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Attacco ai referendum e alla democrazia. Sull'acqua i cittadini hanno votato con chiarezza: fuori il mercato e fuori i profitti

Post n°5144 pubblicato il 01 Settembre 2011 da cile54

Beni comuni, si rassegnino: indietro non si torna

 

Forse non si aspettavano lo schiaffo referendario; forse confidavano nella disaffezione al voto che, ancora una volta, avrebbe impedito di disturbare il manovratore. Ma così non è andata e 27 milioni di donne e uomini hanno votato per la ripubblicizzazione dell'acqua e la difesa dei beni comuni. Affermando il diritto a decidere su ciò che a tutti appartiene.

"Che fare?" si devono essere chiesti i poteri forti finanziari e i manager delle multi utilities di fronte al fatto che, dopo oltre due decenni, la favola del "privato è bello" è stata respinta dal plebiscito referendario.

Quale miglior occasione se non l'alibi del precipitare della crisi finanziaria? Quale miglior mandante di astratti mercati che, come divinità dell'antica Grecia, si turbano e chiedono sacrifici agli umani? Ed ecco allora, nella macelleria sociale vestita da manovra economica allestita dal governo, rientrare dalla finestra ciò che le donne e gli uomini di questo paese avevano cacciato fuori dalla porta. Avanti tutta con le privatizzazioni e con la svendita dei servizi pubblici locali e per convincere i Comuni basta adottare il bastone e la carota: taglio generalizzato dei trasferimenti per tutti e premi - in finanziamenti e in allentamento del patto di stabilità - per quelli, tra loro, che si dimostreranno docili esecutori dei diktat governativi. Il tutto - come sottolineato più volte dal Ministro Tremonti - escludendo l'acqua, perché c'è stato il referendum e non si può non tenerne conto.

Decisamente non ci siamo. Sull'acqua i cittadini hanno votato con chiarezza: fuori il mercato e fuori i profitti. Il che significa che a livello territoriale tutti gli enti locali devono mettere in campo le procedure per la ripubblicizzazione del servizio idrico, superando finalmente le Spa e coinvolgendo cittadini, lavoratori e comunità locali nella gestione del bene comune. E devono altresì modificare le tariffe che, da fine luglio scorso, non possono più contenere l'adeguata remunerazione del capitale investito, ovvero i profitti garantiti ai gestori.

Ma i referendum del giugno scorso hanno anche detto "no" alla consegna al mercato di tutti i servizi pubblici locali. Se ne facciano una ragione i poteri forti: la favola liberista ha fatto il suo tempo e le donne e gli uomini di questo paese hanno intrapreso la strada della riappropriazione sociale, il linguaggio dei beni comuni, una nuova idea della democrazia.

Riproporre nella manovra la fotocopia del decreto Ronchi - seppur con l'eccezione dell'acqua - sui servizi pubblici locali, è un attacco diretto al voto referendario, al diritto di decidere delle persone e non fa che precipitare in maniera irreversibile il degrado della democrazia rappresentativa. Se qualcuno pensa di poter tranquillamente proseguire come se i referendum non fossero avvenuti, è bene che sappia che sta solo segando il ramo su cui - da troppo tempo - è seduto.

L'esperienza dei movimenti per l'acqua, come l'insieme di conflittualità sociali e di movimenti in lotta nel paese, ha cambiato la cultura delle persone, producendo un effetto straordinario di rifiuto della delega e di nuova partecipazione sociale. Anche all'opposizione forse qualcuno dovrebbe cominciare a rendersene conto, invece di competere su chi rassicura meglio la Bce e mitiga con più efficacia la collera dei mercati. Sarà l'autunno a dimostrare come indietro non si torna: nei territori e a livello nazionale, con la mobilitazione sociale e la disobbedienza diffusa.

Nel cuore l'insopportabilità del presente, negli occhi l'allegria del futuro.

 

Marco Bersani

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