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Napoli, gli operatori sociosanitari occupano L'ex ospedale psichiatrico Leonardo Bianchi. Corteo il 14

Post n°4108 pubblicato il 11 Dicembre 2010 da cile54

Contro il taglio dei servizi digiunano dirigenti di coop e associazioni

Alcune centinaia di operatori e operatrici sociali, fino a poche ore prima impegnati in servizi socio sanitari attualmente sospesi per i ritardi dei pagamenti e perché la Asl Na 1 non ha dato garanzie per il futuro, hanno occupato ieri mattina il padiglione centrale dell'ex ospedale psichiatrico Leonardo Bianchi di Napoli. Una iniziativa di forte valenza simbolica a Napoli ed in Campania, anche perché proprio dalla dismissione di quel manicomio sono nate le prime cooperative sociali, da quell'esperienza è nato il sistema di servizi territoriali a forte integrazione pubblico privato-sociale, da quelle lotte centinaia di pazienti si sono ripresi la loro città e la loro vita.

Da queste parti e più in generale in tutto il Mezzogiorno, le scelte politiche del governo nazionale e di quelli locali, nei fatti, stanno determinando un sostanziale passo indietro, da un lato con la chiusura e la messa in discussione di tanti servizi ed esperienze di lavoro sociale e d'altro ricollocando il disagio e la differenza in istituzioni totali, con o senza muri. Le politiche di integrazione tra pubblico e privato sociale, quelle tese a sperimentare pratiche, certo complesse, ma fortemente efficaci, più di tutte stanno subendo la scure dei tagli: dietro l'alibi della scarsità di risorse, viene minata nel profondo la sostenibilità dei servizi sociali universali e soprattutto la loro funzione pubblica.

L'occupazione del Leonardo Bianchi mira a diventare laboratorio permanente di iniziative in tutta la città e luogo aperto alla città stessa; un presidio di relazione e racconto, attraverso il quale ribadire che il lavoro sociale, oltre che a tutelare e promuovere i diritti delle persone più fragili e in difficoltà, continua ad avere come presupposto e finalità la costruzione di comunità accoglienti e solidali, centrate sulle persone e sui loro bisogni.Contemporaneamente, circa trenta dirigenti di cooperative e associazioni hanno avviato uno sciopero della fame che durerà fino a quando il prefetto non si farà carico complessivamente della questione, aprendo un serrato confronto tra terzo settore, sindaco di Napoli, governatore regionale e tutte le istituzioni coinvolte. Il 14 dicembre prossimo al mattino una manifestazione regionale partirà da piazza Dante e si concluderà a piazza Plebiscito: gli operatori e le operatrici porteranno in piazza la loro rabbia ma anche il racconto del loro lavoro, in compagnia di familiari, destinatari dei servizi e quanti vorranno esprimere la loro vicinanza e solidarietà. Nel pomeriggio, presso la sede occupata del Bianchi si terrà una grande assemblea aperta alla città.

La Campania e la città di Napoli sono sempre più polveriere che rischiano di esplodere, per le contraddizioni accumulate negli ultimi anni, ma anche per l'immobilismo e la cinica gestione del potere dei nuovi governanti. In gioco c'è il superamento di esperienze che hanno costruito relazione e contribuito ad allargare la fruibilità dei diritti, ma soprattutto hanno contribuito a generare lavoro, purtroppo ancora troppo intriso di precarietà ed incertezza. La crisi invece continua a non mettere in discussione i veri sprechi di danaro pubblico, ad esempio le convenzioni con i grandi potentati della sanità privata. Le scelte di politica economica che in queste ore si stanno determinando lo evidenziano: il Fondo nazionale delle politiche sociali si riduce dai 960 milioni di euro del 2008 ad appena 75 nel 2011, il Fondo delle politiche sociali in Campania si attesta ad appena 5 milioni e rappresenta meno dello 0,5% dell'intero bilancio regionale a fronte di un impegno di spesa che supera il 55% per la sola sanità, che pure sta "razionalizzando".

Il lavoro di tanti operatori del sociale deve essere riconosciuto nelle sue competenze, nelle sue professionalità, nella sua dignità, soprattutto perché non si può parlare di legalità e sicurezza in città private di servizi sociali e socio-sanitari: solo città più giuste sono città più sicure. Una vertenza quindi che, a partire dalla sacrosanta rivendicazione della difesa del posto di lavoro e del miglioramento delle sue condizioni, pone una questione più generale di difesa e rilancio delle funzione pubblica dei servizi attraverso il ruolo attivo e partecipativo del privato sociale. Una vertenza importante che avrà bisogno del sostegno, della vicinanza, dell'amicizia e dell'affetto di tutti e di tutti.

Giacomo Smarrazzo e Andrea Morniroli

coop. sociale Dedalus di Napoli

10/12/2010

 
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