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Aborto: il TAR boccia le politiche contro la tutela della salute delle donne. Le stesse che la lega vuole imporre in Piemonte

Post n°4260 pubblicato il 20 Gennaio 2011 da cile54

La sconfessione di Formigoni

Le linee guida sull’aborto dettate dalla Giunta Formigoni sono fuori legge. A stabilirlo è stato il Tar, che con la sentenza depositata lo scorso 29 dicembre, ha accolto il ricorso di un gruppo di medici milanesi contro il decreto regionale 327 del 2008 che poneva numerose restrizioni alla legge 194/78. Per quanto il Governatore della Lombardia abbia pubblicamente minimizzato il peso di questa sconfitta, per la tutela del diritto inviolabile alla salute della donna si tratta di un successo importante. Marilisa D’Amico, difensore dei medici che hanno presentato il ricorso e professoressa di diritto costituzionale alla Statale di Milano, spiega a Terra il perché.

Che cosa prevedevano le linee guida di Formigoni?

La nota più importante delle linee guida, quella che è stata oggetto del nostro ricorso, era quella che prevedeva che la gravidanza non potesse essere interrotta oltre la 22esima settimana, un termine rigido che si scontra con l’elasticità della legge 194, che fa riferimento alla 24esima settimana e alla vitalità del feto. Un’altra nota prevista dall’atto d’indirizzo regionale che appesantiva e, in alcuni casi, rendeva impossibile l’interruzione della gravidanza, la cui procedura veniva a scontrarsi con i tempi entro cui la donna è poi costretta a prendere la sua decisione, era la richiesta dell’intervento di un secondo ginecologo e, in caso di aborto per ragioni psichiche, di uno psicologo. In un altro punto le linee guida sostituivano la coppia alla donna, con questo introducendo una modifica alla ratio della 194, che è una legge che dà alla donna la possibilità di scegliere, quando la gravidanza comporta dei rischi per la sua salute. In merito poi all’aborto di minorenni, l’atto d’indirizzo prevedeva che il giudice dovesse indagare sul rapporto di genitorialità, introducendo, a mio avviso, una indebita intromissione nelle decisioni della minorenne stessa che secondo la legge 194 è autorizzata ad abortire senza informare i genitori.

Perché il Tar ha bocciato il decreto?

Prima di tutto perché un atto d’indirizzo regionale non può intervenire a modificare una legge nazionale che rientra in una competenza esclusiva statale. All’articolo 117, secondo comma, lettera m) la Costituzione attribuisce allo Stato la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Ci sono dei diritti fondamentali che non possono essere toccati dal federalismo perché sono di competenza esclusiva dello Stato. Tra le righe, si legge un’interpretazione della legge che aveva già dato la Corte Costituzionale in una sentenza del 1997, in cui si affermava che la legge 194 con la sua procedura è una legge con contenuto costituzionalmente vincolato, che non può essere modificato, né da una legge tout-court, né da un referendum abrogativo, né, a maggior ragione, da un atto d’indirizzo regionale. Il Tar ha poi dato una rilettura interessante della legge194 perché nella sentenza sottolinea l’importanza dell’elasticità della norma, che lascia al medico la possibilità di valutare caso per caso. Un messaggio che anche in questo caso era già stato lanciato dalla Corte Costituzionale nella sentenza 151 del 2009 in materia di procreazione assistita, in cui si affermava che quando il legislatore si occupa di questioni scientifiche, se vogliamo eticamente controverse, in cui sono in gioco i diritti dei cittadini, le soluzioni devono bilanciare i principi in gioco e devono rispettare l’autonomia della responsabilità del medico e dello scienziato.

Questa sentenza ha anche un valore politico?

Prima di tutto bisogna sottolineare che le decisioni di un giudice vanno rispettate. I giudici non fanno politica attraverso le loro decisioni. Detto questo, sicuramente in una regione come la Lombardia dove il suo Governatore ha fatto della tutela della vita un cavallo di battaglia, una sentenza come quella del Tar ha un significato importante. E cioè che si possono assumere delle scelte politiche orientate, ma non al punto di modificare i principi fondamentali che valgono per tutti i cittadini.

Anna Pellizzone

(Terra Milano)19/01/2011

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