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Messaggi del 01/11/2010

Giochi di società, privata ovviamente. Al tavolo: Comunione e Liberazione, Compagnia delle Opere, imprenditori e politica

Post n°3973 pubblicato il 01 Novembre 2010 da cile54
Foto di cile54

LA CHIUSURA DELL’OSPEDALE ROBBIANI DI SORESINA: UN DELITTO PERFETTO

L'assedio, la spoliazione a brano a brano, a colpi di delibere, la chiusura di reparti, del personale, il trasferimento di medici senza sostituirli, fino all'ultimo primario, agli infermieri, persino al cuoco e ai portantini, la sottrazione dei mobili, con una firma, una decisione improvvisa presa dalla sede dell'azienda ospedaliera di Crema, le mille chiusure parziali dell'ospedale Robbiani Santa Croce di Soresina (Cremona) senza il colpo di grazia della chiusura definitiva, sono il solito ventennio.

Un'agonia straziante sotto gli occhi spauriti dei cittadini, proprio nell'era dell'aumento progressivo dell'età media e di un intenso afflusso di immigrati, quando Soresina, fra Crema e Cremona, fra Pizzighettone e Soncino, al centro di un bacino d'utenza di almeno 30mila persone, aveva ed ha sempre maggior bisogno di servizi efficienti. La popolazione è aumentata da poco più di 8.500 abitanti (fine anni '90) a oltre 10mila negli ultimi tempi, mentre le strade per Cremona e Crema, Pizzighettone e Soncino, i quindi i trasporti sanitari, nel cuore pulsante della campagna lombarda, proprio nell'area fra Pavia, Cremona, Brescia, Lodi, Mantova, che produce circa un decimo dell'intero latte italiano, non sono affatto migliorati. Qui giungono gli immigrati alla ricerca di lavoro, dove il tasso di disoccupazione era al 4% negli anni '90, battendo in percentuale, nella ricca Lombardia, per quanto astratti siano i calcoli matematici, persino gli Stati Uniti dei baby-boomer e della Silicon Valley.

Proprio in una terra simile non è stato possibile difendere un ospedale, dove proliferano le banche (da 274 a 318 sportelli bancari in provincia fra 2006 e 2009 per la Camera di Commercio, sei banche a Soresina, e più di 20mila imprese in provincia), dove il risparmio familiare è una potenza economica che ha retto alla crisi internazionale, consentendo persino il parassitismo del governo e un aumento della pressione fiscale, tramite gli enti locali.

La politica è riuscita a far morire un ospedale per acuti nella ricca Lombardia del Sud, creato dai benefattori e dai donatori soresinesi un secolo fa, da ricchi proprietari ma anche da donatori di minor rilievo economico. Una scelta che lasciò il segno durante la prima guerra mondiale, offrendo una struttura sanitaria diventata il punto di forza della quarta zona della provincia di Cremona, l'ex comprensorio 26, arricchitasi via via di reparti e servizi: medicina, chirurgia, radiologia, ostetricia e ginecologia, radiografia... Ma anche pneumologia, pronto soccorso (il reparto più importante, al centro di un reticolo di strade strette ostaggio delle nebbie e dei ghiacci invernali), oltre a laboratorio di analisi, terapia fisica, prelievo del sangue, gastroscopia, emodialisi (8 posti letto), centro diabetico. Anche Pediatria era pronta per essere attivata, a reparto completo, con primario nominato e attrezzature appena acquistate, abortita sul nascere a causa del solito incomprensibile provvedimento amministrativo. C'erano 120 posti letto (170 quelli previsti in tempi andati), tutti gli ambulatori, 70 dipendenti sanitari e parasanitari, 7 amministrativi e altro personale (come i custodi).

La politica è riuscita a non dare risposte credibili, se è vero che un sondaggio del Pd riporta che la larga maggioranza dei soresinesi non ha apprezzato per nulla il gioco di prestigio degno del grande Houdini, ma anche dei manager sanitari cremonesi e cremaschi. Il Robbiani sorge nel centro della cittadina: dell'ospedale di un tempo, dove il Pronto soccorso è diventato punto di primo soccorso e poi è stato azzerato, resta un reparto, lungodegenza, anche se a Soresina guarda l'intero circondario che domanda servizi di prima necessità. Ora sorge un nuovo ospedale, anzi un poliambulatorio che viene situato tra i camion e il via vai dell'area industriale, fra un prefabbricato e l'altro, nella tristezza dei non luoghi che affollano il territorio senza più privo d'identità dei poli di servizi del capitalismo vecchio, malandato ma speculativo capace di operazioni astratte, vantaggiose, ma lontane dalla comprensione dei cittadini. L'ospedale se ne va nell'area industriale che da qualche anno ha accresciuto il traffico di Soresina senza portare i posti di lavoro promessi, aumentando tuttavia il precariato.

Lo sviluppo economico non è certo mancato: manca l'ospedale. I preparativi per il delitto perfetto del Robbiani  risalgono alla riforma sanitaria formigonian-borsaniana, che consentiva l'aziendalizzazione della sanità (quando l'efficienza richiesta dai cittadini è in perdita economica come i Pronto soccorso), un controsenso nello stato sociale straziato pezzo per pezzo, una riforma che ha dato il via alla corsa verso gli accreditamenti delle nuove strutture sanitarie e al boom della spesa del settore in regime di concorrenza fra pubblico e privato. Cremona dispone di ben tre case di cura religiose e all'Ospedale Maggiore (pubblico), oltre al poliambulatorio ospedaliero di via Dante, a Crema vive un'altra azienda ospedaliera, con un presidio a Rivolta d'Adda. Casalmaggiore dispone di un ospedale. 350mila abitanti in provincia e un sistema di servizi frantumato. Il Robbiani, vaso di coccio, è stato sacrificato e ghigliottinato sull'altare della mega-riforma formigoniana. Il presidio ospedaliero soresinese si trovava sotto la giurisdizione dell'azienda ospedaliera di Cremona e veniva afferito alla giurisdizione di Crema con un gioco di prestigio negli anni '90: un'intesa fra Cremona e Crema, un piccolo calcolo a Milano e il Robbiani non c'è più: croce sopra per sempre, ma i cambiamenti richiedono tempo per essere accettati. Serve anche qualche autogol.

Il centrodestra soresinese, allora all'opposizione, gioiva della delibera di giunta regionale dell'estate '98 che assegnava alla ristrutturazione del Robbiani 12 miliardi e 78 milioni di lire, per finanziare il piano Conz, che prendeva nome dal fu direttore generale dell'azienda cremasca. Ma il piano Conz è diventato carta straccia. Irrompono i nuovi, anzi vecchi poteri. Si parla di un'arrembante Comunione e Liberazione che in dieci anni dal quasi nulla arriva a movimentare oltre 300 persone a Cremona, fino all'approdo cremasco di una sede della Compagnia delle Opere e alle nuove alleanze della nuova arrivata con le associazioni imprenditoriali del territorio. I soresinesi guardano. Vedono l'ospedale indebolirsi. Ora i muri perimetrali della nuova struttura, che trova ospitalità kafkianamente nella zona industriale (è un'azienda, il poliambulatorio, no? E la zonizzazione acustica? Vale forse per un po' di day hospital se si farà?). Gli anziani si muoveranno, si sposteranno.

L'Asl spiega, l'ospedale cremasco esegue, ciellini & C. esultano. Il centrodestra soresinese esulta ancora, 12 anni dopo, malgrado lo smacco della decapitazione del Robbiani, della ghigliottina pronta per il gioiello locale della sanità. Il centrodestra si spacca, parte della Lega va all'opposizione. "La gente è con noi": Luigi Ablondi, guru della sanità cremonese proclama le proprie ragioni. La sua vittoria è incontrastata, il centrodestra ha ottenuto ciò che voleva (ma che cosa voleva? Nel '98 salvare il Robbiani col piano Conz, ora costruire un poliambulatorio che non è un ospedale). La politica è diventata una scienza poco comprensibile. Dopo cent'anni il dono dei benefattori non c'è più, si è trasformato e arrivano da Cremona e Crema diligenti manager sanitari che spiegano d'aver tutte le ragioni. La legge è tutta dalla loro parte, il Robbiani no. Ora bisognerà costruire entro fine anno i muri perimetrali del nuovo servizio sanitario che sta germogliando nell'area industriale, se no si perderanno fior di finanziamenti. Poi l'ultima asta. Chi comprerà il vecchio ospedale di via Amilcare Robbiani? Per farne che cosa? Qualcuno prova un senso di colpa? C'è chi non riesce a dormire la notte per l'assassinio del secolare ospedale di Soresina, nato quando nessuno si sarebbe mai sognato che Formigoni e Borsani concepissero una riforma simile?

Paolo Zignani

per la redazione

 
 
 

Medici litigiosi, medici umbriachi, medici malati di prestazioni (DRG), medici obiettori. Medici col virus del razzismo: un caso

Post n°3972 pubblicato il 01 Novembre 2010 da cile54
Foto di cile54

A Pavia: un medico insulta un suo collega di colore Negro di m…”

Non solo tra le tribune dello stadio, gli insulti razzisti invadono la vita quotidiana e persino le corsie degli ospedali. Almeno così sembra nella provincia di Pavia, dove un medico di origine africana ha segnalato un collega al proprio Ordine perché lo avrebbe definito “negro di merda”.

Una brutta giornata al lavoro per il dottor Paulin Francis Lawson, specialista gastroenterologo originario del Benin. Nel richiedere la collaborazione di un altro medico in turno di reperibilità, mentre era in servizio al Pronto soccorso dell’ospedale Asilo Vittoria di Mortara (Pavia) quando la conversazione telefonica stava per essere interrotta, il collega avrebbe commentato con l’espressione “negro di merda”. Evidentemente credendo di non essere sentito.

Lawson, cittadino italiano attualmente in servizio alla casa di cura Beato Matteo di Vigevano e all’ospedale Asilo Vittoria, dal 1988 è in Italia, dove ha completato il corso di studi prendendo la specializzazione. Offeso e amareggiato ha denunciato l’episodio all’Ordine dei medici di Pavia e alla stessa direzione sanitaria. Non è la prima volta che gli capitano episodi del genere da quando vive in Italia: “Mi è successo – ha commentato – persino in un convegno internazionale e ti senti diverso, a disagio. Ma io sono italiano, vivo in Italia e pago le tasse. Ho figli che sono nati in questo Paese e curo per la maggior parte italiani”.

Dall’azienda ospedaliera fanno sapere, non senza imbarazzo, che sono in corso accertamenti (il fatto risale a lunedì 11 ottobre). L’episodio sotto esame da parte dell’Ordine dei Medici potrebbe portare ad un provvedimento disciplinare. Il titolo IV del Codice deontologico professionale che disciplina i rapporti con i colleghi invita al rispetto reciproco e testualmente ricorda che “il rapporto tra medici deve ispirarsi ai principi di corretta solidarietà, di reciproco rispetto e di considerazione della attività professionale di ognuno”. Anche in merito all’eventuale contrasto di opinione, si legge, “esso non deve violare i principi di un collegiale comportamento e di un civile dibattito”.

Per Lawson non siamo di fronte a un clima diffuso di intolleranza: “Non ho aggredito nessuno – ha concluso – mi è capitato di subire questi insulti in modo gratuito e dover subire episodi di intolleranza. Oramai bisognerebbe che tutti si rendessero conto che l’Italia è un Paese multietnico e che quando invece rimarchiamo differenze in base al colore della pelle ci poniamo in immediato ritardo con il resto del Mondo”. Intanto è intervenuto anche il sindaco di Mortara, Roberto Rebecchi, scusandosi con il dottor Lawson a nome della città.

31 ottobre 201

fonte: www.blitzquotidiano.it

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NOTA DELLA REDAZIONE

Sono 2.188 i medici ed odontoiatri stranieri che esercitano in Italia

 

Un dato in aumento ma ancora lontano dalla media Ocse del 20%.

Sono 2.188 i medici e gli odontoiatri stranieri che esercitano la professione in Italia dopo aver preso una laurea all’estero ed essersi iscritti all’Ordine. A riferirlo è la Fnomceo – federazione degli ordini dei medici – a margine della diffusione della ricerca dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) sulle migrazioni del personale sanitario nel mondo.

Secondo la Fnomceo vi sono in Italia 1469 i medici e 749 gli odontoiatri stranieri che operano iscritti agli ordini medici. La maggior parte di loro proviene da altri Paesi europei. Per quanto riguarda i medici infatti, una buona fetta arriva dalla Germania (311), dalla Francia (120), dalla Romania (130), dalla Spagna (98) e dall’Austria (84), mentre fuori dai confini Ue ci sono folte rappresentanze di Egitto (48) e Argentina (68). Molti odontoiatri arrivano invece da Germania (179), Francia (58), Olanda (89), Romania (63), Siria (47) e Svezia (22).

Uno spaccato quello italiano che si discosta molto dal panorama internazionale che, secondo l’Oms, vede crescere le migrazioni dei medici dai Paesi a basso reddito verso quelli più sviluppati. Nei Paesi Ocse sono circa il 20% il totale dei medici immigrati con un aumento del 5% negli ultimi 30 anni.

 
 
 

Adesso Bertolaso sarà ancora più convinto che una eventuale eruzione del Vesuvio non sarebbe una gran disgrazia?

Post n°3971 pubblicato il 01 Novembre 2010 da cile54

RIFIUTI. Hanno vinto le mamme vulcaniche

Le mamme vulcaniche hanno vinto: Berlusconi, Bertolaso e la loro corte dei miracoli hanno perso. Ha vinto la lotta dura. Cortei e manifestazioni a ripetizione non avevano ottenuto niente; quando sono bruciati i compattatori, Terzigno è balzata al centro dell'attenzione. Un brutto precedente per il Governo; una indicazione ineludibile per chi ha delle rivendicazioni da portare avanti.

Ora, oltre alla discarica Cava Vitiello, non si farà neppure quella di Serre: due siti su cui il governo Berlusconi si era impegnato addirittura con una legge (unico caso al mondo in cui i siti delle discariche vengono nominativamente indicati per legge). Per questo bisognerà tornare in Parlamento, abrogare la L. 213 (recepimento del DL. 90), o una parte di essa, e farne una nuova. Speriamo che questa volta la cosiddetta opposizione non dia carta bianca al governo come ha fatto nel 2008. CONTINUA|PAGINA6 Ma dove porterà Berlusconi i rifiuti che non deve più sversare a Terzigno e a Serre? Poiché le discariche di Ariano Iripino e Savignano (aperte illegalmente da De Gennaro con Prodi), quella Chiaiano (aperta illegalmente da Bertolaso) e quella di Ferrandelle (già esistente, ma inutilizzata all'epoca dell'emergenza del 2008: serviva ad acutizzare la tensione per far vincere Berlusconi; infatti è in terra di camorra) sono quasi piene, bisognerebbe aprire quella del Piano del Formicoso (prevista anch'essa dalla L. 213), ancora da costruire, ma molto capiente; contro cui a suo tempo c'è già stata una mobilitazione popolare, con i sindaci e Vinicio Capossela, tanto da costringere Berlusconi a promettere (come ha cercato di fare anche a Terzigno): «Resta nella lista, ma sarà l'ultima!» Adesso torna a essere la prima.

Perché, al di fuori delle discariche, in venti mesi di poteri straordinari Bertolaso non ha fatto niente; e quello che aveva programmato è demenziale. Che cosa prescrive la L. 213/08? Politiche di riduzione: zero. Raccolta differenziata: al 50% entro il 2010 (il tempo scade!). Ma chi doveva farla? I Comuni. Con che cosa? Con fondi del commissario che non sono mai arrivati (tranne ad alcuni Comuni, che li hanno spesi bene: vedi Salerno, passato dal 7 al 70% in un anno). Ma poi, una volta che il Commissario avesse levato le tende, la palla passava alle Province, che in base alla legge regionale 40 e successive modifiche (in vigore dal marzo 2008) avrebbero dovuto gestire tutto il ciclo dei rifiuti, compreso il rilevamento del personale dei consorzi, addetti - dal 1998 - alla raccolta differenziata. In venti mesi un commissario avrebbe dovuto mettere le Province in grado di farla, la raccolta differenziata: fondi, organizzazione, impianti, personale selezionato in modo da assegnare alla gestione dei rifiuti solo quello adatto per condizioni psicofisiche ed età, destinando ad altre attività - da concordare con la Regione - gli esuberi. Invece, niente. Bertolaso se ne è andato - per poi tornare, con la sua felpa dai bordini tricolore, quattro giorni fa - lasciando dietro di sé il deserto. In compenso Maroni ha commissariato uno dei pochi (in realtà, molti) sindaci che la raccolta differenziata la facevano sul serio, perché si è rifiutato di trasferire le sue competenze a un consorzio assolutamente inefficiente.

Andiamo avanti: trattamento dei rifiuti raccolti. La legge 213 non prevede impianti di compostaggio pubblico: di quelli che già c'erano, uno, quasi pronto (S. Tammaro), era stato usato dal precedente commissario come «deposito temporaneo di rifiuti» e riempito di ecoballe che sono tutt'ora lì; gli altri due non erano mai stati collaudati e ancora oggi non sono in funzione (i comuni virtuosi nella raccolta differenziata dell'organico pagano 200 euro a tonnellata per spedire la frazione in Veneto o in Sicilia). La legge poi prevede la chiusura dei sette impianti ex CDR che dovrebbero dividere la frazione indifferenziata residua (al massimo il 50%, secondo la legge) in secco e umido, stabilizzare quest'ultimo per portarlo in discarica senza produrre odori e infestazioni di ratti, insetti e gabbiani; e avviare a «termovalolorizzazione» (cioè incenerimento) il resto: non più, quindi, di metà della metà dei rifiuti prodotti ogni giorno in Campania (che sono 7.500 tonnellate). Per legge, gli ex CDR (nuovi e costruiti con fondi Ue) avrebbero dovuto essere venduti come rottame, o trasformati in impianti di compostaggio, se un privato, dopo averli liberati dai rifiuti organici non trattati accumulati per anni sulle linee di stabilizzazione (nei cui miasmi erano costretti a lavorare gli addetti), se ne fosse assunto il rischio. Quindi?

Quindi l'intera produzione di rifiuti era destinata all'incenerimento senza selezione o pretrattamento. Per questo la legge 123 prevedeva la costruzione in Campania di ben quattro inceneritori (poi diventati cinque, quando Berlusconi si è reso conto che in un inceneritore «normale» le ecoballe non avrebbero mai potuto venir bruciate): con una capacità di incenerimento superiore a tutta la produzione di rifiuti della regione. L'incenerimento sarebbe stato finanziato dagli incentivi CIP6: quegli incentivi, già prorogati in violazione della normativa europea per l'inceneritore di Acerra (e per questo Impregilo, l'impresa costruttrice, aveva dato le sue ecoballe in pegno, come se fossero barili di petrolio, alle banche; che ora si aspettano il guadagno promesso); gli stessi incentivi che il Pd aveva poi proposto di estendere a tutti gli impianti campani (proposta subito accolta da Berlusconi).

Ma poiché gli inceneritori erano - e sono - ancora da costruire e quello di Acerra non era - e non è ancora - a norma, nel frattempo i rifiuti dovevano per forza andare in discarica; ovviamente indifferenziati, dato che gli impianti di trattamento dovevano essere chiusi. Quando si è finalmente accorto che il ferrovecchio di Acerra non avrebbe mai potuto smaltire i rifiuti giornalieri e i milioni di eco balle che gli erano destinati, Bertolaso, cambiando rotta senza cambiare la legge, ha ribattezzato «Stir» i Cdr, trasformandoli in tritattutto per sminuzzare - senza separazione - i rifiuti indifferenziati prima di mandarli in discarica o ad Acerra: «Merdaccia» chiamava questo materiale Marta Di Gennaro, la collaboratrice di Bertolaso, che li spacciava per rifiuti «stabilizzati» e che per questo era stata prima arrestata e poi salvata dalla Procura di Roma. È proprio il materiale contro cui sono insorti gli abitanti del Parco del Vesuvio.

Allora, siccome tutto sarebbe finito in discariche, la L. 213 ne prevedeva ben 11 (poi diventate 12), di cui: quattro in aree protette (cosa vietata da una precedente legge mai abrogata); due già costruite da De Gennaro, in aree geologicamente a rischio (infatti franano) e uno in area di camorra (famiglia Schiavone), dove avrebbe dovuto sorgere anche il quarto inceneritore. E poiché i rifiuti indifferenziati generano percolato (non «pergolato» come ha detto Berlusconi, che lo ha confuso con il compost), e la camorra ci infila dentro tutte le schifezze che vuole, la legge 213 prevede anche che il percolato possa essere trattato in impianti di depurazione degli scarichi civili (cosa vietata e pericolosissima) e che discariche e inceneritori potessero accogliere anche rifiuti tossici industriali: cosa che è effettivamente avvenuta. Insomma, la gestione Berlusconi-Bertolaso dell'emergenza rifiuti ha moltiplicato il disastro campano, lasciando poi la patata bollente alle Province, ormai governate in gran parte dai satrapi del «premier». E adesso, poveruomo, dove li metterà i rifiuti, per perpetrare il suo «miracolo»?

Poveri campani; altro che poveruomo! Adesso, in attesa degli inceneritori - che, parola di Berlusconi, verranno costruiti in 18 mesi, anche se non sono stati nemmeno progettati in 30 - i rifiuti non trattati e puzzolenti verranno sparpagliati in discariche esaurite - ma in cui si può sempre cercare di stipare qualcosa in più - o illegali (leggi Camorra); a partire da quella di Giugliano, adiacente al più grande deposito di ecoballe di tutta la Galassia. E Bertolaso, che è riuscito a farsi organizzare da Santoro un Anno Zero senza contraddittorio, riprenderà a devastare la Campania; come ha fatto alla Maddalena, all'Aquila, a Giampillieri e in mille altri posti. Fino a che altre mamme vulcaniche, o di pianura, non lo fermeranno: una volta per tutte.

Guido Viale

31/10/2010

www.ilmanifesto.it

 
 
 

Il 4 dicembre giornata di mobilitazione mondiale, in Italia manifestazioni ovunque per il voto ail referendum nel 2011

Post n°3970 pubblicato il 01 Novembre 2010 da cile54
Foto di cile54

PER L'ACQUA PUBBLICA MORATORIA SUBITO

Oltre un milione e quattrocentomila donne e uomini di questo Paese hanno firmato i tre quesiti referendari per la ripubblicizzazione dell’acqua, promossi dal Forum Italiano dei Movimenti per l’acqua e da una grandissima coalizione sociale raccolta nel Comitato Promotore.

Hanno posto la loro firma per una battaglia di civiltà, per la tutela e l’accesso universale ad un bene comune,contro ogni forma di privatizzazione e di consegna al mercato di un bene essenziale alla vita.

Con la loro firma, quelle donne e quegli uomini hanno posto un’imprescindibile questione di democrazia: sulla gestione di un bene fondamentale per la vita : questa importante decisione non può essere delegata ad alcuno, ma deve appartenere a tutti attraverso il referendum.

Per questo, per non tradire la fiducia e le aspettative della popolazione, chiediamo la MORATORIA:

un provvedimento di legge immediato che posticipi le scadenze previste dalla “ legge Ronchi”e per la soppressione degli ATO.

La battaglia per l’acqua, per la sua riappropriazione sociale , per la sua gestione pubblica e partecipata, è di per se un valore che si inserisce in un orizzonte più vasto: quella della tutela dei diritti e dei beni comuni , della “ Madre Terra “ nostra casa comune !

Dal 29 novembre al 10 dicembre 2010 si riunirà a Cancun la 16° COP, dove nell’ambito dell’Onu, i Governi discuteranno su una delle grandi emergenze che il pianeta si trova ad affrontare: quella dei cambiamenti climatici di cui già oggi oltre 600 milioni di esseri umani, soprattutto nel Sud ma sempre più spesso anche nel Nord del mondo, subiscono le conseguenze negative dei disastri ambientali.

Un anno fa a Copenaghen, i governi dei paesi industrializzati decretarono il fallimento del COP 15 per i loro interessi speculativi e di profitto. In quella occasione, a Copenhagen e in tutto il mondo, ci furono grandi manifestazioni per dire “responsabile è il sistema, non il clima”, perché è l’insostenibile modello di sviluppo che domina il mondo a distruggere non solo il presente ma anche le speranze di futuro.

Per questo a Cancun, come nel mondo e in Italia, i movimenti sociali manifesteranno per dire a chiare lettere che se il clima fosse stato una banca sarebbe già stato salvato e che il cambiamento climatico si combatte con la giustizia sociale e ambientale.

Forum italiano dei Movimenti per l'Acqua

 
 
 
 

L'informazione dipendente, dai fatti

Nel Paese della bugia la verità è una malattia

(Gianni Rodari)

 

SI IUS SOLI

 

 

www.controlacrisi.org

notizie, conflitti, lotte......in tempo reale

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www.osservatoriorepressione.info

 

 

G8 GENOVA 2011/ UN LIBRO ILLUSTRATO, MAURO BIANI

Diaz. La vignetta è nel mio libro “Chi semina racconta, sussidiario di resistenza sociale“.

Più di 240 pagine e 250 vignette e illustrazioni/storie per raccontare (dal 2005 al 2012) com’è che siamo finiti così.

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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

omicidio di Stato

DARE CORPO ALLE ICONE

 
 
 
 

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