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Messaggi del 06/11/2010

Lettera aperta di un malato di cancro che dopo 7 mesi è ‘’costretto’’ a rientrare al lavoro a condizioni capestro

Post n°3987 pubblicato il 06 Novembre 2010 da cile54
Foto di cile54

Io, col cancro e mezzo stipendio

 

Per Silvio Berlusconi, Giorgio Napolitano, Gianfranco Fini, ministri del governo, tribunale per i diritti del malato, Francesco De Lorenzo, presidente Favo e Aimac, responsabili nazionali dei partiti.

”Vengo a Voi,con questa mia, nel tentativo di sensibilizzare le Vs coscienze su alcuni aspetti e meccanismi che investono i pazienti affetti da’’ CANCRO’’ .

Mi chiamo Massimo CIRONAS, nato a Pescara il 7.3.1962,e ivi residente. Dal 1985 lavoro presso la Rai-Radiotelevisione Italiana,Sede Regionale per l’Abruzzo,con la qualifica di Responsabile della Segreteria Organizzativa del TGR Abruzzo. A Febbraio 2010 , e per precisione il 20 febbraio 2010, ho scoperto,di avere un tumore al Pancreas,in seguito confermato da Tac e biopsia effettuata presso la clinica Pederzoli di Peschiera,con diagnosi di Adenocarcinoma al Quarto stadio, non operabile.

Ho iniziato ad Aprile un trattamento di chemioterapia presso l’unita’ Oncologica di Carrara ,diretta dal Prof. Maurizio CANTORE. La terapia loco-regionale e sistemica e’ durata sei mesi ed ora dovro’ proseguire per ulteriori sei mesi con un progetto che prevede l’utilizzodi un farmaco in via sperimentale. Per sei mesi, ogni mese, mi sono dovuto recare a Carrara ed ora ,almemo per altri sei mesi,dovro’ recarmi a Carrara ogni mese. E certo a Carrara non ci andavo e non ci andro’ gratis. Ovviamente , da Febbraio 2010 risulto essere in malattia,alla luce delle mie condizioni. La commissione Usl che mi ha visitato mi ha riconosciuto una invalidita’ del 100% con diritto di accompagnamento di 24 ore su 24.

In questi mesi ho conosciuto molte persone affette dalla stessa patologia.Persone di diverso strato socio-culturale, ma tutte persone ferite sotto il profilo fisico e soprattutto morale. Il cancro al Pancreas rientra in quel gruppo di tumori denominato Big-Killer , alla luce della elevatissima mortalita’ legata a questo tipo di tumore (95% di decessi entro i primi 5 anni).

Dopo 208 giorni di malattia consecutiva la Rai-Radiotelevisione Italiana, come prevede la legge attuale, ha provveduto a tagliarmi lo stipendio del 50%. Ora avro’ diritto altri otto mesi pagati al 50 % e poi non percepiro’ piu’ stipendio fino alle soglie dei 24 mesi globali, trascorsi i quali l’Azienda potrebbe procede al mio licenziamento. La commissione Usl che mi ha visitato mi ha concesso l’invalidita’ al 100% fino al 18 maggio 2011 ovviamente da riconfermare con ulteriore visita dopo quella data.

Fatta questa debita premessa e sottolineando che la mia missiva vuole investire un problema che riguarda non solo una sfera personale, ma investe migliaia di persone affette da tumore, volevo sottoporVi alcuni quesiti,evidenziando le incongruenze di una legge che presenta ancora molte lacune e penalizza i malati oncologici.

Dopo 208 giorni di assenza per malattia dovuta ad un cancro e non certamente ad un raffreddore e quindi dopo circa soli 7 mesi la legge prevede il taglio dello stipendio del 50% : ma veramente qualcuno di Voi pensa che un tumore come quello pancreatico si risolva in sette mesi? E Vi sembra giusto che se invece di un cancro io mi fossi rotto una gamba avrei potuto godere senza distinguo dei 7 mesi di malattia consecutivi pagati al 100% ? Vi sembra normale che una normale patologia possa essere equiparata ad un cancro? Senza contare l’aspetto psicologico che una patologia del genere comporta.Portarsi dentro una sorta di serial-killer biologico, che puo’ ucciderti in qualche mese, non e’ una bella sensazione e certo dopo solo 7 mesi ritengo che sia abbastanza difficile riprendere una normale attivita’ lavorativa senza che nulla fosse accaduto, per evitare il taglio dello stipendio del 50%.

E vi siete mai chiesti in che condizioni psicologiche si possa ritrovare una persona dopo 7 mesi che si trova con un cancro al pancreas, ancora sotto terapia e dello stipendio decurtato del 50% ? Il che,se ti va bene,equivale a dire che vai a guadagnare dalle 700 alle 1000 euro al mese a fronte di uno stipendio di 2000 euro mensili. Se sei fortunato !!! Ogni mese che sono dovuto andare a Carrara non ho speso meno di 300 euro a viaggio (fra spese di soggiorno, autostrada, carburante e via dicendo). Inoltre l’art.42 del Decreto lgs.151/2001 riconosce al lavoratore-genitore e-o coniuge di un portatore di ‘’handicap in situazione di gravita’’’,il diritto a un perioso di congedo straordinario retribuito,continuativo o frazionato, per un massimo di 2 anni. Mentre analogo trattamento non viene riconosciuto a chi sta veramente male. Infatti l.53/2000 riconosce al lavoratore dipendente (pubblico o privato) il diritto ad periodo di congedo non retribuito,continuativo o frazionato,fino al massimo di 2 anni. Insomma…se hai il cancro dopo 7 mesi ti tagliano lo stipendio del 50% e dopo altri sette mesi non percepisci piu’ lo stipendio , se invece assisti un malato hai diritto ad un congedo retribuito fino a due anni ed il tuo stipendio non viene toccato. Ma non Vi sembra una assurdita’ ? Non dovrebbero essere quantomeno equiparati i due trattamenti?

Insomma…io che mi becco un cancro e dopo 7 mesi sono ‘’costretto’’ a rientrare al lavoro e-o a vivere in condizioni economiche disagiate (per il taglio dello stipendio) mentre chi mi assiste potrebbe in teoria assentarsi per 24 mesi senza perdere un euro? E soprattutto in caso di tumori gravi come quello pancreatico , non Vi sembra che il limite di due anni sia il minimo che andrebbe concesso di congedo retribuito? Sempre ammesso che uno riesca a sopravvivere 24 mesi. Inoltre…se una commissione sanitaria ti riconosce una invalidita’ al 100% per almeno un anno rivedibile, come e’ possibile che solo dopo 7 mesi ti venga decurato lo stipendio del 50%? Per la commissione sanitaria sono un invaludo al 100% fino almeno al 18 maggio 2011 , mentre per la Rai-Radiotelevisione Italiana dopo 7 mesi o reintro al lavoro oppure mi tagliano lo stipendio del 50%. Non Vi appare una grande ed assurda incongruenza? Se sono invalido al 100% fino al 18 maggio 2011 ,almeno, come faccio a tornare al lavoro? O meglio…se la commissione sanitaria ti giudica invalido al 100% fino al 18 maggio 2011 vuole dire che ritiene anche improbabile e difficile un tuo rientro in servizio solamente dopo sette mesi. Ma per le Aziende no ! Dopo sette mesi,in piena terapia oncologica che deve proseguire, o torni al lavoro oppure scatta la decurtazione dello stipendio prima del 50% e poi totale. Come una mannaia. In piena malattia , invalidante sia fisicamente che psicologicamente. Cosi’…tanto per darti un aiuto materiale e psicologico, la legge permette che ti si tagli lo stipendio dopo solo sette mesi.

Avete mai provato a vivere con meta’ stipendio , con un cancro addosso non risolto , con sei mesi di dura terapia oncologica sulle spalle e con almeno altri sei mesi di dura terapia oncologica da fare, nella speranza di sopravvivere al grande Bik-Killer? Io lo sto provando in questi giorni. Ed e’ veramente ‘’umiliante’’.Umiliante sotto tutti gli aspetti. Umiliante e vergognoso.Non solo per me, ma per tutti quei malati di cancro che si vedono costretti ad arrabattarsi economicamente,come se non bastassero i danni fisici-morali e psicologici di questa tremenda malattia.

Spero in un Vostro cortese riscontro e spero che ci sia da parte Vostra un impegno a cambiare una legge inumana.

Massimo Cironas

Pescara, 27 ottobre 2010

 
 
 

E anche nel sexgate spunta un filone sanità. Un comunicato del'ospedale smentisce finanziamenti illeciti

Post n°3986 pubblicato il 06 Novembre 2010 da cile54

«Soldi pubblici al San Raffaele»

Tra le pieghe delle lenzuola e i festini a base di sesso e marijuana che sarebbero avvenuti nelle residenze private di Silvio berlusconi, secondo quanto riferito da alcune ragazze che hanno ammesso di aver fornito prestazioni sessuali a pagamento al presidente del Consiglio, spunta ora una storia di finanziamenti poco chiari procurati alla fondazione cui fa capo l'ospedale san Raffaele fondato da don Luigi Verzé. Sulla vicenda tuttavia non vi sarebbe ancora nessun fascicolo aperto. La precisazione è arrivata ieri per bocca del procuratore della Repubblica di Milano Edmondo Bruti Liberati, dopo che si era diffusa la notizia delle dichiarazioni rese da Perla Genovesi, l'ex collaboratrice del parlamentare Pdl, Enrico Pianetta, coinvolta in una inchiesta sul narcotraffico denominata «operazione Bogotà». Nei verbali rilasciati dalla donna che sta collaborando con i magistrati palermitani, e per questo ha ottenuto gli arresti domiciliari, oltre al racconto degli incontri intimi dietro compenso avuti dalla sua amica Nadia Macrì con il Premier, si parla di soldi girati al San Raffaele tramite la commissione del Senato sui Diritti umani presieduta tra il 2001 e il 2006 da Enrico Pianetta. Nella primavera del 2006, quando erano in discussione le ricandidature per le elezioni politiche, Pianetta avrebbe confidato alla Genovesi che «sia Berlusconi che don Verzé gli dovevano la candidatura perché erano stati dati parecchi soldi al San Raffaele, o meglio a Don Verzé, destinati alla costruzione di ospedali e non solo, anche nel Terzo mondo. Questi soldi erano dello Stato, e non erano stati utilizzati interamente per queste cose». La fetta più grossa, sempre secondo la teste sarebbe stata assicurata «non so sotto quale forma, sicuramente non in maniera diretta, al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Lì io rimasi di stucco». La donna ha riferito anche di un compenso di comodo ricevuto da san Raffaele, che doveva un favore a Pianetta, giustificato attraverso una finta consulenza di due mesi. Per ragioni di competenza territoriale la magistratura palermitana ha inviato gli stralci dell'interrogatorio agli uffici milanesi. «Il fascicolo di Palermo è arrivato l'altro ieri - ha spiegato Bruti Liberati - ed è stato assegnato al pm Sangermano che lo sta esaminando». La cautela della procura è comprensibile trattandosi di dichiarazioni molto generiche e soprattutto de relato che necessitano delle necessarie verifiche investigative. In un comunicato il san Raffaele ha replicato che tutti i finanziamenti ricevuti sono avvenuti secondo le procedure.

Giorgio Ferri 

05/11/2010

 
 
 

Pietro Raitano direttore di "Altreconomia" a sostegno del quotidiano Liberazione

Post n°3985 pubblicato il 06 Novembre 2010 da cile54

«I lettori stanno dimenticando che l'informazione libera si paga»

   

Pietro Raitano è il direttore del mensile Altreconomia. Fondato nel novembre del 1999, da oltre dieci anni la rivista è un vero e proprio caso editoriale: nessun proprietario, ma oltre 450 soci. E una linea editoriale che va oltre la "semplice" informazione: «ogni mese» ci spiega Raitano «suggeriamo scelte, cercando di orientare consumi e comportamenti e favorire la consapevolezza e la partecipazione agli avvenimenti locali e globali».

 

La prima domanda è, come dire, d'obbligo: perché impegnarsi in prima persona e prendere parola "per Liberazione"?

Perché in un assordante silenzio di fondo stiamo assistendo, da tempo, all'annullamento dell'informazione indipendente. Senza clamori, con un processo lento e subdolo, le voci libere del panorama mediatico italiano stanno morendo. I motivi sono molteplici: mancano soldi, manca pubblicità, e sta venendo a mancare l'attenzione del pubblico. Il tutto dietro l'attacco del governo e dell'imprenditoria che vuole ridurre l'informazione a strumento del marketing e della classe politica. E allora per chi ha a cuore l'informazione indipendente e libera è inevitabile sostenere Liberazione anche affermando cose che il lettore non vorrebbe leggere. Ad esempio, che i lettori stanno dimenticando che l'informazione si deve pagare.

 

Il riferimento dell'informazione gratuita è alla rete?

A internet ma non solo. Personalmente reputo ben più pericolosa la minaccia della televisione. La gente ormai si informa unicamente tramite i telegiornali e i talk show politici, che tutto sono fuorché informazione. E di certo non indipendente. Il rischio di internet, a mio avviso, è meno pericoloso se non per l'idea di "gratuità" dell'informazione indipendente che sta instaurando in molte persone: almeno la gente sa che il canone televisivo lo paga. L'informazione, invece, ha dei costi e non è vero che chiunque può essere un giornalista come invece potrebbero far credere blog e portali. In primis perché, come saper scrivere non basta per essere un poeta, saper scrivere non basta per essere un giornalista, una professione per la quale sono necessarie specifiche competenze. Quindi perché il giornalismo, prevedendo lavoro umano e tempo, costa. Così sulla rete appaiono sempre di più informazioni partorite e lette con velocità e superficialità, non paragonabili all'informazione che si può avere leggendo dei giornali. In poche parole: le inchieste non si fanno riempiendo delle pagine web. Detto questo, gli utenti internet dovrebbero ricordarsi sempre che in realtà pagano anche l'informazione via web. Solo che non pagano i giornalisti ma i provider, le compagnie telefoniche. Così accade che i soldi che si potrebbero destinare ai giornalisti finiscono a chi distribuisce dei non-articoli. È un po' come i soldi che vanno alla grande distribuzione dalla quale compriamo i prodotti agricoli, ma non agli agricoltori.

 

In questo scenario, la questione che più sta tenendo banco sia fra i media mainstream che fra quelli indipendenti è l'emergenza rifiuti. Ma si può definire, giornalisticamente, "emergenza" un fenomeno che dura da oltre venti anni? A che gioco stanno giocando i grandi media?

A un gioco dei nostri tempi, con il giornalismo ridotto a marketing: e quando un organo di informazione deve fare marketing, non può fare altro che utilizzare i toni della pubblicità. Così si parla di emergenza rifiuti anche se questa dura da venti anni. Perché parlare di cronicità non è altrettanto "appetibile" quanto parlare di emergenza. Detto questo, poi, ovunque sentiamo che presto potrebbe esserci un'emergenza rifiuti a livello nazionale, e allora via a nuovi inceneritori a causa della sovrapproduzione di rifiuti urbani. Peccato però che i rifiuti solidi urbani sono, in Italia, circa 30-40 milioni di tonnellate l'anno, mentre i rifiuti speciali sono oltre i 130 milioni di tonnellate. Ebbene, di questi 130 milioni provenienti da fabbriche, aziende agricole, cantieri edili, circa 30 milioni di tonnellate ogni anno spariscono nel nulla. E sono proprio questi rifiuti speciali a inquinare in maniera maggiore e, purtroppo, definitiva. A ciò si aggiunge il fatto che nessun sistema è in grado di monitorare questo traffico di rifiuti speciali. Risultato, se a Napoli parlare di emergenza rifiuti è in realtà parlare di una contingenza particolare arrivata a un livello ormai cronico, in tutto il paese dovremmo fare, e non facciamo, i conti con una gestione criminale del ciclo dei rifiuti. Soprattutto dei rifiuti speciali che non sono un problema locale, come i rifiuti urbani, ma nazionale visto che questi possono essere spostati avanti e indietro per tutta Italia. Risultato: solo per fare un esempio, se entro marzo 2011 la discarica di Pioltello, nell'hinterland milanese, non verrà bonificata l'Unione Europea ci comminerà una multa di 500 milioni di euro. Circa 200mila euro al giorno. E questa non è immondizia di casa mia, che potrei riciclare, ma rifiuti speciali prodotti da questo modello di sviluppo. Immaginate una trasmissione nazionale su questo tema? Impossibile. Ecco perché dobbiamo difendere Liberazione.

 

Nella crisi dei media "di sinistra" e della sinistra che stiamo attraversando, ci sono però degli elementi che fanno, diciamo così, ben sperare: dal 16 ottobre alla situazione di Terzigno, passando per i movimenti territoriali e in difesa dei beni comuni, tutti sono giunti alla necessità di un altro modello di sviluppo improntato sulla sostenibilità. Cosa ne pensa, sia dal punto di vista giornalistico che, visto il suo ruolo, "altreconomico"?

Senza entrare nei massimi sistemi, tutte le mobilitazione odierne sono incentrate sul concetto di "democrazia", che siano vertenze lavorative o in difesa dei beni comuni, fino ad arrivare alle rivendicazioni studentesche. E poiché è indubbio che vi sia un doppio filo che lega democrazia e informazione, possiamo dire che da Pomigliano fino alle vertenze locali finché non abbattiamo un sistema che concentra ricchezze anziché distribuirle, finché non lottiamo per una nuova politica che non sia aiuto alla ricchezza dei pochi del mondo, tutto, dall'informazione al lavoro ai beni comuni, continuerà ad essere minacciato. Ma un'alternativa a questa minaccia quotidiana c'è, e non è altro che ciò che raccontavamo già undici anni fa, quando è nata Altreconomia. Ci davano degli avanguardisti, ci tacciavano di essere movimentisti ma tutto ciò di cui parlavamo allora, dalla filiera corta alla finanza etica, oggi sono per tutti le risposte all'attuale crisi del sistema economica. Purtroppo, però, di fondo, pur sapendo ognuno di noi qual è la soluzione siamo ancorati a una vecchia cultura che ci fa dire che "l'economia non può che andare così". Ebbene, oggi, in Italia, ci sono decine di piccoli esempi, dai Gas ai Comuni Virtuosi, di come le cose possono essere fatte in maniera alternativa. Sta ai media indipendenti raccontare quest'altra Italia. Far sì che tutti comprendano che l'economia può essere altro che finanziarizzazione di ogni bene comune.

Daniele Nalbone

05/11/2010

 
 
 
 

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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

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