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Nelle Regioni della destra avanzano come atto dovuto, il blocco delle assunzioni e i tagli alla spesa per la cura

Post n°3842 pubblicato il 26 Settembre 2010 da cile54

Vogliamo parlare delle ricadute sulle malattie croniche?

I tagli della spesa in sanità provocano disagi su numerosi livelli. Non è solamente l’aspetto tecnico ad essere colpito riflettendosi poi nelle qualità delle prestazioni e dei servizi resi all’utenza,  ma anche un ambito più profondo che sta nel comune sentire della popolazione, privata dei più essenziali diritti, di quei diritti che coinvolgono la pancia della gente.

La gestione della salute coinvolge l’individuo nella sua totalità, quando  le famiglie  vengono travolte dallo tzunami del nonno all’ospedale con la paralisi o del figlio nato con problemi non hanno bisogno di sentirsi parlare di crisi e di essere considerati come pacchetti da sistemare al minor costo possibile, hanno il diritto di ricevere le informazioni circa lo stato di salute del loro caro, di ricevere cure, hanno il diritto ad una presa in carico globale e di uno stato che non abbandoni, ma includa i portatori di handicap e le loro famiglie. Certo l’ottica del risparmio deve essere considerata con estrema attenzione, ma forse più che parlare di risparmio, bisognerebbe parlare di spesa equa e magari anche solidale, è necessario che i nostri amministratori e i nostri rappresentanti politici (che siamo comunque noi a scegliere) non considerino  cittadini di serie A e di serie B, ma che considerino cittadini .

Consideriamo per esempio il trattamento delle malattie croniche, le difficoltà nell’organizzare la cura post ricovero del paziente di riabilitazione, la presa in carico dell’età evolutiva che inizia dalla nascita e prosegue con l’articolazione di interventi che coinvolgono aspetti che vanno dal sanitario all’educativo, passando per il sociale e che coinvolgono l’intero nucleo familiare. Come si può pensare che la popolazione si senta accolta in uno stato di diritto se per ogni singolo momento della gestione della malattia, acuta o cronica che sia, ci si trova a dover affrontare ostacoli la cui unica chiave di lettura è che delle persone in stato di bisogno importa poco perché non producono ricchezza? Non voglio creare uno psicodramma per carità, ma i racconti di genitori a cui è stata rifiutata la 104, che si vedono diminuire le ore dell’insegnante d’appoggio, che temono una stretta sugli ausili, che hanno difficoltà nell’organizzazione del trasporto dei figli da casa a scuola ai centri di riabilitazione echeggiano nelle mie orecchie e sono angoscianti perché intere famiglie, già impegnate nella gestione della malattia del congiunto, si scontrano con la negazione del diritto di poterlo fare senza dover perdere la ragione dietro esplicite negazioni del

diritto alla salute.

Ci sono poi interi settori che vengono completamente ignorati, mi viene in mente la logopedia, il numero di logopedisti assunti nelle asl è da sempre esiguo, considerando l’impatto che ha un problema di linguaggio sia sull’età evolutiva che sull’adulto, le piante organiche dovrebbero prevederne un numero ben più alto. Anche in questo caso le scelte sono state quelle di regalare  interamente o quasi questa grossa fetta della riabilitazione al privato, sarebbe interessante “fare i conti” e valutare la spesa e anche valutare quanti trattamenti offerti dai centri privati, convenzionati e non, siano veramente necessari. Anche la logopedia come la fisioterapia viene erogata spesso in modo non congruo, utilizzata come palliativo perché nulla o poco si fa per emancipare i bambini e le loro famiglie dalla riabilitazione e accompagnarli in un armonioso inserimento nella vita sociale che sia il più possibile de medicalizzata. Certo che discorsi!! E chi se ne occupa? Facciamoli questi conti, una volta per tutte e magari le asl troveranno il denaro per adeguare le piante organiche.

Dove sono gli educatori, gli assistenti sociali, le strutture adeguate per favorire questo passaggio? Dove sono le imprese che assumono il disabile, dove le scuole che riescono a formarlo? Dove i centri per chi non può essere accolto nel mondo del lavoro? Dove la solidarietà del vicino di casa? E poi, vogliamo scherzare, rinunciare ad una fonte di guadagno così facile! Allora si tengono legati a doppio filo bambini che diventano adolescenti e poi giovani adulti e le loro famiglie, offrendo una finta rieducazione, che ha l’unico vantaggio per chi la offre e tiene in un contesto di malattia chi malato non è o meglio chi dopo aver subito un danno neuromotorio, non viene considerato come cittadino avente pari dignità, non viene messo in grado di usufruire dei servizi quando ce ne sia effettiva necessità per poi vivere una vita degna. Spesso il disabile viene costretto nel ruolo di invalido non autonomo dall’impossibilità di esprimere potenzialità e attitudini in una società sempre meno disposta ad accogliere e rispettare e sempre più condizionata dalla logica ristretta dell’orticello da salvaguardare  e dell’omologazione degli stili di vita.

Dunque, i tagli hanno come effetto macroscopico la riduzione del diritto alla cura, la riduzione dei servizi. del diritto a condizioni di lavoro che permettano di offrire il meglio…  ma erodono in modo sotterraneo la fiducia della gente nella Politica, intesa come esercizio di democrazia, come partecipazione alla gestione della cosa pubblica, come esercizio del diritto. La stretta economica che ci sta colpendo, provoca disagi che vanno ben oltre la coda alla sportello o la lista d’attesa dal dermatologo, se poi consideriamo l’evidente attacco alla libertà di stampa e ad una libera informazione, l’attacco alla scuola intesa come “luogo dell’educazione” e l’offerta di un modello basato solamente sull’apparire e sul possedere, il tutto condito dalla totale assenza di interesse e di solidarietà, badando esclusivamente al proprio immediato presente… beh mi pare la filastrocca della capra e dei cavoli.

Silvia Falco

redazione Lavoro e Salute

 
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