RACCONTI & OPINIONIPagine di Lavoro, Salute, Politica, Cultura, Relazioni sociali - a cura di franco cilenti |
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La crisi che stiamo attraversando è insieme economica, sociale, ambientale e di democrazia. E' una crisi globale e sistemica, perché mette in discussione la struttura stessa del modello capitalistico, che deve affrontare il nodo della sovrapproduzione di merci con quello della mancata allocazione su nuovi mercati. In altre parole, poiché le politiche liberiste degli ultimi 30 anni hanno aumentato esponenzialmente la forbice delle diseguaglianze sociali, oggi il pianeta si trova sostanzialmente polarizzato in due condizioni: quella di una maggioranza di persone, collocate soprattutto nell'emisfero sud, talmente spogliate ed impoverite da non poter accedere neppure al ruolo di consumatore, e quella di una minoranza di persone, collocata soprattutto nell'emisfero nord, che, pur potendo comprare (ma sempre meno), son in via di progressiva saturazione di beni acquistati.
Da qui l'empasse del sistema, ulteriormente resa drammatica dalla contraddizione ambientale che ormai non può più essere elusa, considerando ad esempio la vicenda del Golfo del Messico come una perdita di petrolio, quando è invece una prima emorragia della Terra.
Essendo tuttavia questo modello basato sull'unico scopo del profitto, è assolutamente necessitato ad aprire nuovi mercati. Ma, non potendolo fare nei confronti di un sud ormai depredato e spoliato, deve rivolgersi a quel nord che, ancorché saturo di merci è ancora in grado di comprare.
Nasce da qui la nuova feroce fase del capitalismo neoliberista: quell dell'aggressione ai diritti del lavoro pr poterne diminuire radicalmente il costo da una parte; quella della messa sul mercato dei beni comuni, dei servizi pubblici e dei diritti sociali per garantire nuove rendite ai capitali finanziari dall'altra.
Una fase che, per poter essere compiutamente dispiegata, ha bisogno di un modello autoritario di relazioni sociali. Da qui, in Italia, il doppio attacco alla libertà di stampa, con la legge bavaglio da una parte e i tagli ai contributi all'editoria dall'altra. Per ottenere la fine di ogni controllo democratico sull'illegalità del potere e per affossare definitivamente gli strumenti dell'opposizione sociale, fra i quali Liberazione.
E se contro la legge bavaglio sembra essersi suscitata una forte campagna di libertà, non altrettanto sembra potersi dire contro il taglio dei contributi all'editoria. Non a caso. Perché in questo Paese i bavagli sono più d'uno e alcuni interni ai gruppi di potere trasversalmente collocati intorno ai grandi mass media.
Come altrimenti spiegare la forte (e giusta) battaglia portata avanti da la Repubblica contro il ddl intercettazioni con il totale silenzio della stessa sulla straordinaria campagna di raccolta firme per i referendum sull'acqua? O con l'allineamento filo-padronale sulla vicenda Fiat/Pomigliano?
Se è dunque vero che il governo Berlusconi - finalmente al collasso - attacca la libertà di stampa e va quindi respinto, è altrettanto vero come il diritto all'informazione sia ben lunghi dall'essere adeguato al racconto di un Paese tutt'altro che pacificato, bensì ricco di conflitti sociali. Ed è per poter continuare a raccontarli e dar loro voce che, oggi più che mai, la sopravvivenza di un quotidiano come Liberazione è necessaria.
Senza, saremmo tutte e tutti meno liberi.
Marco Bersani
Attac Italia
06/08/2010
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(Gianni Rodari)
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Giorgiana Masi
Roma, 12 maggio 1977
omicidio di Stato
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