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Anche la dura Elsa Fornero alla fine è costretta ad ammetterlo: “Sì questa riforma aumenta il rischio di licenziamento”.

Post n°6195 pubblicato il 05 Aprile 2012 da cile54

La seconda versione del pacchetto Lavoro non si discosta poi così tanto dalla prima: un po’ più di discrezionalità al giudice sui licenziamenti economici “manifestamente infondati”, processi più veloci attraverso una corsia preferenziale e tentativo di composizione presso l’Ufficio del lavoro provinciale. In poche parole, dell’Art. 18 nella sua funzione di tutela effettiva rimane poco meno che una icòna. Sugli ammortizzatori sociali c’è qualche euro in più ma il segno rimane quello dell’Aspi e scontenta quindi le piccole e medie imprese. Nel mentre, però, viene abbassato il tetto massimo dei risarcimenti che passa da 27 a 24.

Sull’Art. 18, se da una parte il Governo ha fatto una quasi impercettibile manovra di arretramento, dall’altra ne è uscito fuori un “mostro giuridico” di farraginosa applicazione. Nei casi di “motivazione oggettiva”, ovvero di licenziamento economico il giudice può decidere la reintegrazione solo quando c’è la “manifesta infondatezza”, come specifica il ministro del Lavoro. E quindi con una formulazione della sentenza molto particolare, che quasi non esiste nella letteratura giurisprudenziale, al traguardo dei 50 anni di storia. In tutti gli altri casi si va direttamente all’indennizzo. Se da una parte si “snelliscono” i procedimenti di primo grado, dall’altra il rischio concreto è di un numero altissimo di ricorsi fino alla Corte di Cassazione. Non è una buona notizia, per il semplice motivo che di fronte al caos che verrebbe a crearsi potrebbe riaccendersi la voglia di ulteriori interventi peggiorativi. Onere della prova? Pier Luigi Bersani assicura che non è a carico del lavoro, ma è tutto da vedere.

Sulla composizione del contenzioso presso l’Ufficio provinciale del lavoro, infine, il Governo si è lasciato andare ad una generosa concessione al ruolo del sindacato. Un’arma a doppio taglio perché in quell’ambito, in cui il lavoratore si trova praticamente senza difese, non è detto che il “licenziamento economico” trovi uno strenuo difensore proprio nel funzionario sindacale.

Anche la dura Elsa Fornero alla fine è costretta ad ammetterlo: “Sì questa riforma aumenta il rischio di licenziamento”. E che altro poteva essere? Non è una scoperta confortante. Ma forse è troppo tardi per rendersene conto. Stavolta c’è l’ABC che suggella l’operazione, come carinamente specifica Mario Monti. Non si discute.

E nemmeno la Cgil sembra avere troppa voglia di sollevare problemi. Stando allo schema che il ministro del Lavoro e il presidente del Consiglio dichiarano in conferenza stampa (i testi al momento non sono ancora disponibili), corso d’Italia potrebbe dare il semaforo verde già da domani mattina, quando è prevista una riunione di segreteria. Nel documento del Direttivo nazionale l’intoccabilità non è certo in versione “talebana”. E sbandierando il piccolo “passo indietro” di Monti, Camusso potrebbe far passare qualsiasi cosa. Intanto, la Cisl già dichiara che sul nodo delle tutele in uscita il Governo è giunto ad una "ragionevole definizione".

Il Prc, intanto, esprime fortemente il suo dissenso. “Il governo conferma la manomissione dell'articolo 18 e toglie il diritto al reintegro certo in caso di licenziamento illegittimo”, dice il segretario Paolo Ferrero, che attacca il Pd: “E’ gravissimo che si presti a questa distruzione dei diritti dei lavoratori”. Con il provvedimento del governo, aggiunge Ferrero, “si costruisce un meccanismo farraginoso che spinge il lavoratore ad accettare una conciliazione economica e poi si scarica sui giudici ogni responsabilità aprendo la porta a comportamenti diversi da luogo a luogo e togliendo ogni sicurezza ai lavoratori dell'effettiva efficacia dell'articolo 18”. “Si passa da un diritto ad una monetizzazione e si fa un ulteriore passo per trasformare il lavoratore in una merce. Per questo l'articolo 18 andava lasciato immutato ed è gravissimo che il Pd si presti a questa distruzione dei diritti dei lavoratori: a questo punto il governo Monti arriva dove non era arrivato il governo Berlusconi, è peggio del governo Berlusconi, e questa è una precisa responsabilità del Partito democratico”, conclude Ferrero.

 
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