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Farnesina alla frutta, in Libia si muore e il governo tace'
La storia dell’Italia dal dopoguerra in poi, fino ad oggi insomma, non è certo stata semplice e lineare. E soprattutto non lo è stata la sua politica estera. Con un Paese proteso, fin dall’inizio, sia culturalmente che geograficamente verso il resto del Mediterraneo, verso un mondo arabo in subbuglio e in via di decolonizzazione; fortemente legato nello stesso tempo agli Stati Uniti, che contribuirono non poco alla sua liberazione dal nazifascismo insieme alla lotta partigiana e alla sua rinascita economica; e infine con il principale partito d’opposizione, il Pci, il cui punto di riferimento fu, si può ben dire fino all’ultimo, l’Urss, sia pure con una politica sempre più autonoma ed eterodossa che però non fu mai sufficiente a sdoganarlo appunto come possibile forza di governo alternativa alla Democrazia cristiana. Anzi, un suo arrivo al potere, anche tramite elezioni democratiche, sarebbe stato ostacolato con ogni mezzo, anche con quelli più sanguinosi, come la storia ci ha dimostrato ampiamente. Tuttavia tutte queste peculiarità non hanno impedito alla diplomazia italiana di trovare, nel corso di mezzo secolo, dei punti di convergenza con le richieste dell’opposizione: dall’attenzione filoaraba e filopalestinese di pezzi della Dc, a partire dallo stesso Giulio Andreotti, fino alla solidarietà che coinvolse tutte le forze del cosiddetto arco costituzionale nei confronti del Cile colpito dal golpe militare del ’73, e alla simpatia per la giovane rivoluzione sandinista in Nicaragua che, soprattutto in un primo momento, vide protagonisti anche settori del mondo cattolico e della Democrazia cristiana, che espresse, velatamente certo, comunque un dissenso nei confronti del grave embargo statunitense che colpì per anni la giovane repubblica centroamericana.
Tutta questa premessa per ricordare, sia pure sommariamente, quello che avveniva nelle stanze della diplomazia italiana dal 1945 fino ai primi anni ’90.
Il confronto con l’oggi a questo punto diventa immediato e le differenze colpiscono come un pugno negli occhi. Da settimane e mesi tutto il Nord Africa e pezzi del Medio Oriente sono in rivolta contro governi diversi ma uniti da un impronta autoritaria se non apertamente dittatoriale. Con alcuni di questi rais il nostro Presidente del Consiglio, durante questi diciassette di governo quasi ininterrotti, ha intrecciati legami molto stretti, che non si sono limitati ad accordi economici che sono stati stipulati nel passato anche da governi di segno politico diverso, come dimostra il caso Gheddafi. In Berlusconi è scattato invece un vero e proprio processo di identificazione inquietante che sta portando in queste ore drammatiche il ministro degli Esteri Frattini a tacere di fronte all’eccidio di centinaia di libici, unico caso all’interno di un’Unione Europea che ha protestato all’unanimità, e del resto non poteva fare diversamente. Insomma a questo la diplomazia italiana sarebbe arrivata. A tacere di fronte alla repressione feroce di regimi ormai sul viale del tramonto. A confronto, il Rubygate ma anche i reati societari che avrebbe commesso Berlusconi fino allo stesso conflitto di interesse impallidiscono. Fino a quando dovremo sopportare tutto questo?
Vittorio Bonanni 21/02/2011
LIBIA: FERRERO (PRC), BERLUSCONI DIFENDE GHEDDAFI PERCHÈ SONO UGUALI
«Il rifiuto del governo italiano di condannare il regime di Gheddafi è vergognoso. Berlusconi difende Gheddafi perchè sono uguali». Lo afferma il segretario del Prc Paolo Ferrero. «Da un lato -aggiunge- fanno affari insieme e Berlusconi ha tutto da guadagnare al fatto che Gheddafi resti in sella. Dall'altra, evidentemente, il regime di Gheddafi rappresenta un modello per il regime che Berlusconi vuole instaurare in Italia, dove tutti i poteri siano sottomessi all'intoccabile raiss». «Si mostra fino in fondo in questa vicenda l'idea di libertà che ha Berlusconi, il suo partito, il Popolo della libertà, e la Lega Nord che straparla in continuazione di libertà dei popoli: la libertà di farsi gli affari propri -conclude Ferrero- sulle spalle e alle spalle del popolo. Come Gheddafi».
Roma, 21 feb. - (Adnkronos)
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Giorgiana Masi
Roma, 12 maggio 1977
omicidio di Stato
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