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« Da Firenze una notizia i...Ritorna l’apartheid in S... »

È come nei territori oppressi dall’occupazione israeliana: esercito, filo spinato, posti di blocco. E diritti calpestati

Post n°6820 pubblicato il 19 Agosto 2012 da cile54

 

Una Ong denuncia: in Val Susa come in Palestina

Chi utilizza solo fonti istituzionali si dilunga sui 35 fogli di via dalla Valle, chi preferisce osservare la vicenda dell'Alta velocità con gli occhi dei più deboli può scoprire che, nella notte tra 16 e il 17 agosto, un centinaio di attivisti ha colto di sorpresa la costosissima macchina da guerra che blinda il cantiere del Tav in Val Clarea.

Le quattro di una notte senza luna. Gli attivisti sbucano dai boschi di Giaglione e squarciano il silenzio della notte con un coro: "Giù le mani dalla Valsusa" e battendo sui new jersey. Intanto, tronchesi e cesoie compiono il loro lavoro rendendo inutilizzabile il filo spinato che la società occupante, Ltf, acquista direttamente da Israele. E le analogie non si fermano qui: contadini costretti a esibire i documenti ai checkpoint per accedere ai campi; case e terreni espropriati in nome dell'"interesse strategico"; la polizia che spara gli stessi lacrimogeni usati dall'esercito israeliano.

Quel filo è ormai il simbolo delle occupazioni militari, dell'apartheid, della brutalità di chi ha la forza ma non la ragione. Proprio come in Val Susa e nei territori abusati da grandi, devastanti, inutili opere. Raccontano i testimoni che i pochi celerini presenti sono restati di stucco e che la pattuglia di soldati accovacciata nei carri Lince si sia nascosta dietro gli scudi per scampare a sassi che non sono mai stati lanciati.

Era già accaduto durante la "notte dei fuochi", il 14 agosto, che il muro a difesa della messinscena di cantiere era stato danneggiato da un varco aperto dai manifestanti. Ma i giornali "normali" si fermano al racconto fornito dalla questura di Torino, guidata da uno dei condannati della Diaz, che sta giocando in queste ore la carta della pressione giuridica e psicologica intorno al campeggio del presidio Gravella, a Chiomonte: identificazioni di massa, snervanti posti di blocco stradali e 35 fogli di via notificati a persone identificate nella notte del 24 luglio durante la protesta contro il transito di un convoglio che trasportava scorie nucleari verso la Francia. Nel provvedimento viene disposto il divieto di entrata per due anni nei comuni di Exilles, Giaglione, Venaus, Susa, Bussoleno e Chiomonte.

«E' come nei territori oppressi dall'occupazione militare israeliana: esercito, filo spinato, posti di blocco ovunque. E diritti calpestati. Siamo a Chiomonte per testimoniare la nostra solidarietà al movimento No Tav e lottare pacificamente al suo fianco». Sara Brivio, 30 anni, milanese, è un'attivista del Servizio civile internazionale, Ong che questa estate ha organizzato un campo di lavoro con undici volontari arrivati da Friuli, Lazio, Toscana, Lombardia e Piemonte. Fino al 26 agosto lavoreranno nel «campeggio resistente» di Chiomonte non lontano dalle reti che da un anno proteggono il cantiere curando la manutenzione delle aree verdi, la costruzione di muretti a secco, l'accoglienza dei campeggiatori, il funzionamento del media center. In nome dello sviluppo sostenibile, al fianco della resistenza.

 

Checchino Antonini

18 agosto 2012 www.globalist.it

 
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