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Messaggi di Agosto 2014
Post n°9023 pubblicato il 31 Agosto 2014 da cile54
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Post n°9022 pubblicato il 31 Agosto 2014 da cile54
Job Act, il Parlamento fuori gioco Le uscite estive dell’onorevole Alfano e del Presidente della Bce, Mario Draghi, hanno comportato una accelerazione improvvisa del procedimento di approvazione del Jobs Act, che si traduce in un attacco di gravità senza precedenti contro i residui diritti dei lavoratori, non solo per i contenuti, ma anche per il metodo che rappresenta una vera e propria negazione della democrazia parlamentare. E’ facile spiegare le ragioni di questo drastico giudizio: ciò che i media chiamano seconda parte del Jobs Act è, tecnicamente, un progetto di legge-delega (il n. 1428 del 14/04/2014 ) composto in tutto di sei articoli. Il più importante è l’art. 4 il quale affida al Governo una “delega in bianco” per riscrivere, in sostanza, l’intero diritto del lavoro, senza che i parlamentari, una volta approvata la delega sotto il solito ricatto del voto di fiducia, possano più dire una parola o esprimere un voto sul merito della nuova regolamentazione. L’esautorazione del Parlamento sta diventando un vero costume autocratico dell’era Renzi. Sarà infatti solo il Governo, con i suoi “esperti” (tutti notoriamente di parte data datoriale) a scrivere i conseguenti decreti delegati che i parlamentari conosceranno solo a cose fatte. E’ un programma quanto mai preoccupante per la nostra democrazia, ma riteniamo anche incostituzionale e proprio sulla incostituzionalità di siffatti decreti, derivanti da una delega in bianco, ci si deve soffermare prima ancora di qualche considerazione sui loro probabili contenuti. Ricordiamo che l’art.76 della Costituzione prevede che il Parlamento possa delegare il Governo ad emanare atti aventi forza di legge ordinaria (decreti legislativi), ma sulla base e con l’osservanza di “principi e criteri direttivi” fissati nella stessa legge-delega. Normalmente si tratta di criteri piuttosto stringenti, proprio perché poi il Parlamento perde il controllo del processo legislativo, non per nulla anche la legge-delega n. 30/2001– meglio nota come legge Biagi– conteneva criteri direttivi molto dettagliati. Il progetto di legge-delega n.1428, invece, nel suo vero cuore, mirante al completo rifacimento del diritto del lavoro, che è l’art 4 lett. b, così configura la delega al Governo: «Redazione di un testo organico di disciplina delle tipologie contrattuali dei rapporti di lavoro semplificato, secondo quanto indicato nella lett.a», (ossia previa ricognizione e valutazione delle tipologie esistente). Si vede bene che l’espressione «testo organico di disciplina dei rapporti» comprende tutto il diritto del lavoro dalla A alla Z, ovvero dalle assunzioni al licenziamento. Si vede, altrettanto bene, che quella espressione designa, in termini quanto mai generali, l’oggetto della delega, ma non costituisce un insieme di criteri direttivi che, appunto, indichino in quale direzione le nuove regole si debbano sviluppare. Se ad es. in quella della conservazione della reintegra nel posto di lavoro, in caso di licenziamenti ingiustificati, o, invece, in quella di eliminarla o modificarla e lo stesso dicasi per il divieto di demansionamento e così per tanti altri istituti che compongono il diritto del lavoro. Sarebbe come se il Parlamento delegasse il Governo a regolare nuovamente le imposte dirette senza specificare ad es. se l’Iva vada mantenuta, diminuita o aumentata e su quali generi e similmente per le imposte di registro e di fabbricazione. In verità in una legge-delega l’indicazione dell’oggetto non può mai mancare, ma se sta da sola come unica espressione di volontà del legislatore delegante, comporta che l ‘unico criterio direttivo per la normazione su quell’oggetto sarebbe il libero apprezzamento del Governo. Proprio un simile assetto è stato però dichiarato incostituzionale dalla sentenza della Corte Costituzionale 8/10/2007 n.340 secondo cui «il libero apprezzamento del legislatore delegato non può mai assurgere a principio o criterio direttivo, in quanto agli antipodi di una legislazione vincolata, quale è, per definizione, la legislazione su delega». Per conseguenza l’incostituzionalità, per contrarietà all’art. 76 Cost., della legge-delega prevista dal Jobs Act si estenderebbe anche ai successivi decreti attuativi che potrebbero sistematicamente essere contestati e annullati. Quanto infine ai possibili contenuti di quei decreti è difficile fare previsioni proprio perché è il progetto di legge-delega è in bianco, ma per chi è “del mestiere”, il riferimento contenuto nell’art. 4 lett b ad un testo unico “semplificato” costituisce un segnale inequivocabile. I decreti legislativi dovrebbero recepire, più o meno, la proposta di un codice del lavoro notoriamente etichettato come “semplificato”, che è stato redatto in varie versioni da un noto giuslavorista e avvocato datoriale, al momento parlamentare di Scelta Civica, dopo esserlo stato del Pd. Si tratta di un testo, che, a nostro giudizio, al di là di molte belle e vane parole contiene il peggio del peggio quanto a distruzione dei capisaldi di tutela dei lavoratori. Solo per fare alcuni es. l’abolizione, in primo luogo dell’art.18 dello Statuto, ma anche dell’art.13 con l’ammissione di patti di demansionamento e di trasferimenti di sede sotto minaccia di licenziamento; previsione di appalti di mera mano d’opera, ulteriore allargamento della precarietà e così via. La domanda angosciosa è allora cosa stiano facendo, alla vigilia, di un simile disastro, le organizzazioni sindacali, il movimento 5 Stelle, la sinistra politica, compresa quella, se ancora esiste, del Partito democratico. Basterebbe poco, a nostro avviso, per fermare sul nascere la frana, basterebbe dire di no, ma in modo fermo e a voce ben alta, alla legge delega in bianco e rivendicare l’effettiva centralità del Parlamento e una discussione parlamentare di assoluta trasparenza su tematiche tanto vitali. Piergiorgio Alleva 28/8/2014 www.ilmanifesto.it |
Post n°9021 pubblicato il 30 Agosto 2014 da cile54
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Post n°9020 pubblicato il 30 Agosto 2014 da cile54
Crisi, bene che vada siamo rovinati. Dai dati Istat debacle totale. Prc: "Renzi da rottamare Alla luce dei numeri presentati dall'Istat in questi giorni, delle tendenze del mercato del lavoro che "appaiono al piu' stagnanti" e delle crisi politiche internazionali che potrebbero porre "un freno all'export" appare "evidente che emergono rischi di un terzo anno con Pil negativo". Quello del capo-economista di Nomisma, Sergio De Nardis,è solo uno dei tanti commenti negativi sulla situazione economica del Bel Paese. Stasera sentiremo cosa ha da dire palazzo Chigi. Si riunisce l'esecutivo per mettere in piazza il solito maquillage nel tentativo di vendere fumo mentre il Paese affonda. L'Italia e' in recessione e, per la prima volta dal 1959, anche in deflazione. Mentre continua a salire la disoccupazione, a luglio con un balzo al 12,6%, 0,3% in piu' di giugno e 0,5% in piu' rispetto a luglio dell'anno scorso. I disoccupati italiani sono 3 milioni e 220 mila, in aumento di 69 mila unita' da giugno a luglio e 143 mila in piu' rispetto allo stesso mese dell'anno scorso. Gli occupati calano al ritmo di oltre 1.000 al giorno: in totale, informa l'Istat, gli italiani che hanno un lavoro sono 22 milioni 360 mila, 35 mila in meno rispetto a giugno. In lieve calo invece la disoccupazione giovanile: i disoccupati tra i 15 e i 24 anni, informa l'Istat, sono 705 mila a luglio. Il dato sull'occupazione non e' il solo ad essere negativo: a luglio frena ulteriormente l'andamento dei prezzi e si conferma il Pil negativo nel secondo trimestre. Sul fronte crescita, cosi' come previsto ai primi di agosto, l'Istat conferma infatti che l'Italia e' in recessione: dopo il -0,1% segnato nei tra gennaio e marzo infatti, il Pil del secondo trimestre e' negativo dello 0,2%. Paolo Ferrero, segretario del Prc commenta: "Per dirla alla Renzi, c'è proprio da stare sereni...L'Italia, come sostengo da mesi, è in deflazione, oggi sappiamo anche di essere tornati in recessione: peggio di cosi è impossibile e questo risultato è dovuto interamente alle politiche governative. Da rottamare é il governo Renzi che con la propaganda copre le politiche di sempre, quelle che ci hanno portato alla recessione e alla deflazione. Occorre rovesciare le politiche di Renzi con una patrimoniale sulle grandi ricchezze, un intervento pubblico che dia luogo ad un piano per il lavoro con un milione di assunzioni immediate e quindi bisogna smetterla di applicare le politiche europee a partire dall'immediata disdetta del Fiscal Compact". "La batteria di indicatori congiunturali diffusa negli ultimi giorni – osserva De Nardis - conferma lo stato di debolezza del ciclo italiano: i dati di contabilita' nazionale del secondo trimestre mostrano che sono il calo degli investimenti e della domanda estera netta, pur con esportazioni positive, a tirare giu' l'attivita' economica". Quanto ai consumi, puntualizza De Nardis, questi "sono cresciuti seppure di poco, prolungando il trend marginalmente positivo avviatosi a inizio anno: con questi risultati, perche' la variazione del Pil nella media del 2014 non sia col segno meno occorre che la dinamica economica viaggi a ritmi trimestrali almeno dello 0,3% nella seconda meta' dell'anno. E' ipotizzabile? - si chiede l'economista -: i segnali per il terzo trimestre sulla fiducia di consumatori e imprese sono purtroppo in ripiegamento". Inoltre, dice il capo economista dell'istituto bolognese, "anche lo sconfinamento in territorio deflazione della dinamica dei prezzi (-0,2% ad agosto secondo l'indice armonizzato) va nel senso di deprimere, anziche' sostenere, la domanda aggregata. Le tendenze del mercato del lavoro, che si muovono con ritardo rispetto all'attivita' economica - aggiunge - appaiono al piu' stagnanti e sul fronte estero le crisi politiche internazionali pongono un freno all'export, ovvero all'unico motore in grado di fornire un po' di propulsione all'economia. Tenuto conto di tutti questi elementi, e' evidente che emergono rischi di un terzo anno con Pil negativo". Fabio Sebastiani 29/8/2014 www.controlacrisi.org |
Post n°9019 pubblicato il 22 Agosto 2014 da cile54
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L'informazione dipendente, dai fatti
Nel Paese della bugia la verità è una malattia
(Gianni Rodari)
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Giorgiana Masi
Roma, 12 maggio 1977
omicidio di Stato
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