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« A "vieni via con me" arr...Cosa vogliono? Il futuro... »

Danilo De Biasio direttore Radio Popolare, a sostegno del quotidiano Liberazione

Post n°4059 pubblicato il 25 Novembre 2010 da cile54

«Là fuori c'è un mondo da raccontare e spiegare»

Dal 1976 Radio Popolare è "la" radio della Milano libera e indipendente. Direttore editoriale della storica emittente è Danilo De Biasio che, non appena ricevuta la nostra chiamata, non ha esitato un secondo a prendere parola in difesa di Liberazione. Il motivo? «Semplice. Altrimenti avremo un giornale in meno, una voce autorevole del panorama dell'informazione "non allineata", nella nostra rassegna stampa mattutina. E la sola idea di questa eventualità fa molto male. E poi perché ogni giornale che chiude, qualsiasi esso sia, è un piccolo pezzo di democrazia che frana. Che poi questo accada per decisioni prese "a tavolino" da questo governo, fa ancora più male».

La sensazione, che è più di una sensazione, è che dietro i tagli all'editoria decisi da Tremonti vi sia l'obiettivo di eliminare il pluralismo dell'informazione, o almeno di ridurlo al minimo. E' così?

Tutti noi abbiamo il sospetto, ma purtroppo non la "pistola fumante", la prova provata, che dietro ai tagli all'editoria vi siano esclusivamente interessi politici ed economici. Non solo per ridurre le voci libere e controcorrente del panorama informativo italiano, ma perché in un momento di contrazione del mercato pubblicitario nell'editoria, escludere chi "ruba le briciole" come la stampa cooperativa o di partito, significa briciole in più che possono essere mangiate dai padroni dell'informazione. Se poi scopri che queste briciole, messe insieme, magari fanno una fetta di torta intera, per quanto piccola, allora tanto vale raccogliere tutte le briciole e riportarle sulla tavola. Detto questo, l'obiettivo politico è evidente: se si riesce a tagliar fuori alcune testate libere, o almeno a rendergli difficile la vita, ci guadagni dal punto di vista della "tranquillità".

Come reagire a questa manovra? In poche parole, come sopravvivere?

La via di uscita, qualora non si riuscisse a mettere un freno a questa manovra, è una sola: stringere la cinghia dove possibile e puntare sul cosiddetto "azionariato diffuso". Dovremo dire ai nostri lettori o ascoltatori che «se vi piace la stampa libera o la radio indipendente, se per voi essere informati è un'esigenza come l'aria che respirate, allora dovete mettere mano al portafogli e darci una mano». Noi, in cambio, possiamo offrire solo una merce: un giornale o una radio.

Parlando proprio di editoria "indipendente", come reputi lo stato di salute di questo segmento dell'informazione?

Partiamo da un presupposto: siamo in un momento di grave patologia per l'informazione in generale. Quella "indipendente", poi, sta attraversando ancora più difficoltà. In questo momento storico sembra aver ragione Enzo Forcella: un giornalista politico italiano può contare al massimo su un pubblico di millecinquecento persone, interessate per necessità alla lettura e alla comprensione di questo tipo di notizie. Per questo dobbiamo iniziare a ragionare sui limiti della "nostra" informazione. Il nostro difetto credo risieda nell'immaginario di società che abbiamo. Una società che non regge alla prova dei fatti. Possiamo anche non occuparci della televisione, ma se milioni di persone guardano il Grande Fratello non possiamo far finta che quell'Italia non esista. Ecco, quindi, che pur importante, limitarci a raccontare dei 67mila che vanno a votare alle primarie di Milano è doveroso ma non può diventare l'unico argomento di una certa rilevanza per giorni. Perché questo, inevitabilmente, si tradurrà con l'assenza, o quasi, della sinistra dal consiglio comunale di Milano. E allora: iniziamo a occuparci, con lo spirito critico di cui siamo dotati, di ciò che accade ogni giorno intorno a noi. Smettiamo di avere una lettura esclusivamente ideologica.

In questi giorni, parlando dell'informazione mainstream, tutti si stanno domandando il perché del successo di un programma come "Vieni via con me" del duo Fazio-Saviano. Tu che idea ti sei fatto?

Avendo un panorama informativo di scarso livello, non appena il pubblico vede un prodotto migliore degli altri, magari che porta alla ribalta nuove informazioni o che spiega le medesime notizie in maniera più accattivante o "utilizzabile", lo spettatore rimane incollato davanti alla tv. Così facendo, però, continueremo per anni a parlare di eccezioni in un emisfero di regole fatte da linguaggi pubblicitari, giornalismo spot o intrattenimento. Dal nostro punto di vista, invece, vista la situazione in cui siamo costretti a lavorare, con la carenza di budget, ogni tanto riusciamo ad avere un pezzo, un'inchiesta, un'intervista particolarmente riuscita, ma nel 90% dei casi, non potendo contare sui denari di "Vieni via con me", dobbiamo far ricorso a internet, alle agenzie, all'informazione "diffusa". Questo rischia di condannarci definitivamente. Ma a questo, al tempo stesso, c'è un rimedio: abbiamo la fantasia, abbiamo lo spirito critico. Mettiamo questo in circolo e ripartiamo da quello in cui siamo bravi, senza però chiuderci nella nostra ideologia. Iniziamo a raccontare, con il nostro linguaggio e il nostro sguardo, quello che accade in strada. Facciamo sì che la gente capisca quanto siamo importanti.  

Quanto siamo importanti, dici. Che panorama informativo immagini, oggi, se pensi a un'edicola dove non vi siano più giornali come "Liberazione", "il manifesto", "Carta" o a un etere senza Radio Popolare o le altre radio indipendenti?

Rispondo in una maniera non piacevole, ma per provare ad accendere una fiamma in un eventuale dibattito sulla libera informazione. Credo che in questo momento storico solo qualche decina di migliaia di persone si accorgerebbe della nostra assenza. Il motivo, però, non è "al nostro interno" ma all'esterno: in una società, come quella odierna, che ritiene ogni giorno che passa di poter fare a meno di tanti piccoli pezzetti di libertà, barattabili in nome di una sicurezza economica, sociale, o in un ordine pubblico che non ci sarà mai, restando così le cose. E allora è qui che Liberazione, il manifesto, Radio Popolare devono entrare in gioco. Iniziamo, però, chiedendoci perché, oggi, non siamo "fondamentali" per la gente. Chiediamoci dove abbiamo sbagliato ma soprattutto cosa è successo a questa società. Sono riflessioni dolorose ma importanti. Riflessioni che dobbiamo fare se vogliamo realmente cambiare le cose e non limitarci a sopravvivere.

Daniele Nalbone

24/11/2010

 
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