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Si continua con la favola del lupo cattivo (le mafie) e di Cappuccetto Rosso (il nord prospero e onesto). I due stanno assieme!

Post n°4071 pubblicato il 29 Novembre 2010 da cile54

Federalismo mafioso

Perché è così difficile ammettere l’organicità strutturale del fenomeno mafioso nel sistema Italia? Perché nel Nord si parla di infiltrazioni criminali e non di presenze stabili, come anche l’ultima relazione della Dia rileva?

Perché  è così difficile ammettere l’organicità strutturale del fenomeno mafioso nel sistema Italia? Perché nel Nord si parla di infiltrazioni criminali e non di presenze stabili, come anche l’ultima relazione della Dia rileva? La lettura delle 466 pagine è un colpo da ko anche per chi è di stomaco forte: si documenta il furto di vite e di risorse che le mafie realizzano nel meridione, ma se ne certifica l’inarrestabile ascesa al nord. Così è fatta piazza pulita delle dichiarazioni rituali di quanti, oscillando tra complotto e negazione, leggono il fenomeno mafioso come frutto dell’arretratezza economica, figlio di un sud del Paese che ormai non c’è più.

 

Le mafie sono presenti da almeno quattro decenni al nord, dove si costruisce l’eccellenza d’impresa, dove si manovrano le finanze e i capitali, dove si produce la maggior parte del PIL. Gli ingenti proventi dei sequestri di persona (la Lombardia è stata la prima regione con 159 casi su 672 ma tutto il nord è stato colpito) e dal traffico di stupefacenti hanno fatto da volano alla crescita criminale. L’attivazione del meccanismo di riciclaggio dei capitali sporchi non è stata realizzata da un manipolo agguerrito di criminali in trasferta, portatori di una cultura dell’illegalità che ha ammorbato territori sani e immuni.

 

No, al contrario, il lento contagio delle mafie si è avvalso del contributo fattivo di lombardi, piemontesi, veneti, liguri, toscani, emiliani che hanno visto nel denaro e nel potere delle cosche il mezzo per arrivare prima, per sedere nei luoghi del comando, fossero scranni di un ente locale o poltrone di una banca o di un consiglio d’amministrazione. Un nome per tutti, Roberto Calvi, presidente del Banco Ambrosiano che finì “suicidato” a Londra. Chi occupa oggi il posto di Calvi sulla piazza milanese?

 

Per rispondere alle domande iniziali, va detto che si continua a preferire la favola del lupo cattivo (le mafie) e di Cappuccetto Rosso (il nord prospero e onesto), perché, in caso contrario, si dovrebbe ammettere la propria responsabilità in questa quotidiana opera di rimozione del problema. Il mondo dell’associazionismo antimafia in questa nuova fase non deve chiamarsi fuori. Un conto è sostenere le cooperative del sud che lavorano sui terreni confiscati, con le cene della legalità e la vendita dei prodotti realizzati in Sicilia, Campania, Calabria, Puglia.

 

Un conto è, invece, monitorare il proprio territorio, scoprire i focolai d’infezione, denunciare e informare su quello che le mafie fanno a Milano, Pavia, Monza, Torino, Genova, Bologna, Parma, Modena, solo per citare le ultime grane del rosario mafioso. Con questo non vogliamo dire che le cooperative di Libera Terra e le altre esperienze di lavoro e legalità grazie all’utilizzo sociale dei beni sottratti alle cosche non debbano essere più sostenute, anzi al contrario vanno incoraggiate e supportate allo stremo. Solo è tempo che al nord, il fronte antimafia si configuri come vera e propria trincea nel contrasto alle cosche e si organizzi per reggere la sfida prima di essere spazzata via.

 

È tempo cioè che, nelle attività impostate sul doveroso binomio “memoria - impegno”, gli sforzi maggiori si concentrino sul secondo termine, sapendo che il miglior modo di ricordare le vittime e aiutare chi lavora al sud è combattere le mafie al nord, attrezzandosi in termini di analisi e di risposte. Le 150.000 presenze di Milano lo scorso 20 marzo per la giornata nazionale di Libera sono un segnale importante in questa direzione. Ormai la linea della palma ci ha superato, è tempo di prenderne atto.

 

Lorenzo Frigerio

(libera informazione)

27/11/2010

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