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Acqua, il Salvagente scopre le 15 minerali sospette
Tutti pazzi per le acque minerali. Ma non sempre informati adeguatamente. E in qualche caso anche grandi consumatori di bollicine che, se uscissero dal rubinetto delle nostre case, sarebbero vietate o sconsigliate per alcune sostanze chimiche potenzialmente tossiche.
È questo il servizio di copertina del numero di domani del settimanale il Salvagente (e acquistabile già da oggi nel nostro negozio virtuale) che fa i nomi di 15 bottiglie da guardare “con molta attenzione” proprio per il contenuto di minerali come berillio, alluminio e boro, in quantità che sarebbero proibite nelle acque di casa e che, invece, sono ammesse dalla legge italiana sulle minerali.
La ricerca: troppe bottiglie “critiche”
I dati pubblicati integralmente sul numero in edicola da giovedì 21 luglio sul Salvagente provengono da una ricerca di un gruppo di ricercatori di 4 università italiane (Università Federico II di Napoli, Università degli Studi del Sannio di Benevento, Università di Bologna, Università di Cagliari) che tra il 2008 e il 2009 ha partecipato a un progetto europeo volto a conoscere lo stato delle acque sotterranee di tutta Europa.
In collaborazione con gli scienziati dell’EuroGeoSurveys Geochemistry Export Group i nostri ricercatori hanno raccolto 186 campioni provenienti da altrettante bottiglie di 158 marche di minerali italiane e ne hanno analizzato il contenuto in termini di sostanze chimiche ritenute nocive. Le ricerche del gruppo italiano sono poi confluite nel grande Atlante Europeo delle Acque Minerali che ha tracciato i profili chimici delle acque minerali di 38 diversi paesi europei.
“Non opportuno il consumo regolare...”
È stato proprio andando a “spulciare” quei dati che il Salvagente ha individuato le minerali che, pur essendo in regola per la legge, superano i limiti imposti per le potabili o i valori guida fissati dall’Organizzazione mondiale della Sanità.
Dunque sono, a nostro avviso, quantomeno critiche, senza dubbio “peggiori” dell’acqua del rubinetto.
Tra le acque che escono con più di un dubbio da questa indagine vi sono alcuni nomi noti. È il caso dell’Acqua di Nepi che avrebbe una concentrazione insolita di berillio, alluminio e fluoro.
Se le prime due sostanze non sono regolamentate, per quanto riguarda il fluoro la legge italiana, alle concentrazioni riscontrate (1,64 mg/l), richiederebbe l’obbligo di recare in etichetta la scritta “non è opportuno il consumo regolare da parte dei lattanti e dei bambini di età inferiore a 7 anni”. Un’avvertenza che non c’è perché semplicemente i dati riportati nell’etichetta dell’acqua sono diversi e molto più bassi di quelli trovati dai ricercatori, almeno per quanto riguarda il fluoro (il berillio, ci dicono dall’azienda, non viene ricercato nelle analisi perché non è un parametro richiesto dalla legge).
Diverso il discorso sull’alluminio: in questo caso l’azienda ha fatto predisporre nuove analisi (che saranno pubblicate sul sito a ottobre) e i primi risultati sembrerebbero confermare i valori evidenziati nello studio europeo, ossia una concentrazione intorno ai 300 microgrammi/litro. Un po’ troppo considerando che il limite per le acque potabili è di 200 mcg/l.
Le aziende replicano
Per un’azienda disposta a “rivedere” le sue analisi, ce ne sono altre che contestano seccamente le evidenze dello studio.
È il caso della Ferrarelle per quanto riguarda il boro e della Levissima (marchio San Pellegrino) che a proposito della concentrazione di nitriti chiarisce che “nelle certificazioni emesse dalle Asl e dall’Università di Pavia viene da sempre rinvenuta nell’acqua Levissima una concentrazione di nitriti regolamentare, inferiore a 0,002 mg/l”.
Pertanto “il Gruppo Sanpellegrino ritiene che il valore riportato nella tabella realizzata da EuroGeoSurveys Geochemistry (0,131 mg/l) sia imputabile a una svista, comprensibile considerato la notevole mole di dati presi in esame e il complicato lavoro svolto dai ricercatori e scienziati”.
Barbara Liverzani
Ultimo aggiornamento: 20/07/11
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