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Messaggi del 07/11/2010

Il Consiglio dei ministri vara nuovo pacchetto sicurezza. Carta d'identità per neonati

Post n°3991 pubblicato il 07 Novembre 2010 da cile54

Governo scatenato contro le prostitute di strada. Colpiti rom e immigrati

 

«Abbiamo deciso di inserire una norma sul reato di prostituzione nel pacchetto sicurezza». La frase è stata pronunciata ieri da Silvio Berlusconi, anche se nelle intenzioni del premier non voleva essere la solita stucchevole barzelletta con la quale ogni volta egli pensa di accattivarsi l'uditorio che ha di fronte, come consigliano alcuni manuali di management. La tragedia degli uomini ridicoli è quella di non possedere nessuna qualità comica. Al massimo riescono a sprofondare nel grottesco. Dopo una estate trascorsa all'insegna delle rivelazioni sulle escort che vanno e vengono dalle lussuose residenze private del presidente del consiglio, dopo i verbali resi davanti alla magistratura da alcune testimoni sui festini a luce rossa e i party a base di sesso a pagamento e droghe avvenuti nelle sue ville, riferiti dalla stampa nelle ultime settimane, Berlusconi è arrivato alla conferenza stampa per presentare il nuovo pacchetto sicurezza annunciando il varo, addirittura con misura d'urgenza tramite decreto legge, di una nuova norma contro la prostituzione. Poiché - ha spiegato senza il minimo imbarazzo ma con il suo consueto sorriso di plastica - il provvedimento contenuto nel ddl preparato dalla ministra per le Pari opportunità, Mara Carfagna, «non procedeva in Parlamento abbiamo ritenuto di riapprovarlo di nuovo». La misura - ha precisato il ministro degli Interni Roberto Maroni, presente anch'egli alla conferenza stampa - prevede l'introduzione del foglio di via obbligatorio per chi esercita la prostituzione in strada violando le ordinanze dei sindaci in materia. Niente a che vedere con il meretricio di Stato, insomma quello sotto scorta che affolla le serate rilassanti del primo ministro. «Fumo» per sollevare l'allarme su «un'emergenza prostituzione, che non c'è», ha commentato Pia Covre, segretaria del comitato per i Diritti civili delle prostitute, che ha ricordato come il foglio di via per chi lavora sui marciapiedi «esiste già e molti già lo applicano». Il decreto attribuisce ai prefetti il potere di disporre del concorso delle forze di polizia per assicurare l'attuazione delle ordinanze in materia di sicurezza urbana. In questo modo, ha spiegato Maroni, «si rafforza il ruolo dei sindaci: le ordinanze comunali, infatti, si sono spesso rivelate poco efficaci perché non c'era collegamento con le forze di polizia che dovevano attuarle». Arriva a compimento così la filosofia penale d'eccezione contenuta nel primo pacchetto sicurezza varato nel 2008, quello che aveva esteso la possibilità per i sindaci di emettere ordinanze amministrative in deroga alle situazioni di urgenza e necessità. Il federalismo di stampo leghista erige così un altro pezzo della sua architettura autoritaria della società. Il combinato disposto delle ordinanze amministrative emanate da sindaci, trasformati in potestà, che intervengono cortocircuitando giunte e consigli comunali, supportate dalla forza pubblica, disegnano un sistema istituzionale non previsto dalla attuale costituzione che fa a meno degli organi di rappresentanza e soprattutto attribuiscono carattere di sanzione penale a norme amministrative, spesso stravaganti e assolutamente incoerenti, non previste dal codice penale. Alla stessa logica appartiene l'attribuzione ai comuni delle competenze in materia di rinnovo dei permessi di soggiorno. Ogni anno le questure rinnovano 500mila permessi. «noi vogliamo - ha detto Maroni - che il rinnovo dei permessi di soggiorno venga tolto alle questure e suddiviso sul territorio nei comuni dove i cittadini comunitari risiedono». Un modo per trasferire il controllo sulle politiche migratorie in mano alle forze politiche che controllano il territorio. La Lega che controlla buona parte del Nord potrà così avere mano libera per trasformare i cittadini extracomunitari in situazione regolare in "clandestini" e quindi cacciarli dal Paese, costringerli a spostarsi altrove o addirittura arrestarli grazie al reato di immigrazione clandestina introdotto nel precedente pacchetto sicurezza. Altra norma xenofoba e razzista introdotta, questa volta sotto forma di disegno di legge, è la possibilità di espellere i cittadini dell'Unione europea che vogliano soggiornare in Italia oltre i 90 giorni senza avere i requisiti di alloggio e reddito. Si tratta di un calco della legge introdotta recentemente dal governo francese per espellere le comunità Rom e nomadi in genere. «La violazione - ha spiegato sempre il ministro dell'Interno - oggi non è sanzionata e dunque noi introduciamo una sanzione che è l'invito ad allontanarsi. Se questo invito non viene rispettato, è prevista l'espulsione del cittadino comunitario per motivi di ordine pubblico». L'unica nota positiva dei nuovi dispositivi di legge, ovvero l'abrogazione della legge Pisanu che vietava l'accesso libero alle postazioni wi-fi e agli internet-point, è stata subito compensata dall'introduzione della nuova carta di identità elettronica sin dalla nascita per tutti i cittadini. La schedatura biometrica degli italiani comincerà sin dalla culla.

Paolo Persichetti

06/11/2010

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Non migliorano i feriti di Paderno. E la mancanza di sicurezza riuccide a Carrara, Taranto e nel bresciano

Post n°3990 pubblicato il 07 Novembre 2010 da cile54

E ancora tre morti sul lavoro

No, non sono migliorati i tre operai della Eureco di Paderno Dugnano, i più gravi tra le vittime dell'esplosione dell'altroieri nel milanese. E ieri sul carnet del serial killer più feroce - il lavoro insicuro - sono finiti un giovane taglialegna di Carrara, un operaio dell'Eni, terzo in tre giorni solo in Puglia e un albanese, operaio anche lui, ammazzato nel bresciano.

Dopo un sopralluogo a Paderno, la pm di Monza, Manuela Massenz, ha aperto un fascicolo, per ora senza nomi, per lesioni colpose ma nelle prossime ore potrebbe essere intestato al titolare dell'azienda per ora sotto sequestro. Il più grave dei sette ustionati è un lavoratore albanese di 37 anni, 95% di ustioni di terzo grado, ricoverato in terapia intensiva al Niguarda dove ci sono anche Salvatore, 52 anni e l'85% del corpo bruciato, e il ventunenne albanese anche lui con un quarto della superficie corporea compromessa ma che non sarebbe in pericolo di vita. I loro compagni di lavoro e sventura sono sparsi tra il Fatebenefratelli e i centri grandi ustioni di Genova e Torino.

Solo 1800 tecnici della prevenzione se la devono vedere con cinque milioni e mezzo di aziende che rischiano pochissimo grazie ai correttivi di questo governo alla legge varata ai tempi di Prodi dopo la tragedia immane della ThissenKrupp. Se si registra una leggera diminuzione degli infortuni lo si deve solo all'incalzare della crisi. E di siti a rischio di incidente grave l'Ispra, uno dei centri di ricerca aggrediti dai tagli di Tremonti, ne ha contati 1119, in Lombardia sono 259, tutti posti dove un qualunque incidente si può trasformare in una tragedia collettiva: siti di stoccaggio di rifiuti, aziende che trattano metalli, depositi di gas o idrocarburi, industrie farmaceutiche. Solo 7 regioni su 20 hanno recepito la direttiva comunitaria che prende il nome da uno dei più grandi disastri della storia: Seveso. L'Arpa della Lombardia ha contato, nel 2009, almeno 71 aziende ad alto o medio rischio nell'hinterland milanese. L'unità operativa della Regione dovrebbe fare i controlli ma è stata ridotta all'osso. Non basta: il Pirellone avrebbe voluto persino piazzare un centro commerciale in mezzo a due impianti a rischio come l'Antibiotics di Pioltello-Rodano che saltò in aria tre anni fa uccidendo un operaio. I tecnici di Brianza Acque hanno cercato, ieri all'Eureco, le tracce di sostanze inquinanti. la Cgil scopre che i subappalti - come quello della coop in cui lavorano i feriti - provocano un deficit di sicurezza. Da Seveso a Paderno Dugnano serve un quarto d'ora di macchina e, trentaquattro anni dopo l'incubo dell'Ichmesa, questo pezzo d'Italia si rivela la stessa polveriera di allora. Come il resto dello stivale. Sacconi, giulivo, ha dilapidato 9 milioni di euro per una campagna rivoltante. Ora dice di sentirsi inutile di fronte a tragedie come questa. Ma in Parlamento non c'è nessuno che gli dica che è colpevole, non inutile. «Possibile che il sindaco di Paderno non ha altro da dire, oltre alle gentili parole per gli ustionati, sulla vicenda? Il Sindaco non sa o non ricorda che la vecchia amministrazione di centrosinistra aveva negato i nulla-osta mentre il Presidente della Regione Formigoni, del centrodestra, li ha concessi», grida la Federazione della sinistra lombarda. «E' necessario intensificare le azioni di controllo e prevenzione - dice Giuliano Pisapia, in corsa per le primarie milanesi del 14 - il Comune sia in prima linea per promuovere un aumento delle azioni di accertamento».

E mentre la pm di turno in Brianza scrutava la scena del delitto dell'Eureco (dove non esiste rappresentanza sindacale), a Fiesse (Brescia) un operaio albanese precipitava da undici metri e a Marone un saldatore restava ustionato dall'esplosione di una cisterna. Vitale Ciuffi aveva 39 anni e lavorava i campi. E' morto ieri notte all'ospedale di Carrara: la sera prima la puleggia della motosega gli sarebbe schizzata in testa. L'amico con cui tagliava la legna è restato ferito a un braccio.

Da quindici metri l'ultimo volo di Francesco D'Andria, 42 anni, tuta blu in un'impresa di appalti nell'Eni di Taranto. E' il terzo omicidio del genere nel giro di una settimana in Puglia. L'altroieri è restato schiacciato dalla gru un lavoratore a Torremaggiore, 58 anni. Un trentatreenne di Bari, invece, è precipitato dal tetto di una casa di riposo di Casamassima. Chi perde il lavoro si arrampica sul tetto, chi un lavoro ce l'ha ci precipita.

Francesco Ruggeri 

06/11/2010

 
 
 

A metà 2010 nel Sud persi più del doppio dei posti di lavoro rispetto al nord

Post n°3989 pubblicato il 07 Novembre 2010 da cile54
Foto di cile54

Sud, uno su due lavora in nero  

 

'Una persona su due al Sud è fuori dal mercato del lavoro regolare: in valori assoluti, sette milioni di uomini e donne che convivono con lavori in nero o precari. A farne le spese soprattutto l'industria: dal 2008 al 2010 si sono persi 100mila posti di lavoro al Sud". E' uno dei dati più allarmanti che emergono dalla relazione del direttore della Svimez, Riccardo Padovani, a Palermo per le Giornate dell'economia e il seminario "Il Mezzogiorno frontiera di un nuovo sviluppo del Paese".

 

I dati sull'occupazione per il Mezzogiorno dicono che a metà 2010 nel Sud i posti di lavoro sono calati più del doppio rispetto al Centro-Nord (-1,4% contro -0,6%), con punte del -2,5% in Sicilia. Dunque, quello descritto da Padovani è "un Mezzogiorno in piena crisi con in atto un processo di deterioramento sociale che deve puntare alle grandi infrastrutture per uscire dalla crisi".

 

Grandi infrastrutture per le quali, secondo lo Svimez, servono 49 miliardi di euro, di cui 11 miliardi già disponibili e quasi 38 da reperire, da dedicare al potenziamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria e della Statale Jonica, la realizzazione di nuove tratte interne alla Sicilia, l'estensione dell'alta velocità nel tratto ferroviario Salerno - Reggio Calabria - Palermo - Catania (a completamento del Corridoio I Berlino - Palermo), il nuovo asse ferroviario Napoli - Bari e il Ponte sullo Stretto".

 

Ma soprattutto lo Svimez indica come nuovi settori di sviluppo su cui puntare la ricerca e l'innovazione, le energie rinnovabili e il recupero edilizio."In pochi anni - ha ricordato il direttore - la Puglia è diventata la prima regione italiana per produzione energetica da fonti rinnovabili, mentre regioni come la Calabria e la Basilicata presentano condizioni favorevoli al recupero energetico da biomasse".

 

Nel corso del dibattito è stato affrontato anche il tema delicatissimo dello stabilimento siciliano della Fiat. Secondo il Svimez, sarebbero oltre 3500 le persone che rimarrebbero senza lavoro in Sicilia se chiudesse Termini Imerese. "La chiusura dello stabilimento -ha detto Luca Bianchi, vice direttore Svimez - potrebbe costare all'Isola nel 2012 almeno 3.500 persone, più del doppio degli addetti dlello stabilimento. Nel calcolo sono tenuti in considerazione, oltre ai posti diretti e indiretti fisicamente persi, anche gli effetti negativi dovuti a un minore livello di attività dell'intero sistema economico".

 

Emerge dunque "un fortissimo impatto sociale" della chiusura dello stabilimento, di fronte al quale il rilancio industriale in Sicilia e nell'intero Sud è "improcrastinabile'. Anche perché senza 'una strategia condivisa di sviluppo siamo destinati a convivere con il rischio di altre Termini Imerese".

06/11/2010

Fonte: rassegna.it

 
 
 

Fatturato record dei privati. La denuncia di Rifondazione Comunista

Post n°3988 pubblicato il 07 Novembre 2010 da cile54

Veneto, camici verdi. Le mani della Lega sui soldi della sanità

 

Il titolo è di quelli che fanno cadere dalla sedia: la Lega Nord veneta arraffa (o consente di farlo ai suoi grandi elettori) un monte di milioni della sanità regionale. «Siete i soliti comunisti», diranno i nostri detrattori. Allora cambiamo titolo, facciamolo dubitativo: Com'è possibile che in Veneto le cliniche private fanno meno ricoveri guadagnando molto di più? «E già, perché a fronte di un risparmio di un milione di euro, la Regione ne spreca cinque», afferma Guglielmo Brusco, assessore alla sanità, per Rifondazione, in provincia di Rovigo.

Tutto comincia in Polesine dalla relazione di un direttore della Asl, la 18, al bilancio di previsione 2010. In pratica il dottor Marcolongo diceva che anche quest'anno sarebbero state lacrime e sangue per i suoi assistiti perché sull'azienda pesano «alcune scelte programmatiche regionali» come «l'importante rilievo concesso ai privati preaccreditati». E fa due conti: dovrà sborsare 23 milioni di euro per le degenze in quelle strutture private e altri 18 per le prestazioni specialistiche. Se potesse far fronte con le proprie risorse a tali prestazioni la Asl 18 (due terzi del rodigino) risparmierebbe il 35%: 14 milioni di euro. Il direttore, nella relazione, spiegava che queste cose le aveva già scritte alla Regione nel 2008. Vero. Pietrangelo Pettenò, consigliere del Prc in Veneto, ha cercato a lungo quella lettera nei meandri della Regione e l'ha avuta dopo quasi un mese di imbarazzanti rinvii proprio ieri.

Con tutto quel ben di dio Brusco stima che si potrebbero assumere almeno 300 persone e far funzionare una macchina della sanità pubblica depressa dall'eccesso di privatimso leghista. «E se qualcosa di analogo è capitato anche nelle altre province a quanto ammonta il fatturato delle cliniche private?», si chiede Brusco. Facciamo una proiezione: se è vero un risparmio di 14 milioni di euro in una Asl con una popolazione pari al 4% del Veneto in quelle casseforti potrebbero finire tra i 250 e i 350 milioni euro. Ogni anno. Grazie a Rifondazione la Corte dei Conti ha tutte le carte ed è stata interessata ad occuparsi dell'economicità della pratica leghista. Liberazione ha il compito di raccontare la storia a partire dagli ultimi quattro assessori alla Sanità. Tutti leghisti e tutti veronesi. Il più famoso a sud del Po è l'attuale sindaco scaligero, Tosi. A Verona, in effetti, c'è una fabbrica, leader del settore, di casseforti. Ma forse la coincidenza più spettacolare è che all'ombra dell'Arena c'è Puntin Giuseppe, boss della sanità privata nordestina, già menzionato nelle cronache della sanitopoli veneta del 2006 per una presunta tangente a un dirigente regionale (il dirigente dice che era solo un prestito). Le malelingue dicono che sarebbe lui il vero assessore. Il suo nome compare nelle partecipazioni di due delle tre strutture private polesane.

Un fatto reale è che in otto anni il fatturato dei ricoveri in cliniche private del Polesine è cresciuto del 132% nella Asl 18 e dell'81% nella 19. E le fatture per le visite ambulatoriali sono lievitate del 350% nella prima e del 130% nell'altra. Il dato combinato provinciale è del 133% di aumento. Negli ultimi 15 anni, nel pubblico s'è dimezzato il numero degli ospedali, ora sono 3; i posti letto sono scesi da 1700 a 800 e in pianta organica mancano 215 operatori. Ma come, non si doveva produrre ogni sforzo verso il contenimento dei costi? «Tutto ciò è successo grazie ai meccanismi di recupero della cosiddetta regressione tariffaria e dell'incremento finanziario», riprende Brusco scartabellando tra i fascicoli nel suo studio di Palazzo Celio, sede della provincia polesana. A miscelare gli ingredienti in modo particolarmente conveniente per i privati è stata un piano triennale dell'assessore del 2006, il Tosi, famoso per una condanna per propaganda razzista, lo stesso che girava con un tigrotto giurando di alimentarlo a terroni. La delibera fu votata anche dall'allora vice di Galan, Zaia, ora governatore.

Da allora questo meccanismo infernale consente di diminuire le prestazioni come chiede Roma ma di moltiplicare i profitti come piace ai boss cispadani. Prima di Tosi era comunque previsto un incremento finanziario del 2-3% e un aumento delle tariffe del 3-5%. La regressione tariffaria è quella parte eccedente il tetto di prestazioni annue che viene pagata a prezzi più bassi ma poi viene sommata al tetto e diventa il nuovo budget. Così il liquidato dell'anno verrà dato dal tetto previsto più la quota di regressione tariffaria. Ma c'è un altro trucco: la limitazione dei ricoveri si calcola solo sull'afflusso dalla provincia.

Il piano triennale di Tosi sembra dinque un capolavoro perché inchioda il sontuoso budget per tre anni prevedendo un calo, come vuole il governo, dei ricoveri, ma lievitando fino all'8% l'incremento finanziario e concedendo che il calo di allettamenti si tramuti in una crescita delle prestazioni ambulatoriali e specialistiche che sono schizzate a un milione nel 2008, quota incredibile con un bacino di utenti che sfiora le 170mila unità. A guadagnarci sono i soliti nomi. E' il nordest, bellezza. E i nomi spesso sono gli stessi di quando non si muoveva foglia da queste parti se De Michelis non voleva.

Questo si legge nei bilanci della sanità: ad esempio che un risparmio di un milione e 69.170euro diventi un esborso di 5milioni 15.270 euro. Rifondazione ha fatto i conti clinica per clinica, a Rovigo, e ieri li ha presentati alla stampa. Se i calcoli fossero esatti e visto che il meccanismo è regionale si sbriciola ancora una volta il mito del buongoverno leghista. «Non sarebbe esagerato pensare che a livello veneto i gestori privati per i soli ricoveri ospedalieri potrebbero aver incassato solo nel 2009 50-55 milioni».

Checchino Antonini

Rovigo 05/11/2010

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