RACCONTI & OPINIONIPagine di Lavoro, Salute, Politica, Cultura, Relazioni sociali - a cura di franco cilenti |
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'SE POTESSI AVERE... MILLE EURO AL MESE '
Venticinque euro al mese sono ben poca cosa, meno della infausta “social card” berlusconiana, poco più di 80 centesimi al giorno. Eppure una cifra così bassa è servita a dare per tanto tempo una informazione distorta sugli indici di povertà in Italia. Il governo, basandosi sui dati Istat, ha cantato tempo fa vittoria affermando che, nonostante la crisi e grazie (sic) alle misure adottate verso le fasce più deboli il numero delle persone povere era diminuito in un anno. I dati utilizzati erano quelli Istat e non sembravano credibili: la povertà relativa era calata rispetto al 2008 di quasi mezzo punto percentuale, passando da 11,3% a 10,8%, mentre quella assoluta risulta del 4,7%. Secondo la Caritas Diocesana e la Fondazione Zancan, il cui lavoro si basa su circa 150 osservatori sparsi per l’intero Paese e che collaborano attivamente anche con l’Istat, si tratta di una illusione ottica. Per stabilire una linea di povertà relativa si calcola un reddito mensile per due persone che bisogna superare. Visto che teoricamente la crisi ha reso tutti più poveri questa soglia che era di 1000 euro nel 2008 si è abbassata a 983 euro nel 2009. Un ragionamento che sembra non tenere conto dell’aumento dei prezzi che, se calcolato, porterebbe questa soglia a 1007 euro. Sempre secondo i dati Istat. Se questa è la soglia risultano esserci oltre 560 mila poveri in più, con una crescita annua del 3,7%. Secondo questo rapporto ci sono elementi di continuità accanto a elementi di novità dovuti al perdurare della crisi. La povertà si continua a concentrare al Sud, in famiglie numerose o monogenitoriali, in cui ci sono bassi livelli di istruzione. Aumentano però le situazioni di fragilità economica di persone che lavorano ma stanno vedendo scendere pericolosamente il proprio tenore di vita, diminuiscono i crediti al consumo e i prestiti personali mentre aumenta dell’8% la cessione di un quinto dello stipendio per far fronte alle spese correnti. Famiglie che si indebitano insomma per garantirsi i servizi essenziali, famiglie il cui reddito è dovuto a lavoro dipendente. Questo calcolo fa si che accanto agli 8 milioni e 300 mila poveri stimati vanno aggiunti almeno altri 800 mila “impoveriti”che rischiano di precipitare in tempi brevi nel disagio più assoluto. I dati della Caritas sono più che allarmanti, raccontano di un paese in cui è cresciuto del 25% il numero di persone che si rivolgono alle loro strutture per avere sostegno, un aumento omogeneo in tutta Italia e che interessa soprattutto gli autoctoni. Cresce infatti del 40% la richiesta di aiuto nei centri ascolto da parte di italiani, gli utenti sono sempre meno singoli e sempre più interi nuclei familiari. Più vulnerabili risultano essere le persone di mezza età, i separati, i divorziati, le donne sole con figli, i precari, i licenziati, le famiglie monoreddito. Almeno un milione di persone che ogni anno beneficiano di tali sostegni spesso in assenza di politiche di intervento da parte delle pubbliche amministrazioni preposte, con buona pace delle tanto decantate politiche per le famiglie evocate ad ogni piè sospinto. Anzi oltre al danno la beffa, secondo l’ineffabile Tremonti le famiglie italiane non hanno bisogno di altri aiuti, beneficiano già esenzioni fiscali e servizi sociali. Forse anche il ministro è abbagliato dalla capacità tipica dei poveri, veri nemici dello sviluppo, di nascondere le proprie condizioni e le proprie difficoltà, uomini e donne così pericolosi da non mostrarsi in pubblico. Forse perché nel tempio dorato del neo liberismo essere poveri è una colpa, una sconfitta personale e di vita, un elemento che dimostra incapacità individuali e tare sociologiche insuperabili. Forse perché nell’anno europeo dedicato alla lotta contro le povertà, in Italia hanno sbagliato i traduttori, e hanno dichiarato l’ennesimo anno contro i poveri.
Stefano Galieni 13/10/2010 leggi www.controlacrisi.org
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Roma, 12 maggio 1977
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