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« Sbarchi: la vera e dramm...Il rifinaziamento alle m... »

Sulle note di 'Giovinezza' si spediva la gente nei campi di concentramento, su quelle di 'Bella Ciao' si è liberato il Paese»

Post n°4375 pubblicato il 20 Febbraio 2011 da cile54

«Mentre sulle note di 'Giovinezza' si spediva la gente nei campi di concentramento, a morire ammazzata, su quelle di 'Bella Ciao' si è liberato il Paese». Parole molto dure quelle di Paolo Ferrero, il segretario nazionale di Rifondazione Comunista che, questa sera, da piazza Cassini, nel centro storico di Sanremo, ha cantato l'inno partigiano in segno di protesta contro l'esclusione dalla serata del Festival di Sanremo dedicata ai 150 anni dell'Unità. «È una vergogna - ha affermato Ferrero - che al Festival della Canzone Italiana, quando si è fatta una panoramica dei 150 anni di canzone, non si sia cantata anche 'Bella Ciaò, il simbolo della lotta partigiana e della lotta per la liberazione». Per Ferrero non si è trattato di un incidente di percorso, ma di un vero e proprio «tentativo che la destra sta facendo di riscrivere la storia del Paese e di cancellare la lotta partigiana». La colpa, sempre secondo Ferrero, è «di questo governo, erede del fascismo, dentro il quale si annida il razzismo».

(ANSA) - SANREMO (IMPERIA), 19 FEB

 

«Il revisionismo è nella fase supremo. Riscrive la storia d'Italia»

 

Il revisionismo dovrebbe essere una qualità virtuosa nel mestiere dello storico.Rivedere continuamente i risultati della ricerca storiografica sulla base delle fonti è la prerogativa principale di tutte le scienze. Ma in Italia il revisionismo storico ha poco a che fare con la storiografia, anzi nulla. La riscrittura della storia italiana cui assistiamo da vent'anni a questa parte assomiglia molto più a un'operazione ideologica. Per dirla in altro modo, l'uso (o meglio l'abuso) della storia all'interno del discorso pubblico è stato il registro utilizzato dalla politica per cambiare l'immagine che gli italiani hanno del loro passato. Parole, eventi e categorie che un tempo rivestivano nel senso comune un significato positivo sono state rovesciate nel loro contrario, in un'accezione negativa. La Resistenza da evento fondativo della Repubblica è diventata l'equivalente di una grande falsificazione politica, compiuta dai comunisti al solo scopo di legittimare il loro ruolo. La guerra di Liberazione è diventata nella vulgata dominante la lotta di una minoranza contro un'altra minoranza, entrambe estranee alla gran parte degli italiani. Di pari passo si è continuato poi col dire che il fascismo non era così male come si crede. Una dopo l'altra l'altra, le parole del passato sono state stravolte e quel che una volta costituiva motivo d'orgoglio è diventato oggetto di vergogna. Fino al punto che oggi risulterebbe intollerabile cantare Bella ciao sul palco dell'Ariston.

Proprio a Sanremo si svolge oggi un'iniziativa organizzata dalla Federazione della sinistra, dal titolo Bella ciao ve la cantiamo noi.... Parole e musica contro il revisionismo storico. L'appuntamento è alle 18 in piazza Cassini dove si terrà un dibattito tra due storici (Cesare Bermani e Angelo d'Orsi) e il segretario del Prc Paolo Ferrero (modera Silvio Zaghi). Segue il concerto del gruppo Il parto delle nuvole pesanti. Ad Angelo d'Orsi abbiamo chiesto di anticipare il tema dell'incontro.

 

Dobbiamo considerare questo revisionismo una corrente storiografica oppure non possiede nessun requisito scientifico?

E' un revisionismo di carta, fatto di parole, ma dietro di sé ha anche degli storici che stanno avallando questa operazione, quand'anche non in maniera sbracata. Galli della Loggia per esempio è uno storico, anche se da oltre vent'anni fa l'ideologo. Poi ci sono i vari opinionisti che storici non sono ma appartengono agli esponenti di questo revisionismo, come i Pigi Battista, i Vespa, i Pansa.

 

C'è una responsabilità degli storici quindi, o no?

Ci sono degli studiosi che hanno sostenuto con qualche prudenza questo tipo di riscrittura. Si sono lasciati coinvolgere o travolgere da quest'onda che non hanno saputo governare. Pensiamo a uno storico come Roberto Vivarelli che era considerato un campione dell'antifascismo, un salveminiano, una figura appartata che all'improvviso se ne esce fuori con un pamphlet nel quale rivendica con orgoglio la sua militanza e milizia armata nella Repubblica sociale di Salò. Queste cose vengono allo scoperto quando si percepisce un clima politico e culturale nuovo. A un certo punto si è cominciato a dire che bisognava liberarsi dall'egemonia della sinistra che aveva impedito di parlare e occupato tutti gli spazi all'interno delle università. E' una grande menzogna. De Felice, tanto per fare un esempio, è stato pubblicato dai due grandi editori di area di sinistra e antifascista, Einaudi e Laterza. Non mi pare inoltre che i grandi giornali in questo paese siano mai stati succubi del partito comunista. E' un revisionismo a carattere ideologico portato avanti da persone che non sono storici di professione. E anche la televisione ci si è buttata a capofitto.

 

Però, ironia della sorte, questo significa che è aumentata l'importanza della storia nel discorso pubblico. O no?

E' cresciuta la domanda di storia nella società, l'uso pubblico e l'uso politico, anche l'abuso politico della storia, con rimozioni e rovesciamenti a seconda dei casi, però è diminuita la presenza sociale dello storico. Qui a cantare le canzoni non sono gli storici ma persone che fanno altri mestieri, insignite tuttavia del titolo di storici, come Paolo Mieli. Il revisionismo è arrivato alla sua fase suprema, è diventato un'ideologia compiuta e ha il suo posto nel lessico politico. Prendiamo il caso delle foibe, gli stessi manuali che dieci anni fa parlavano di centinaia di morti, oggi parlano di migliaia di morti. Non è che oggi si sappia di più. Abbiamo a disposizione le stesse ricerche, compiute tra l'altro dagli Istituti storici della Resistenza. E' un falso che gli storici di sinistra non volessero parlarne. Oggi arriva il Pansa di turno, scrive un libro e immediatamente ha risonanza mediatica, grazie ai formidabili lanci di qualche grande editore. Il libro del povero studioso, invece, che ha passato trent'anni a guardarsi le carte, viene ignorato.

 

Il revisionismo predilige i talk show televisivi e i giornai anziché le aule universitarie o le riviste specializzate. Come si può contrastarlo efficacemente?

Vexata questio. Io stesso quando venni invitato a Porta a Porta rifiutai. Non potevo riconoscere la dignità di contraddittore a La Russa, personaggio abituato a urlare nelle tramissioni o, peggio, a tirar calci. Non si possono accettare dibattiti del genere, da solo contro cinque o sei scatenati. Non si può trasportare la scienza nel regno della doxa. La storia non è un campo di opinioni che si rincorrono come una pallina di ping-pong. La storia è una scienza, sia pure non esatta, che procede a partire dalle fonti, secondo tecniche e metodi precisi.

 

Il bersaglio preferito dal revisionismo è la Resistenza. L'impressione è che ora anche il Risorgimento sia entrato nel mirino. Capita sempre più spesso imbattersi in qualche riabilitazione della storia prerisorgimentale. Non è così?

Il revisionismo procede sistematicamente attraverso una serie di rovesciamenti progressivi. Il Risorgimento ora va di moda. Non sottovalutiamo le motivazioni commerciali. Se oggi vai da un editore e gli dici che vuoi fare un libro su Garibaldi per dimostrare che era un ladro di cavalli e uno stupratore di bambine, trovi porte aperte. La storiografia che tira sul piano commerciale è quella che rovescia, che converte il positivo in negativo, magari attaccandosi a qualche dettaglio o a qualche inedito. Infine, pesa anche l'influsso che ormai sul piano bancario, nelle amministrazioni pubbliche e nell'editoria esercita un partito come la Lega.

 

Tonino Bucci

19/02/2011

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