Blog
Un blog creato da cile54 il 09/01/2007

RACCONTI & OPINIONI

Pagine di Lavoro, Salute, Politica, Cultura, Relazioni sociali - a cura di franco cilenti

 
 

www.lavoroesalute.org

Chi è interessato a scrivere e distribuire la rivìsta nel suo posto di lavoro, o pubblicare una propria edizione territoriale di Lavoro e Salute, sriva a info@lavoroesalute.org

Distribuito gratuitamente da 37 anni. A cura di operatori e operatrici della sanità. Finanziato dai promotori con il contributo dei lettori.

Tutti i numeri in pdf

www.lavoroesalute.org

 

LA RIVISTA NAZIONALE

www.medicinademocratica.org

MEDICINA DEMOCRATICA

movimento di lotta per la salute

 TUTTO IL CONGRESSO SU

www.medicinademocratica.org

 

AREA PERSONALE

 
Citazioni nei Blog Amici: 180
 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Novembre 2010 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

MAPPA LETTORI

 

ULTIME VISITE AL BLOG

bisou_fatalcile54Afroditemagicacielostellepianetinomadi50industriametallisbaglisignoramonellaccio19cardiavincenzocassetta2m12ps12maremontyAlfe0Sassar0liiltuocognatino2
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 

Messaggi del 10/11/2010

Perchè e come è nata un'epoca politica volgare e oscurantista che in questi giorni pare in declio di consenso. Pare.

Post n°4003 pubblicato il 10 Novembre 2010 da cile54

Fine di un'epoca?

E’ finita veramente l’epoca di Silvio Berlusconi? Parto da una sgrammaticatura, cioè da una licenza autobiografica. Quando il serial leader salì al potere avevo diciott’anni. Il presidente cinese non era ancora l’uomo più potente del mondo, l’America latina era ancora governata dalle destre e le Torri gemelle erano ancora al loro posto. Qualche anno prima, dopo che il telegiornale della sera aveva dato l’annuncio dell’avviso di garanzia a Bettino Craxi, i miei genitori avevano stappato una bottiglia di spumante tenuta in fresco per le grandi occasioni. La piazzale Loreto tutta mediatica di Mani Pulite, le monetine all’uscita del Rafael su un uomo già morto politicamente [«Vuoi pure queste, Bettino vuoi pure queste…»], l’assedio al parlamento dei giovani fascisti e le tele-piazze di Mediaset a favore dei magistrati avrebbero dovuto insospettirci. Ma due anni dopo, tutti pensammo che l’anomalia del Cavaliere alleato al nord con la Lega e al sud con i non-ancora-post fascisti non poteva durare.

Mentre ero in una montagna sperduta, in campeggio coi miei amici del liceo nell’ultima estate dell’adolescenza, discesi un sentiero per raggiungere una cabina telefonica. Telefonai a casa e venni a sapere che Roberto Baggio aveva sbagliato il rigore decisivo a Usa ’94 contro il Brasile e che Umberto Bossi aveva scaricato il Berlusca, colpevole di voler tagliare le pensioni e sostenere il famigerato «colpo di spugna» per i «ladri» di Tangentopoli. Allora risalii il sentiero di corsa a informare i miei compagni di accampamento: avevamo una scusa ulteriore per festeggiare la nostra spensieratezza. Bevemmo vino rosso alla luce del fuoco del bivacco prendendoci gioco di Arrigo Sacchi e di Silvio Berlusconi. Ci immaginammo le nostre vite da studenti universitari nella nuova epoca.

Chiunque a diciott’anni pensa di essere al centro di eventi storici irripetibili. Quella volta spiegai ai miei amici che ci trovavamo al centro della storia. Il quadro era semplice: arrivavamo freschi freschi e allegramente spettinati dopo la fine della prima repubblica e in men che non si dica ci trovavamo al riparo dalla calata di Berluskane. I partiti erano al collasso e quella strana forma di militanza, all’incrocio tra i movimenti degli anni precedenti, le controculture e l’auto-organizzazione sociale e persino economica, avrebbe fatto grandi cose. Mi sbagliavo, come molte altre volte è accaduto.

Dopo cinque anni di governi di centrosinistra l’uomo di Arcore tornò a palazzo Chigi e le strade di Genova diventarono il teatro di una feroce resa dei conti verso una generazione intera. La vittoria del centrodestra nel 2001 servì a consolidare un’egemonia che fino a quel momento avevamo percepito come strisciante. Nel luglio del 2002, la legge sull’immigrazione che ancora oggi porta il nome dei due eterni nemici-amici Bossi-Fini sancì una volta per tutte che le regole della produzione valevano molto di più di qualsiasi diritto umano. Ci trovavamo oltre qualsiasi simulazione liberale o liberista. Non si affidava alla fantomatica «mano invisibile» del mercato il compito di fare incontrare le due curve della domanda e dell’offerta di forza-lavoro. Semplicemente, si stabiliva che chiunque volesse godere del diritto a esistere come persona in Italia dovesse accettare le condizioni di lavoro che gli venivano proposte unilateralmente. Ci saremmo accorti che tutto ciò non riguardava solo i migranti.

«Non accade solo in Italia» ci dicevamo, ascoltando le tesi di chi descriveva la fine dell’egemonia della grande fabbrica, disegnava le sofisticate forme di controllo e costruiva mappe nel labirinto dei lavori disegnato dal pacchetto Treu. La puzza di muffa dell’iper-sfruttamento si accompagnava a cose nuove, come nel resto dell’Occidente che ballava sulla bolla telematica senza accorgersi di essere sull’orlo della crisi. Ma solo in Italia accadeva che la figura totalizzante di Berlusconi dilagasse. Ogni reazione per essere davvero efficace deve sapersi muovere nel campo della rivoluzione. La regoletta marxiana del 18 Brumaio di Luigi Bonaparte e le analisi di Antonio Gramsci sulla «rivoluzione passiva» hanno trovato conferma nell’epoca berlusconiana, che si è mossa con disinvoltura sui terreni aperti dalle insorgenze del Novecento: la fine del lavoro salariato, la liberazione sessuale, la fine del monopolio dei mass media.

Nei giorni scorsi Bifo ha scritto, in una delle sue note acute che leggi tutte d’un fiato, che «i salvatori della patria che si delineano all’orizzonte, i Fini e i D’Alema non sono meglio dell’orco obnubilato dal delirio pornografico-senile. Sono peggio». Bifo dice: D’Alema è quello dei bombardamenti in Serbia e Fini quello della macelleria messicana del luglio 2001. Soprattutto, osserva che «non si esce dalla barbarie senza passare per la Resistenza». La storia di Tangentopoli dovrebbe insegnarci che le rivoluzioni «dall’alto» sono foriere di disastri peggio di quelle che hanno combattuto. E dovrebbero farci preoccupare di quanto avverrà nei prossimi mesi.

Come è stato detto nella grande assemblea «Uniti contro la crisi» che si è tenuta alla Sapienza all’indomani del grande corteo della Fiom del 16 ottobre scorso, non basta far fuori il tiranno per risolvere i problemi. Il dibattito di scuola sull’efficacia del tirannicidio serve a inquadrare la situazione attuale. Dobbiamo chiederci anche se l’inutilità del tirannicidio, ovviamente mediatico e simbolico, conosca qualche eccezione. Ma ci siamo accorti negli anni di come la capacità di Berlusconi fosse quella di utilizzare le stesse modalità di successo dei tormentoni di «Striscia la notizia» [il programma più visto della televisione italiana, negli anni zero], i codici linguistici dei cinepanettoni di De Sica e Boldi [i film più visti nelle sale italiane, negli anni zero] e l’ammiccante sciovinismo delle canzoni di Gigi D’Alessio [il cantante neomelodico ma di massa cioè la voce più ascoltata nelle banlieues d’Italia, negli anni zero]. Ci sono volte, casi rari, in cui una persona riesce davvero a catalizzare nella sua figura l’attenzione del popolo e in cui l’attenzione sulla struttura sociale e collettiva del potere deve tener presente anche la natura umana e individuale del potente.

L’anomalia berlusconiana ha prodotto in questi lunghi sedici anni un’altra anomalia, per certi versi più inquietante e più duratura. Molte persone hanno conosciuto la loro formazione e si sono affacciate verso lo spazio pubblico in questi anni di trasmissioni a reti unificate. Tanti e tante hanno costruito la loro soggettività politica nell’opposizione a una persona fisica, ai suoi eccessi e alle sue mostruose gaffe istituzionali, tralasciando il fatto che Berlusconi è [stato?] effetto di qualcosa. Come ha scritto in questi giorni Wu Ming 1, «’Berlusconi’ è una metonimia, l’effetto-per-la-causa», bisogna leggerlo per «indicare l’Italia attuale, il Paese che ha prodotto il personaggio». Uno dei motivi per cui avremmo dovuto combattere da subito la banalità antiberlusconista, è che il fenomeno Berlusconi e le forze sociali da esso innescate sono una meravigliosa risorsa analitica, un libro aperto da analizzare per interpretare le trasformazioni degli ultimi anni. Ecco perché, insieme ai rischi che Fini – quello della legge sull’immigrazione e di Genova – venga accolto come un liberatore, dobbiamo approfittare del momento che si apre.

Forse, adesso invece di frignare di fronte a YouTube quando il premier rompe il protocollo reale di fronte alla regina Elisabetta [non Tulliani, quell’altra], qualcuno potrà occuparsi di cose più serie. Se non fosse che rischieremmo di sporcarci le labbra di cerone, dovremmo dare un bacio sulla fronte a quest’uomo che ci ha dato l’occasione di comprendere cosa è diventato il potere. Bisogna quindi guardare negli occhi il nostro nemico e riconoscervi i tratti salienti della contemporaneità. Sempre che qualcuno non ritenga sia ancora il caso di sciorinare l’elenco dei fallimenti di Berlusconi, magari almanaccando processi e gaffes presidenziali o diffondendo su Facebook il monologo di un comico divenuto capopopolo, illudendosi che serva ancora a qualcosa.

 

Giuliano Santoro

8 Novembre 2010

www.carta.org

 
 
 

La scure si abbatte sui cittadini veneti, Ma il centrodestra si prepara alle nuove nomine del dopo Galan

Post n°4002 pubblicato il 10 Novembre 2010 da cile54
Foto di cile54

La Regione veneta taglia sui servizi. Ma per le poltrone nulla cambia

Lacrime e sangue. Questa è la cura proposta dal neo assessore Coletto per sanare il buco di bilancio in cui è precipitata la sanità regionale. Lacrime e sangue per i cittadini, considerando che il “Patto per la salute 2010/2012” prevede entro il 2011 la riduzione dei posti letto dall’attuale 4,5 per 1000 abitanti al 3,8 per 1000 abitanti, accompagnata da un tasso di ospedalizzazione che dovrebbe passare da 160 ricoveri per 1000 abitanti a 130/140. Con il corollario della demagogica proposta di Zaia di riduzione degli stipendi per i Direttori Generali e la solita propaganda anti Sud, indicato come il luogo dove albergano sprechi e inefficenze che, per primo dovrebbe mettere ordine nei conti, come questo gravasse sulla situazione attuale del Veneto. Che anche il versante della limpidezza della gestione non spicchi per eccellenza nella nostra regione lo ricorda in una piccola inchiesta giornalistica Renzo Mazzaro nel “La Nuova Venezia” del 1 luglio scorso, quando parla di appalti sanità bloccati e crisi della gestione di Area Vasta.

Dei circa 8 miliardi di euro l’anno spesi dalla Regione per la sanità, almeno metà serve agli ospedali e di questi 4 miliardi, ne assorbono un 6/7%, per un totale di 250-280 milioni i servizi di ristorazione e pulizie. Stessa cifra viene spesa per gli appalti di energia e calore per un totale di entrambe le spese del 15% del bilancio ospedaliero (600 milioni di euro annui), la stessa quota di spesa delle Usl per acquistare medicinali. Tutto viene gestito centralmente dal sistema di Area Vasta che, ricorda Mazzaro, “patisce quasi dovunque un blocco”, con tutte le procedure – siamo nel luglio scorso – per la gestione di energia e calore in stand-by nelle Usl venete, salvo a Venezia dove l’assegnazione dell’appalto risultava bloccato perché impugnato davanti al TAR e al Consiglio di Stato. L’Area Vasta doveva assicurare un risparmio che nessuno sembra abbia mai quantificato ma abbiamo visto qual è stato il rilievo critico mosso dalla Corte dei Conti. Di certo, però, c’è che il processo di centralizzazione delle gare d’appalto messo in atto ha inciso negativamente sulla concorrenzialità delle offerte in quanto “i vincitori sono più o meno sempre i soliti. Con una aggravante: gli appalti per l’energia e il calore durano 9 anni, prorogabili per altri 9”, con evidente saturazione del mercato. A pensar male questo meccanismo qualche dubbio sulla trasparenza e pari opportunità di concorrenza nelle gare lo solleva, con innegabili possibilità di creazione di monopoli e cartelli.

In questi anni si è pensato più a consolidare posizioni di comando e di potere piuttosto che affrontare seriamente una domanda sempre più complessa di assistenza e cura. La sanità veneta mantiene, nonostante ciò, punte di eccellenza e di qualità, una rete ospedaliera importante ma il sistema è corroso da crepe, sprechi e disfunzioni che sono andati accumulandosi sino alla deflagrazione attuale dei problemi. Nel “Patto” proposto dall’assessore regionale non c’è alcun serio impegno ad una drastica sterzata da questa strada ma solo proposte di tagli che provocheranno la perdita di almeno 2145 letti ospedalieri su 16.500 e il taglio di 92mila/142mila degli attuali 836.015 ricoveri. E’ in questo modo che si pensa di recuperare, probabilmente, quel 2% di differenza tra l’effettivo aumento annuale di spesa di settore e gli attuali ridotti trasferimenti statali, una differenza aumentata di un altro punto grazie alla eliminazione dell’addizionale Irpef sui redditi medio-alti voluta da Galan. Si tratta di una minore entrata di 120 milioni di euro che peserà in negativo sul bilancio della sanità e, in particolare, sulla consistenza del fondo per la non autosufficienza e, quindi, su categorie di utenti già svantaggiate da una condizione precaria di salute.

“La richiesta di Zaia alle Usl di non superare nel 2010 la spesa del 2009” dichiara Claudio Rizzato, responsabile sanità  del PD veneto al “Corriere del Veneto” del 22/9 “è del tutto irrealistica e nasconde la volontà di scaricare sulle famiglie venete la riduzione dei servizi causata dal taglio delle risorse al settore. Poiché la spesa sanitaria non può restare ferma e subisce sia un aumento fisiologico, sia un incremento dovuto alla crescita della domanda, i direttori generali dovranno ridurre i servizi, come sta già accadendo”. E i primi a saltare saranno quelli dedicati alla prevenzione, alla riabilitazione e all’assistenza sul territorio. Per rispondere alla richiesta della Giunta regionale di una riduzione del fabbisogno di spesa previsto le Usl dovranno ridimensionare le previsioni di spesa e, quindi, ridurre le effettive prestazioni e servizi erogati. Adoperando anche operazioni contabili che garantiscano una riduzione o l’annullamento del disavanzo nei bilanci: trasferendo, ad esempio, agli esercizi successivi spese dell’anno in corso, rinviando come stanno facendo continuamente il pagamento degli straordinari ai dipendenti, utilizzando la possibilità contabile di non inserire gli interessi passivi per ritardati pagamenti ai privati delle prestazioni in convenzione e ai fornitori di beni e servizi (interessi stimanti intorno ai 40 milioni di euro).

Intanto le famiglie saranno chiamate a pagare in solido i servizi non più erogati dalle Usl, costretti a rivolgersi sempre più alle strutture private (ad oggi le famiglie sborsano 30 euro per ogni 100 euro spesi in sanità). L’assistenza sul territorio sarà anch’essa ridotta – le decisioni in materia delle Conferenze dei Sindaci per la predisposizione dei Piani di Zona sono, infatti, condizionate dalla riduzione delle risorse regionali e, quindi, gravano anch’esse sulle tasche degli utenti, specie le categorie più deboli: disabili ed anziani non autosufficienti assistiti in strutture residenziali pagano rette insopportabili, mediamente di 1500 euro al mese per chi è titolare di contributo regionale e di 3000 euro mensili chi non lo ha ottenuto. La manovra finanziaria del Governo che, di fatto, blocca il tour over del personale aumenta la precarietà della situazione e la aggrava, specie per la qualità, l’efficienza e l’efficacia di servizi essenziali come quelli di urgenza-emergenza, chirurgica e infermieristica, oggi sostenuti solo dalla “buona volontà” del personale che è gravato da robusti monte ore di ferie non godute e di straordinari non pagati.

Mentre si è da tempo aperta la competizione tra le forze politiche di centro destra su chi debba restare con il cerino in mano nell’attribuzione delle responsabilità per la gestione fallimentare del bilancio della sanità veneta e aumenta il nervosismo nel management dirigenziale delle Asl a fronte dei propositi dei nuovi governanti di andare ad un riordino delle “poltrone” nelle singole Aziende che apra la stagione del dopo-Galan, la situazione rimane precaria e senza realistiche proposte di soluzione da parte di costoro, se non il perpetuarsi di sprechi – consulenze onerose, gare d’appalto concentrate in poche mani, project financing pluriventennali – a fianco della riduzione dei costi e, quindi, dei servizi. Una privatizzazione strisciante della sanità pubblica che verrà pagata dagli utenti a fronte di servizi essenziali di assistenza e cura che saranno sempre più cari e meno accessibili per tutti.

Paolo De Marchi

Terra a Nordest

09/11/2010

 
 
 

Leggi "per le donne" in Unione europea: tra le migliori nessuna italiana

Post n°4001 pubblicato il 10 Novembre 2010 da cile54

 

Famiglie e donne. Italia nel Medioevo

Le migliori leggi attualmente in vigore per le donne in Europa sono quattordici, ma nessuna è italiana.

Sono normative che riguardano gli ambiti vicini al secondo sesso: la scelta di procreare, il diritto di famiglia, la lotta alla violenza, il lavoro e la politica. L'avvocata femminista francese Gisèle Halimi vorrebbe che l'Unione europea adottasse una "clausola" affinché ogni cittadina possa beneficiare della legislazione più progressista esistente. In questo modo verrebbero multati i clienti delle prostitute come succede in Svezia; violentare la propria moglie o compagna diventerebbe un aggravante come in Francia; divorziare e difendersi da un compagno violento sarebbe più semplice come in Spagna e sarebbe ovvio farsi eleggere in parlamento grazie alle quota rosa come in Belgio, dove le liste dei partiti che sgarrano vengono stracciate e dove, peraltro, esiste la migliore normativa sulle coppie di fatto.

La proposta di Halimi è tanto più suggestiva e quasi struggente se paragonata alle parole del ministro Maurizio Sacconi che, all'apertura della Conferenza della famiglia a Milano, ripropone il modello famigliare arcaico e vaticano escludendo le famiglie allargate, omosessuali, monoparentali, con o senza figli. L'Italia è l'unico Paese europeo dove i Pacs sono letteralmente fuori della discussione politica. E' l'unico Paese dove è concepibile la legge 40 e dove le donne faticano a trovare un lavoro in quanto donne e fanno pochissimi figli.

 

La legge migliore sul matrimonio è austriaca, la migliore sul divorzio è spagnola, sullo stupro è francese e sull'autorità parentale è estone. Francese doveva essere anche la migliore legislazione sul lavoro femminile, ma dopo la riforma pensionistica di Sarkozy lo scettro è passato al Belgio.

E' soltanto una parte del bouquet delle migliori normative per le donne che l'associazione femminista francese Choisir, fondata da Simone de Beauvoir nel 1971, ha raccolto per chiedere all'Unione europea di inserire una "clausola" affinché ogni cittadina di qualsiasi nazionalità possa beneficiare della legge più progressista in vigore, anche se approvata in uno Stato diverso da quello di residenza, negli ambiti che riguardano da vicino il secondo sesso: procreazione, diritto di famiglia, lotta alla violenza, lavoro e politica.

Della cosiddetta clausola si occupa a tempo pieno l'avvocata femminista Gisèle Halimi, promotrice di Choisir, impegnata da tempo a convincere Commissione europea, Parlamento europeo e singoli deputati e deputate della bontà del suo progetto e che ieri, alla Casa Internazionale delle Donne, ha voluto incontrare alcuni europarlamentari italiani.

Nella lista delle quattordici leggi più favorevoli per le donne non figura l'Italia, che anzi negli ultimi tempi ha partorito norme arretrate come quella sulla fecondazione assistita dove compare addirittura l'embrione come soggetto giuridico in contrapposizione con il diritto della madre.

Per non parlare delle donne in politica: erano il 10% fino al 2008, oggi sono circa il 20% tra Camera e Senato ma, come accusa la giornalista Chiara Valentini, «sono scelte dal presidente del Consiglio con metodi che ci umiliano».

Il medioevo italiano è ancora più tetro se confrontato con i diritti garantiti altrove: la migliore legge sull'aborto è svedese perché non chiede motivazioni alla donna che vuole l'interruzione volontaria di gravidanza e garantisce gratuitamente la pillola abortiva; nell'ambito della rappresentanza paritaria in politica le più fortunate sono le donne belghe: se le liste dei candidati non rispettano le quote rosa vengono semplicemente cassate.

La Lituania invece figura come la nazione dove la lotta alle molestie è più efficace, mentre sulla prostituzione è ancora la Svezia sul podio con una norma che punisce il cliente e mira alla scomparsa del sesso a pagamento.

In realtà l'Italia per anni è stata un modello avanzato sul lavoro femminile, con il divieto di licenziamento durante la maternità e fino al primo anno del bambino, e undici mesi totali di astensione (cinque obbligatori, sei facoltativi). Il problema sorge quando i datori di lavoro preferiscono non assumere donne per non farsi carico dei periodi di maternità.

Gisèle Halimi è madre della legge francese sulla violenza sessuale, anche questa inserita nella lista della clausola, nata dopo il famoso processo di Bobigny (1972). La legge francese prevede un aggravante se lo stupratore è coniuge o famigliare della vittima, e garantisce processi a porte chiuse se richiesti.

L'idea della clausola, ha sottolineato Halimi in un incontro pubblico a La Sapienza, «è frutto di una precisa volontà politica». In realtà si scontra con la sua fattibilità giuridica, visto che alcune aree come la procreazione e il diritto alla vita non sono competenza dell'Unione.

Uno dei mezzi possibili è spingere la Commissione a produrre un libro bianco sull'argomento e creare una discussione con votazione all'Europarlamento, oppure ricorrere al referendum di iniziativa popolare per il quale occorrerebbe soltanto un milione di firme: «L'Europa conta 255 milioni di cittadine. La loro libertà è anche la libertà degli uomini, anche loro possono impegnarsi in questa battaglia».

Finora la suggestiva clausola è stata adottata dal parlamento francese nel febbraio 2010 e dal senato belga. Il Consiglio d'Europa, in maniera assolutamente bipartisan, la sta prendendo in considerazione. Una lunga strada, ma Halimi è convinta che «tutto è possibile se c'è volontà politica».

 

Laura Eudati

09/11/2010

Leggi www.liberazione.it

 
 
 
 

L'informazione dipendente, dai fatti

Nel Paese della bugia la verità è una malattia

(Gianni Rodari)

 

SI IUS SOLI

 

 

www.controlacrisi.org

notizie, conflitti, lotte......in tempo reale

--------------------------

www.osservatoriorepressione.info

 

 

G8 GENOVA 2011/ UN LIBRO ILLUSTRATO, MAURO BIANI

Diaz. La vignetta è nel mio libro “Chi semina racconta, sussidiario di resistenza sociale“.

Più di 240 pagine e 250 vignette e illustrazioni/storie per raccontare (dal 2005 al 2012) com’è che siamo finiti così.

> andate in fondo alla pagina linkata e acquistatelo on line.

 

Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

omicidio di Stato

DARE CORPO ALLE ICONE

 
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963