Vito Mazzara, accusato di essere uno degli esecutori materiali del delitto. Il processo, se il gup accoglierà la richiesta dei pm, dovrebbe cominciare nella prossima primavera: a 23 anni dal delitto che la mafia (e per la verità non solo la mafia) voleva che restasse uno dei segreti meglio custoditi di Cosa Nostra.

E infatti la storia dell'inchiesta sulla morte di Rostagno, in tutti questi anni, è un intrigo attorno e dentro alle indagini, costellate di «episodi "anomali" e "devianti" - scrivono Ingroia e Paci - ogniqualvolta le indagini hanno avuto un'accelerazione lungo direttrici "promettenti", l'idea che vi siano state intenzioni depistanti, perfino anche istituzionali, diviene più di un sospetto». Cosa Nostra ma non solo Cosa Nostra: un ritornello che si ripete ogni volta ci si avvicina a certi ambienti, al confine tra mafia, massoneria, servizi (diciamo così) deviati e politica.

Virga e Riina

Già, perché secondo diversi pentiti l'esplosivo per le stragi del 1992-1993 è arrivato nelle mani degli artificieri mafiosi, su precisa direttiva di Totò Riina, attraverso il gruppo trapanese di Cosa nostra, «rivolgendosi esclusivamente a Virga» tramite Matteo Messina Denaro (risulta dalla sentenza del processo Borsellino-ter). Nomi e misteri che si intrecciano e divengono ancora più inquietanti andando a rileggere quanto emerge dalla sentenza del processo di primo grado a carico di Marcello Dell'Utri per concorso esterno in associazione mafiosa (che ha già superato due gradi di giudizio) dell'11 dicembre 2004: la «vicinanza di Marcello Dell'Utri agli uomini d'onore del mandamento di Trapani [...] deve ritenersi attendibile perché proveniente da un uomo d'onore, Vito Parisi, molto vicino a Vincenzo Virga, capo di quel mandamento, e pertanto ben a conoscenza delle relative dinamiche interne e dei rapporti con persone estranee a Cosa nostra ma contigue alla stessa».

 

Virga e Publitalia

Vincenzo Virga è noto anche per essere stato assoggettato a due gradi di giudizio, e poi rimesso in appello dalla Cassazione, per estorsione ai danni della Pallacanestro Trapani. Di certo si sa che Virga nell'occasione era stato usato da Marcello Dell'Utri, tramite Vittorio Mangano, l'"eroico" stalliere mafioso della villa berlusconiana ad Arcore, come esattore per riscuotere quasi un miliardo in nero per conto di Publitalia '80. Il problema è che il delitto Rostagno precede di quattro anni l'avvio della stagione stragista, fatto questo che, apparentemente, relegherebbe il legame tra il delitto Rostagno e quella stagione eversiva nel novero delle semplici coincidenze. E invece no.

 

Rostagno, le armi, Gladio e la Somalia

Già, perché, partendo da lontano, del presunto mandante del delitto Rostagno si sa che è stato condannato all'ergastolo, insieme a Totò Riina e a Balduccio Di Maggio (con sentenza del gup di Caltanissetta del 20 novembre 2002 ormai divenuta definitiva), per la strage di Pizzolungo del 2 aprile 1985: l'attentato messo in atto con un'autobomba che uccise una madre con due bambini, Barbara Asta e i gemellini Giuseppe e Salvatore, destinata al giudice Carlo Palermo, da poco più di un mese trasferito da Trento a Trapani dopo aver indagato sui rapporti tra politici di governo, del Psi, piduisti e uomini dei servizi segreti in relazione a traffici internazionali d'armi, diretti anche verso la Somalia. E infatti le ragioni dell'omicidio Rostagno andrebbero cercate nel contenuto di una misteriosa videocassetta girata di nascosto da Rostagno nei pressi della aero-pista militare di Kinisia (Trapani). Immagini che mostrerebbero un trasbordo di armi su un aereo militare, diretto in Somalia, e quindi organizzato con la complicità di apparati dello Stato e in particolare degli uomini del Centro Scorpione di Trapani, una delle cinque sedi segrete di Gladio sparse per l'Italia, diretta da quel Vincenzo Li Causi, addestratore di Gladio, uomo di fiducia di Bettino Craxi e punta di diamante in operazioni top secret. Presunto appartenente alla Falange armata, assassinato misteriosamente in Somalia nel novembre del 1993. Immagini clamorose che avrebbero spinto Rostagno a duplicare la cassetta. Due copie, conservate in luoghi diversi, entrambe scomparse la notte del delitto. La mafia uccise Mauro Rostagno perché qualcuno diede il "via libera"?

Rostagno, Ilaria Alpi, la Saman e la Somalia

In questo intrigo ci sono poi soggetti con ruoli ambigui rimasti giudiziariamente indenni, come l'"amico" Francesco Cardella, oggi diplomatico in Nicaragua, guru della comunità Saman di Trapani, vicinissimo a Bettino Craxi. Di lui i pm negli atti depositati scrivono: «…originariamente iscritto dalla Procura di Trapani solo per favoreggiamento, e poi anche per concorso in omicidio, essendo emersi a carico dello stesso elementi di un certo spessore indiziario, che, pur non essendo mai assurti ad un grado di gravità tale da giustificarne una formale incriminazione mediante l'adozione di provvedimenti cautelari o l'esercizio dell'azione penale, d'altra parte non sono mai venuti del tutto meno, neppure alla fine di una pur prolungata attività investigativa di verifica». I pm aggiungono: «... il giro di affari e movimenti finanziari emersi attorno alle molteplici attività del Cardella, che apparivano non incompatibili con la ricostruzione fornita da taluni testimoni, sono stati tutti elementi indiziari, oggetto di lunghi ed approfonditi accertamenti, che non hanno consentito di giungere a definitive conclusioni, né nel senso della loro totale infondatezza, né della loro conducenza probatoria». Coinvolto in questa trance di indagini è stato anche il "disinvolto" (stando alle rivelazioni del pentito Rosario Spatola) Giuseppe Cammisa, detto "Jupiter" e "lo sfregiato", a causa di una vistosa cicatrice sul volto. Oggi imprenditore di successo a capo del circolo berlusconiano di Budapest, è l'uomo della comunità Saman, ex spacciatore e "tester" di stupefacenti per conto di Cosa nostra, cui Cardella delega misteriose attività in Somalia e che il 16 marzo del 1994, si precipita a Bosaso: il posto e il giorno in cui i giornalisti Rai Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, quattro giorni prima di essere uccisi a Mogadiscio, vengono "brevemente sequestrati" e minacciati di morte da ignoti (non v'è indizio che tale azione sia riconducibile a Cammisa). Non se ne sa di più. Per ora.

 

Luigi Grimaldi

*autore con Luciano Scalettari di "1994", una storia mai raccontata - Chiarelettere 

17/11/2010

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