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Risalire la china è possibile; ricomponendo la coscienza collettiva della dignità. La strada è la ribellione di piazza

Post n°6826 pubblicato il 21 Agosto 2012 da cile54

Indignamoci: se non ora, quando?

Che la disperazione possa indurre a gesti estremi – anche a quello di togliersi la vita – non potrà mai essere considerato “normale”. Eppure la frequenza con cui queste tragedie si verificano nel mondo del lavoro rischia di farle rientrare in qualche modo nel “conto” della politica contemporanea. Semmai con la “spiegazione” – pietistica quanto inumana, demagogica quanto tranquillizzante – delle cause “generali” e delle condizioni specifiche in cui il dramma è andato concretizzandosi.

Non c’è da stupirsi, quindi, neppure che gli organi di informazione – sia quelli di regime che quelli formalmente di “opposizione” – releghino in secondo piano, semmai nelle pagine interne, le relative notizie, magari accompagnandole con titoli e commenti strappalacrime, dietro cui, tuttavia, si lascia trasparire la “fragilità” di chi giunge a simili “estremi”. Insomma, il suicidio di un disoccupato sarebbe un sottoprodotto, un “effetto collaterale” della crisi e della sua gestione, circoscritto ai soggetti più “deboli” , quelli non in grado, per motivi materiali e psicologici, di reggere le condizioni “indubbiamente difficili” del momento.

Nella terribile calura agostana la tragedia di Angelo Di Carlo non ha avuto miglior sorte. Neppure il fatto che si sia dato fuoco in piazza Montecitorio e che, avvolto dalle fiamme, abbia tentato l’estrema denuncia cercando di entrare nella Camera dei Deputati. Il ministro Fornero ha dichiarato – “desolata” – che “non ci sono parole…”. E questo è tutto. Ma questo è anche ciò che sta diventando “opinione” generale nella sostanziale indifferenza non solo dei media, ma perfino dei “sindacati” e dei partiti di “sinistra”: le idee dominanti in una società sono le idee delle classi dominanti”!

E fin qui, tutto normale: o, almeno, sia l’ignobile alzata di spalle della Fornero, sia l’“ordinaria amministrazione” dei cialtroni della carta stampata, della radio e delle tv (di Stato e non).

Quello che è veramente intollerabile, che suscita disgusto e rabbia, è l’indifferenza e, addirittura, l’assenza su questa ennesima tragedia dei “sindacati” e dei “partiti” “comunisti”.

Non una riga, non un commento: ben vero che non gestiscono loro i grandi organi di informazione, ma i loro siti web sì. Ebbene, inutilmente cerchereste su internet qualcosa: tutti in ferie al mare o in montagna i loro dirigenti e i loro redattori?

La verità è che questa loro assenza è il segnale che, forse, anche per loro queste tragedie – che si determinano nella disperazione di singoli, ma che sono collettive, di classe ­ fanno parte del gioco, sono incidenti di percorso, al più “segnali” del diffuso “disagio sociale” indotto dalla crisi…

È, in realtà, il segno tangibile della distanza abissale che separa tutti costoro dalla sofferenza, dalle speranze deluse e dalla disperazione di milioni di esseri umani lasciati – per dolo o imbecillità – in balia di chi si è ripreso in pochi anni (con la forza e, più spesso, con l’inganno e le complicità) tutte le conquiste dei lavoratori, che isolato e ha spogliato ogni individuo della sua dignità e del suo futuro, che ha precarizzato (con la collaborazione attiva di una “sinistra” sempre “responsabile”) non soltanto il mondo del lavoro e la vita delle classi subalterne, ma – soprattutto – le coscienze di lavoratori, di giovani e anziani lasciati soli e smarriti di fronte alla ferocia dell’avversario.

Risalire la china è difficilissimo, ma è possibile; ricomporre la coscienza collettiva della dignità, dell’unità e della forza della classe, si può; ricostruire il partito e il sindacato di classe è necessario e urgente. Ma i gruppi dirigenti che hanno portato a questo stato di cose di drammaticità senza precedenti e che sono, di fatto, del tutto estranei alla classe, fanno parte del problema, non della sua soluzione.

Sergio Manes

19/08/2012

sergiomanes@lacittadelsole.net

 
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