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Troppo povera per il giudice: una ragazza di Trento non ha ancora visto il figlio appena dato alla luce

Post n°3620 pubblicato il 23 Luglio 2010 da cile54

Non importa se la sua vita è trasparente, niente droga né amicizie pericolose. Senza soldi non può essere una madre normale

 Mi hanno portato via il bambino. La mia colpa? Guadagnare 500 euro al mese

L’Adnkronos del 20 luglio registra: In Trentino una giovane donna poco dopo il parto si è vista sottrarre il figlio appena nato, in esecuzione di una procedura di adottabilità, perché ha un reddito di 500 euro al mese. Il caso è stato reso noto oggi dallo psicologo e psicoterapeuta Giuseppe Raspadori, consulente tecnico di parte del tribunale di Trento, il quale, in una conferenza stampa, si è espresso in maniera molto critica nei confronti dei criteri con i quali i giudici dei minori applicano la sospensione della potestà genitoriale.

Il testo è chiaro, ma merita un commento, anche perché la grande stampa e i media l’hanno sottovalutato, dando invece rilievo – anche critico, se si vuole – a un fatto, che appare emblematico al confronto, all’offerta cioè di una cattedra fatta da don Verzè alla figlia di Berlusconi appena laureata (laurea triennale, si badi).

Questione di giustizia, ma anche di qualcosa di più. Non solo iniquità di genere, a danno di una partoriente. Non solo disconoscimento di ciò che si blatera sulla famiglia, che è tale anche quando la madre è sola. Non solo rimozione dei diritti del bambino, che debbono essere tutelati a partire da quello di non essere strappato a una madre che evidentemente lo voleva e non ha abortito. Qui si fa legge della “logica di sistema” che avanza nella vita sociale del nostro paese e a cui dobbiamo opporre ogni resistenza: 500 euro di reddito mensile sono ritenuti “giusta causa” per togliere un bambino alla madre e darlo in adozione. Stiano attenti, se hanno figli, i cassintegrati, i licenziati e quella famiglia ogni cinque che – dice la Svimez – non ha i mezzi per curarsi.

Bisogna ringraziare lo psicologo consulente del tribunale dei minori che ha denunciato il fatto, che gli era apparso ancor più grave perché la decisione fu presa senza interpellare la donna, che non era una “tossica” né aveva altre pendenze a carico. Lo scandalo appare tanto più grave quando si viene a sapere che le istanze della madre hanno prodotto un incontro con il giudice, il quale ha deciso di avviare una perizia sulle “capacita” genitoriali della madre.

Una beffa, perché in questo modo la ragazza, cui è stato sottratto il diritto di essere madre dal primo momento, rivedrà il proprio figlio solo dopo otto mesi, con buona pace della fase primaria dell’attaccamento e della giustizia per il minore.

La crudeltà di “dichiarare una madre incapace e sottrarle il figlio è lacerante ben più della galera, molto più vicino alla pena di morte”. Stiamo attenti e non chiudiamo porte e finestre perché ci sentiamo sfiduciati di tutto e rassegnati a pagare come hanno sempre fatto i “piccoli”. I diritti non si comprano né si vendono: c’è chi è morto perché fossero quanto meno scritti nelle grandi carte. Noi contemporanei li abbiamo visti cominciare il cammino: non perdiamoli solo perché ci hanno comperato la dignità con la visione della ricchezza altrui e con un po’ di favole mediatiche.

Giancarla Codrignani

22-07-2010

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