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Le stanze degli uomini. Attenzione a certi fenomeni “neo femministi” (?) cresciuti nel cuore del berlusconismo

Post n°6534 pubblicato il 19 Giugno 2012 da cile54

Se che sia femmina non guasta ... certo non basta

 

Il recente scenario offerto dalla frenetica corsa di alcune donne verso le “Stanze degli uomini” - roccaforti d’insediamento del potere patriarcale maschile - suscita, per lo stile, i modi, la trivialità dei toni e l’idioma da caserma, un lieve Sconcerto.

 

Moralismo? No. Non ho mai pensato che essere “femministe” dovesse necessariamente coincidere con: licenza all’insulto, sadismo, sarcasmo, odio per le proprie simili anche se al mito delle “sorellanza”, a dire il vero, non ho mai creduto.

Anni di storia, di pensiero, di pratiche femministe e femminili sepolti e di colpo inesistenti.

 

Ciò cui stiamo assistendo in questo assalto maldestro e sconsiderato di alcune donne alle Stanze del potere, è l’ennesimo e squallido perpetuarsi di modelli di comportamento maschi, di logiche guerrafondaie che trovano il loro naturale nutrimento-compiacimento nella violenza, nella contrapposizione duale - roccaforti di un patriarcato che lungi dall’essere estinto, sopravvive ammuffito ma rinverdito proprio grazie alla complicità di quel "genere" di donne che dopo aver rinunciato a una sana “conversione al proprio genere” (Irigaray), in preda a un’identificazione mimetica con il maschio e del tutto inconsce a se stesse, di se stesse e dei loro comportamenti - si fanno paladine di una “politica delle donne”, di “patti di genere” smentiti dalla realtà di una frammentazione di gruppi senza precedenti e di altre amenità. Devo dare ragione, mio malgrado, e controvoglia, a quanto scrive in proposito Guido Vitiello quando dice che:

 

il patto di genere non è un patto di genere “per la contradizion che nol consente”, non foss’altro perché taglia fuori le donne con idee sgradite, preferendo tappar loro la bocca come farebbe un fallocrate qualunque. E il patto di genere non è un patto di genere perché il corpo (elettorale) delle donne non è stato scrutinato, e quel “tutte per una” è un’annessione abusiva, una finzione retorica perfino più marchiana della “rete” e dei “territori”. Ergo, il patto è degenere, e ha a che fare semmai con fazioni, cordate ideologico-editoriali, rendite di posizione, posticini al sole da difendere, private ambizioni politiche….

 

Si tratta, invero, di formule non nuove e malamente rispolverate che se rimandavano, un tempo, a una certa ricchezza di contenuti, di analisi, di nuove prospettive etiche e politiche, di processi decostruttivi e ricostruttivi di un simbolico malato in quanto monosessuato, si ripresentano oggi sulla scena per essere malamente riutilizzate - svuotate di una loro antica dignità nel tempo di una miseria - prima che comportamentale - culturale e ideativa.

 

Non appoggerò donne come queste nella loro scalata a un potere che intristisce, deprime, svuota, impoverisce, sottrae risorse, energia, Bellezza, restituendo in cambio, bruttezza, brutalità, arroganza, prepotenza, presunzione.

 

E non è misoginia, potete contarci, è che amo troppo le mie simili - e i miei simili - per assistere a questo scenario alienante che le fa spasimare per un potere tanto distruttivo e autodistruttivo.

 

Il problema non è Zanardo - tanto per nominare, com’è giusto che sia, la persona contro cui ci si accanisce accusando, non senza ragione, il suo video di “primitività” culturale - ma riguarda il culto idolatrico di cui alcune figure di uomini o di donne, al di là dei loro meriti, vengono a un certo punto - e per delle ragioni in apparenza incomprensibili e complesse che andrebbero indagate caso per caso - improvvisamente investite.

 

La storia passata e recente del nostro Paese mostra che questi fenomeni idolatrici sono possibili e ci avverte del rischio della ripetizione - sia pure su scala diversa e ridotta - di certi eventi e dei disastri prodotti da alcuni di essi non senza morti sul campo di cui faremmo bene a conservare memoria.

 

Quel che la storia insegna è che popolarità e successo nascono spesso da una serie di condizioni che prescindono dalla qualità e dal valore delle persone che - sostenute da quell’ipnosi collettiva di massa descritta da Freud in Psicologia delle folle a analisi dell’Io - finiscono per beneficiarne.

 

Ecco, credo che l’attenzione e l’analisi su certi fenomeni “neo femministi” (?) cresciuti nel cuore del berlusconismo debbano tenere la tensione non alta Altissima.

 

Le stanze degli uomini

 

A proposito delle donne che vogliono entrare nelle Stanze degli uomini convinte di portarvi una "nuova" politica, riporto il dialogo-intervista, assai interessante, fra Iaia Caputo e Miriam Mafai contenuto nel libro di Caputo Le donne non invecchiano mai:

 

Caputo: "Tu non sei mai stata femminista, anzi, tra la tua generazione e le più giovani donne del movimento ci sono state a lungo distanze, incomprensioni, persino inimicizia, Secondo te dove sbagliavano?

 

Mafai: Personalmente sono ancora d’accordo con quello che scrisse Simone de Beauvoir, e cioè che donna non si nasce ma si diventa mentre il femminismo esalta la differenza. E anche se riconosco che ha portato alla luce temi che forse noi non avremmo fatto emergere con la stessa forza, purtroppo il femminismo nella vita politica ha inciso pochissimo, almeno nel senso che non ha portato a una maggiore presenza delle donne sulla scena pubblica. Dove sbagliava? Lo dirò con una battuta: Se ti siedi a un tavolo dove stanno giocando a poker e dici che vuoi fare un gioco diverso, ti rispondono:" fatti un altro tavolo".

La politica è, se vuoi, questo Orrore: un insieme di passione autentica, di intelligenza vera, e poi anche di intrigo, di ambizione. Non vedo come le donne possano introdurvi elementi diversi: se vogliono far politica quelle sono le regole. se non piacciono bisogna fare un’altra cosa: volontariato, associazionismo.

 

L’onestà morale e intellettuale mostrata da Mafai in questa intervista è una rarità che dovrebbe essere presa come esempio: non si fanno giochi diversi in un tavolo in cui il gioco è già deciso in partenza, è pura illusione.

Bisogna farsi un altro tavolo. Capisco molto bene che cosa questo significhi per aver personalmente attraversato una certa esperienza in un campo diverso ma obbediente alle stesse regole di quella politica di cui Oikos-bios è L’altro tavolo.

 

Paola Zaretti

18|06|12

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