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Alla Fornace di Rho (Milano) gli Stati Generali a pochi dalla scadenza di legge per impugnare i contratti

Post n°4245 pubblicato il 17 Gennaio 2011 da cile54

E tra i precari si fa forte la voglia di sciopero

 

Mentre l'ad di Fiat Marchionne festeggiava il sì risicato estorto con la paura agli operai dello stabilimento di Mirafiori, si apriva ieri a Rho, alle porte di Milano, la seconda edizione degli Stati Generali della Precarietà. La sede scelta è precaria che più precaria non si può: il centro sociale Sos Fornace, fresco di rioccupazione dopo lo sgombero della scorsa settimana. Il generatore arranca, ogni tanto si arrende, chi ha sfidato il labirinto della tangenziale e una nebbia d'altri tempi per arrivare fin qui si aggrappa alle stufette a gas come a isolotti dopo un naufragio.

Chiacchierando il clima si scalda. «Il punto è che Mirafiori è un simbolo. Un simbolo del lavoro e del paese, ma anche un simbolo del fallimento dei sindacati tradizionali. Hanno sempre firmato tutto, a partire dalla legge Treu. Non si sono accorti che la precarietà presupponeva la presa in ostaggio di un'intera generazione, e dopo la prima di una seconda, e dopo la seconda di una terza, fino ad arrivare agli operai della Fiat, i garantiti e rappresentati per eccellenza, titolari di diritti che per troppo tempo abbiamo considerato inalienabili», spiega Frankie davanti a un piatto di trippa fumante, durante la pausa pranzo tra la sessione mattutina e quella pomeridiana. «Al referendum abbiamo perso tutti», continua, «e poteva andar peggio, vista l'altissima percentuale del dissenso. Abbiamo perso anche noi precari: noi che subiamo ogni giorno ricatti, noi che sottostando ai ricatti portiamo a casa ogni mese la pagnotta. Perché ogni sconfitta dei lavoratori è anche la nostra. E soprattutto perché di vivere come noi, senza ferie e senza malattia, senza accesso a un mutuo e senza maternità, non lo auguriamo proprio a nessuno». L'accordo di Mirafiori è, in definitiva, la dimostrazione lampante di come la condizione di precarietà sia altamente contagiosa, di come non riguardi più solo chi è contrattualmente precario, ma arrivi a investire ormai tutto il mondo del lavoro, compreso quello garantito.

La data dell'iniziativa non è scelta a caso: domenica prossima, come prevede il Collegato Lavoro, scadono i termini per impugnare i contratti di lavoro precario davanti al giudice. Gli Stati Generali fungono dunque un po' anche da ultima chiamata per le eventuali azioni legali, che è possibile intentare anche con l'aiuto degli avvocati di San Precario, disponibilissimi.

Obiettivo della due giorni, anche per oggi il programma è fittissimo, è la costruzione di un punto di vista precario. Definizione sibillina, ma l'intento è nobile: immaginare un percorso di resistenza condiviso tra tutti i soggetti vittime della precarizzazione della vita che hanno animato questi e gli scorsi Stati Generali, nell'ottobre scorso. I migranti innanzitutto, imprigionati in un'irregolarità discriminante e istituzionalizzata, che lega il loro diritto a esistere e a vivere qui a un lavoro regolare e indeterminato a cui non hanno alcuna speranza di accedere. E poi gli studenti, e con loro i lavoratori della conoscenza (o cognitari come li chiamano qui), dai ricercatori, ai giornalisti, ai pubblicitari: categorie da sempre più sensibili al ricatto dell'assenso e formate da soggetti che sempre più si trovano da soli a contrattare la propria posizione lavorativa.

Gli incontri tematici si susseguono per tutto il pomeriggio, si sovrappongono, si fondono l'uno con l'altro: sulle scale è un via vai di ragazzi, ma non solo, che vanno ad assiepare le stanze spoglie del centro sociale nuovo nuovo. La precarietà è declinata in tutte le sue accezioni, da quella lavorativa, a quella esistenziale, a quella dei territori, alla formazione e ai saperi. Ma la parola che ricorre con più frequenza, la parola magica di questi Stati Generali, è sciopero. Ne parlano i migranti, discutendo dell'appuntamento ormai fisso del primo di marzo. Ne parlano gli studenti e i ricercatori, facendo il punto sulle lotte dell'autunno passato. Ne parlano perfino i precari, ma a mezza voce, accarezzando l'idea, come qualcosa di proibito e pieno di promesse. E stamattina ne discuteranno anche, durante il workshop sulla precarietà operaia, con un ospite che di queste cose se ne intende, Giorgio Cremaschi. Uno sciopero precario: e chi l'avrebbe mai detto?

 

Diana Santini

16/01/2011

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