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II 22 luglio 2011 l'Azienda ospedaliera "Sant'Anna e San Sebastiano" di Caserta ha siglato, con l'associazione "Difendere la vita con Maria", un protocollo d'intesa che permette il seppellimento dei feti abortiti, con la concessione da parte del Comune di uno spazio apposito nel cimitero della città. Sulla stessa linea, nei giorni scorsi, a Roma, la vicesindaca Sveva Belviso ha inaugurato nel Cimitero Laurentino il "giardino degli angeli", un'area destinata, per chi volesse, ad "assicurare al proprio bambino non nato un luogo di sepoltura".
Bisogna ricordare che in caso di aborto, volontario o spontaneo, è sempre stato possibile richiedere la sepoltura del materiale abortivo, secondo le norme sancite dai regolamenti cimiteriali italiani, che, pur con variazioni locali, si basano sul D.P.R. 10/09/1990 n. 285, il quale nell'ari. 7 dichiara:
Comma 2. Per la sepoltura dei prodotti abortivi di presunta età di gestazione dalle 20 alle 28 settimane complete e dei feti che abbiano presumibilmente compiuto 28 settimane di età intrauterina e che all'ufficiale di stato civile non siano stati dichiarati come nati morti, i permessi di trasporto e di seppellimento sono rilasciati dall'unità sanitaria locale.
Comma 3. A richiesta dei genitori, nel cimitero possono essere raccolti con la stessa procedura anche prodotti del concepimento di presunta età inferiore alle 20 settimane.
Comma 4. Nei casi previsti dai commi 2 e 3, i parenti o chi per essi sono tenuti a presentare, entro 24 ore dall'espulsione od estrazione del feto, domanda di seppellimento alla unità sanitaria locale accompagnata da certificato medico che indichi la presunta età di gestazione ed il peso del feto.
Nonostante la signora Belviso abbia tenuto a specificare che il "giardino degli angeli" non è contro le donne che abortiscono volontariamente, è evidente la connotazione antilegge 194 dell'iniziativa dell'amministrazione capitolina, che nasce sulla scia di quella della Regione Lombardia del 2007, di quella di Caserta, e che, come ha affermato Don Maurizio Gagliardini, presidente dell'associazione "Difendere la vita con Maria", potrà essere "testimonial e locomotiva" per analoghe iniziative, "in particolare nel Mezzogiorno".
Le donne che decidono di interrompere la gravidanza sono considerate "assassine", che possono cercare di alleviare il giusto senso di colpa dando una degna sepoltura al loro "bambino non nato"; la signora Eugenia Roccella, ex sottosegretaria alla Salute, ha affermato che "nella difficile scelta dell'aborto la donna può avere sentimenti ambivalenti e spesso l'idea di una sepoltura del feto può consolare". Torna dunque l'idea della necessità dell'espiazione della grave colpa dell'aborto: riconoscere al proprio feto identità umana, attraverso il rito della sepoltura, significa riconoscere di essersi macchiate della grave colpa della soppressione di una vita. Torna e si rafforza l'idea che la salute di una donna valga quanto la salute di un embrione, o di un feto affetto da gravi patologie, senza curarsi minimamente di quali conseguenze questa idea possa avere sulla psiche della donna che decide di abortire.
Gli ospedali dovrebbero tutelare la salute delle donne, assicurando "soprattutto nel Mezzogiorno" la piena applicazione della legge 194; le istituzioni dovrebbero occuparsi dei cittadini, ad esempio assicurando asili nido per tutti i bambini "già nati", ma certo l'etica "alta" che guida i nostri amministratori non può occuparsi di questioni tanto banali. Tuttavia, la signora Belviso e i suoi colleghi dovrebbero sempre ricordare che sono amministratori di tutti, anche di chi cattolico non è.
L.A.I.G.A Libera Associazione Italiana Ginecologi per l’Applicazione legge 194
24 febbraio 2012
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