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Il costo delle cure: +34% di ticket Alcuni dati contenuti nel rapporto dell’Osservatorio sull’impiego dei medicinali (Osmed) dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), presentato ieri a Roma nella sede di via del Tritone, sono illuminanti per capire le conseguenze dei tagli lineari sulla spesa pubblica non accompagnati da una appropriata politica di riassetto dei servizi. Nel 2011 la spesa farmaceutica a carico del Ssn è diminuita del 4,6%, mentre per i cittadini – malati o ipocondriaci che siano – è aumentata rispetto all’anno precedente del 5%. Non solo: la proliferazione di ticket – fissi, regionali, addizionali, ecc. – ci è costata il 34% in più rispetto al 2010. Dunque lo Stato ha risparmiato anche grazie allo sconto obbligatorio imposto alle farmacie dal precedente governo che ha permesso una diminuzione dei prezzi del 6,1%: dei 26,3 miliardi di euro di fatturato annuo del mercato farmaceutico totale, la spesa territoriale a carico del Ssn è stata di 12,4 miliardi (-4,6%). Malgrado l’incremento (+0,2%) delle prescrizioni verso categorie di medicinali più costose e un lieve aumento dei consumi (+0,7%). Anche se oltre un quarto della spesa complessiva nel 2011 riguarda i farmaci erogati attraverso le strutture pubbliche (ospedali, Asl, ecc), ed è pari a 7,5 miliardi. In totale, a carico del Ssn c’è il 76% della spesa farmaceutica totale. Contemporaneamente però l’esborso a carico dei cittadini è aumentato fino a raggiungere la cifra di 6,3 miliardi di euro (+5%). Non solo perché la coperta è stretta, ma anche perché è cambiato il modo di comperare medicinali da parte degli italiani, probabilmente a causa di un maggiore fai-da-te: infatti, l’acquisto privato dei farmaci di fascia A (cioè quelli rimborsabili dal Ssn) è aumentato del 21%, mentre è cresciuta del 3,7% la spesa privata per i medicinali con ricetta e per l’automedicazione (+0,4%). Consumiamo però più farmaci generici: il 55,7% del consumo totale (oltre 1,8 miliardi di confezioni di medicinali acquistate nel 2011, 30 pro capite in media) riguarda i cosiddetti farmaci «a brevetto scaduto», ossia quelli che vengono prodotti da diverse case farmaceutiche, che costano il 32,2% della spesa totale. Ma anche nell’uso dei medicinali c’è una forte disomogeneità tra nord e sud della Penisola: la Sicilia ha il record massimo di consumi, la Provincia autonoma di Bolzano il minimo. Diverse anche le tipologie di medicine: al nord, e soprattutto tra le donne, si consumano più antidepressivi (+5,4% rispetto al 2003, come media nazionale) e al sud più antidiabetici. Gli immigrati mediamente usano meno farmaci degli italiani, in particolare meno antidepressivi.
Ma il peso maggiore per le tasche dei pazienti italiani è quello dei ticket – quelli fissi per ricetta e/o confezione, confermati da 12 regioni, e quelli introdotti per la prima volta l’anno scorso dalle regioni Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Basilicata – che «raggiunge nel 2011 un’incidenza della spesa farmaceutica lorda del 10,8% (era del 4,2% nel 2007)», come si legge ancora nel rapporto dell’Aifa. «Ma la nostra preoccupazione prioritaria – ha detto ieri il direttore generale dell’Aifa, Luca Pani – è la salute dei malati e quindi l’appropriatezza delle prescrizioni, non siamo interessati solo al dato quantitativo ma soprattutto alla qualità delle prescrizioni». Motivo in più per temere la spending review: «Ci adatteremo alla decisioni del governo, cercheremo di far quadrare i conti ma – ha aggiunto Pani – si potrebbero creare dei problemi riguardo una serie di farmaci innovativi che stanno arrivando, per un valore complessivo di 300 milioni, e dobbiamo sapere se il Ssn intenderà continuare a coprirli o no».
Eleonora Martini
06/07/2012 www.ilmanifesto.it
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