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Messaggi del 25/11/2010

Fede, politica e affari: il “boom” di CL. La religione politica "del fare" mutuando altre famiglie secolari

Post n°4061 pubblicato il 25 Novembre 2010 da cile54

Comunione e Fatturazione

 

Una super lobby, ma anche una realtà di fede. Un network potentissimo, che spazia dagli affari alla politica, dalla finanza all’industria; ma anche una galassia di realtà non profit che realizzano opere caritatevoli che portano aiuto a molte persone in difficoltà. I suoi detrattori affermano che è più potente dell’Opus Dei, più efficiente della massoneria, più «connessa» di Confindustria. È in questa duplice natura il fascino e l’attrattiva di Comunione e liberazione, un network di potere che sta conquistando crescenti posizioni in Italia e all’estero.

Una battuta che ricorre nelle alte sfere del Vaticano, tra cardinali e alti prelati, dà l’idea di quanto sia ormai forte Cl: «L’obiettivo di Comunione e liberazione? Il prossimo Papa e il prossimo premier». Uno scenario che non appare affatto improbabile, con importanti figure come Angelo Scola, cardinale e patriarca di Venezia organico a Comunione e liberazione, che viene indicato come possibile successore di Ratzinger.

Al di là dei rumors, il movimento creato nel ’54 da don Luigi Giussani rappresenta oggi un fenomeno di grande interesse; ed altrettanto stimolante sul piano analitico è il suo braccio economico, la Compagnia delle opere. Le imprese e i professionisti che la compongono sono una rete solidissima, che si integra e assiste le altre realtà del movimento. I numeri della Compagnia delle opere sono impressionanti: 41 sedi in Italia e in altri 17 paesi, 34.000 imprese e 1000 associazioni no-profit. Il fatturato complessivo è stato stimato in almeno 70 miliardi di euro. Numeri in difetto perché tengono conto soltanto delle imprese iscritte alla Cdo. Soltanto la sezione milanese della Cdo conta più di 6000 aziende di tutti i comparti e le tipologie. Già nel 2008 il numero di associati della Cdo di Milano ha superato quelli di Assolombarda.

Comunione e Liberazione esprime un leader, Roberto Formigoni, che guida da 15 anni una regione, la Lombardia, che con un bilancio di 24,9 miliardi di euro è più importante di molti piccoli Stati dell’Europa allargata. Ma Cl e Cdo si stanno espandendo con forza anche nella "rossa" Emilia Romagna, in Piemonte, in Lazio, in Calabria, in Sicilia; mentre all’estero è ormai presente in 70 paesi, dove conta su forti presenze, tanto che ormai il leader spirituale di Cl è uno spagnolo, monsignor Julian Carron, succeduto a Giussani alla sua morte, nel 2005. Straniero anche il presidente della Compagnia delle Opere, il tedesco Bernhard Scholz.

Comunione e Liberazione vanta forti simpatie e sostegni nella politica: da Silvio Berlusconi (sostenitore de Il Sabato nel ’78 e premier indicato apertamente da Cl e Cdo in varie tornate elettorali) a Pierluigi Bersani (ospite fisso del Meeting di Rimini) fino a Enrico Letta, Francesco Rutelli, Matteo Renzi, e molti ancora.

Oggi però esprimono «vicinanza» a Comunione e liberazione big dell’economia e protagonisti della finanza come Corrado Passera, Sergio Marchionne (ospite d’onore al Meeting 2010), il numero uno di Generali Cesare Geronzi, il presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi, top manager di multinazionali come Enel e Edison, noti professori universitari, giornalisti, medici, imprenditori.

Al fenomeno Cl è dedicato un corposo libro di inchiesta, La Lobby di Dio (dal 25 novembre in libreria per Chiarelettere) di Ferruccio Pinotti, che in 480 pagine fitte di dati e ricche di oltre 60 interviste, illumina per la prima volta un mondo in grande crescita. Un potere che sembra inarrestabile. «Questo nostro modello conquisterà l’Italia», disse una volta Roberto Formigoni. Il modello, in gergo ciellino, si chiama «amicizia operativa». E oggi sempre più imprese, complice la crisi finanziaria, si avvicinano a Cl per godere dell’ombrello protettivo della Compagnia delle opere. La Cdo ha infatti stretto accordi con banche come Unicredit, Intesa-San Paolo, Bnl, Banco Popolare, Popolare di Milano; e la battuta che gira tra molti imprenditori in crisi è che «se non sei della Cdo non hai accesso al credito».

I critici di Cl sostengono che, sfruttando il mantra della sussidiarietà, Cl e Cdo hanno colonizzato la sanità lombarda, privatizzandola rapidamente (le strutture private nei 15 anni di guida fomigoniana sono cresciute esponenzialmente) ed occupandola con i suoi uomini. Identiche accuse sono state rivolte relativamente alla guida di società ad hoc create dalla Regione come Finlombarda, Infrastrutture Lombarde, Cestec, Ferrovie Nord, Fiera di Milano.

Ma nella sezione dell’inchiesta intitolata «Tutti i business della Compagnia della opere», Pinotti investiga a fondo i core business della Cdo, da Milano alla Sicilia: l’occupazione della scuola, gli anziani e l’assistenza, i trasporti, l’energia, le mense, i servizi alle imprese. Una parte importante dell’inchiesta è quella legata all’espansione di Cl e Cdo nel mondo universitario: attraverso la costruzione di residenze e studentati, ma anche con un’occupazione culturale che emerge in tutta la sua forza dalle molte interviste raccolte.

C’è anche un risvolto giudiziario, che ha sfiorato le attività di Cl. Con interviste, testimonianze e atti processuali, La Lobby di Dio ricostruisce inchieste come quella sulla Cascina (mense e ristorazione), l’operazione Why Not in Calabria, l’inchiesta sulle tangenti in Trentino, lo scandalo Oil for Food, l’indagine Montecity a Milano, fino all’inchiesta di Padova sui fondi europei, che ha visto recentemente rinviati a giudizio i vertici della Compagnia dele Opere del Nordest.

Il libro-inchiesta però non affronta solo la parte pubblica di Comunione e liberazione: Pinotti è entrato nel modo di essere del movimento, dentro un sistema di valori che origina quasi una realtà parallela, visibile e allo stesso tempo segreta, misteriosa pur se sotto gli occhi di tutti. Questa chiave di lettura è proposta attraverso il racconto dei suoi membri: dai semplici simpatizzanti che ogni anno, a fine agosto, si ritrovano al Meeting di Rimini ai più severi militanti noti come Memores Domini, l’élite di Comunione e liberazione, i laici che dedicano la loro vita a Cl vivendo nella castità e nell’obbedienza più rigorosa, pur ricoprendo nel mondo incarichi importanti, ruoli e responsabilità politiche ed economiche di primo rilievo, come lo stesso Formigoni. Voci, atmosfere, testimonianze e storie toccanti, anche di persone che si sono lasciate alle spalle con dolore l’esperienza di Comunione e Liberazione.

Ma quale sarà l’evoluzione di Cl? Nella quinta parte, «Il futuro di Cl», l’inchiesta si interroga sul futuro del movimento, che trovò l’11 febbraio 1982 ampio riconoscimento formale da Giovanni Paolo II, un Papa che ha aiutato in maniera determinante i movimenti di chiara impronta conservatrice. Ma il potere raggiunto da Cl sotto il papato di Ratzinger, un pontefice (assistito tra l’altro proprio da «suore laiche» di Cl) è crescente. Benedetto XVI vede in Cl il think thank della sua Chiesa, il serbatoio da cui probabilmente pescherà il suo successore: un progetto ambizioso che punta proprio su uno dei grandi protettori di Cl in Vaticano, il cardinale Angelo Scola. Il movimento quindi guarda lontano, con idee chiare e obiettivi precisi, forte di solidi riferimenti nella Chiesa, nella politica, nell’economia e nella finanza.

(22 novembre 2010)

di redazione MicroMega

 
 
 

Cosa vogliono? Il futuro negato in nome degli interessi di banche, industrie, alta finanza e sedicenti rappresentanti politici.

Post n°4060 pubblicato il 25 Novembre 2010 da cile54

'“Noi la crisi non la paghiamo”'

 

L’urlo di rivolta è tornato in questi giorni a farsi risentire nelle scuole e nelle università italiane mentre un governo allo sbando cerca di approvare, senza copertura finanziaria un ddl che riduce sul lastrico quello che resta dell’istruzione pubblica. Presidi, facoltà e istituti occupati o in cui è bloccata la didattica, azioni di protesta lampo “flash mob” nelle stazioni, per le strade dei centri storici, attorno ai provveditorati e ai luoghi del potere, persino in un aeroporto, e poi ricercatori, studenti e precari che insieme salgono sui tetti, sancendo come questa forma di lotta, dalle fabbriche in dismissione ai lavoratori migranti a rischio espulsione fino agli studenti e al precariato della conoscenza, sia divenuta ormai emblema di questa stagione di lotta. Secondo il ministro Maria Stella Gelmini, secondo governanti e adoratori della cessione di un bene comune come l’istruzione ai privati e alla logica del profitto, di destra come di centro e sinistra moderata, le mobilitazioni ricalcano vecchi cliché, riti iniziatici per studenti annoiati che, mal informati da biechi comunisti che ancora si aggirano dove si formano le menti, finiscono col servire per difendere i privilegi dei padroni. Miseria culturale a cui, chi è stato in piazza ha visto opporsi una consapevolezza e una conoscenza dei problemi che forse manca nelle istituzioni. Parli con un qualsiasi studente di un liceo e ti senti sciorinare non solo i dati generali che dimostrano di quanto si tagli alla scuola pubblica per dare alle private, ma la quotidianità del proprio istituto, i tagli che già si avvertono grazie alla passata finanziaria, i servizi che vengono a mancare. E poi consapevolezza di un futuro precario, di come si preferisca dilapidare risorse in bombardieri che portano solo morte invece che investire sulla cultura e sulla ricerca. Questi ragazzi e queste ragazze hanno le idee sin troppo chiare, pretendono, (ma come osano?) che il figlio di un operaio abbia le stesse opportunità del figlio di un padrone, parlano di diritto al sapere criticano, chiedono efficienza e trasparenza, non vogliono privilegi ma non vogliono vivere in un mondo diviso in gerarchie di censo e di classe. Forse hanno più coscienza di classe di quanto siano consapevoli, aspirano ad un futuro migliore perché sanno che un futuro migliore è possibile e non accettano di vedersene privati in nome degli interessi di banche, industrie, alta finanza e sedicenti rappresentanti politici. Queste ragazze e questi ragazzi sono pericolosi per il potere perché non sono violenti, anzi rifiutano sdegnosamente ogni gesto atto a ferire persone, ma hanno capito più e in maniera più profonda la miseria di un Potere che non è in grado di riprodursi, di una crisi che non è solo economica e non potrà essere superata con un batter d’ali. Questi ragazzi e queste ragazze che ieri hanno assediato a Roma i palazzi del Potere hanno mostrato che oggi come mai il re è nudo. Che continuino la loro lotta che è di tutti e di tutte e che parla al presente e al futuro. 

Stefano Galieni

24/11/2010

leggi www.liberazione,it

 
 
 

Danilo De Biasio direttore Radio Popolare, a sostegno del quotidiano Liberazione

Post n°4059 pubblicato il 25 Novembre 2010 da cile54

«Là fuori c'è un mondo da raccontare e spiegare»

Dal 1976 Radio Popolare è "la" radio della Milano libera e indipendente. Direttore editoriale della storica emittente è Danilo De Biasio che, non appena ricevuta la nostra chiamata, non ha esitato un secondo a prendere parola in difesa di Liberazione. Il motivo? «Semplice. Altrimenti avremo un giornale in meno, una voce autorevole del panorama dell'informazione "non allineata", nella nostra rassegna stampa mattutina. E la sola idea di questa eventualità fa molto male. E poi perché ogni giornale che chiude, qualsiasi esso sia, è un piccolo pezzo di democrazia che frana. Che poi questo accada per decisioni prese "a tavolino" da questo governo, fa ancora più male».

La sensazione, che è più di una sensazione, è che dietro i tagli all'editoria decisi da Tremonti vi sia l'obiettivo di eliminare il pluralismo dell'informazione, o almeno di ridurlo al minimo. E' così?

Tutti noi abbiamo il sospetto, ma purtroppo non la "pistola fumante", la prova provata, che dietro ai tagli all'editoria vi siano esclusivamente interessi politici ed economici. Non solo per ridurre le voci libere e controcorrente del panorama informativo italiano, ma perché in un momento di contrazione del mercato pubblicitario nell'editoria, escludere chi "ruba le briciole" come la stampa cooperativa o di partito, significa briciole in più che possono essere mangiate dai padroni dell'informazione. Se poi scopri che queste briciole, messe insieme, magari fanno una fetta di torta intera, per quanto piccola, allora tanto vale raccogliere tutte le briciole e riportarle sulla tavola. Detto questo, l'obiettivo politico è evidente: se si riesce a tagliar fuori alcune testate libere, o almeno a rendergli difficile la vita, ci guadagni dal punto di vista della "tranquillità".

Come reagire a questa manovra? In poche parole, come sopravvivere?

La via di uscita, qualora non si riuscisse a mettere un freno a questa manovra, è una sola: stringere la cinghia dove possibile e puntare sul cosiddetto "azionariato diffuso". Dovremo dire ai nostri lettori o ascoltatori che «se vi piace la stampa libera o la radio indipendente, se per voi essere informati è un'esigenza come l'aria che respirate, allora dovete mettere mano al portafogli e darci una mano». Noi, in cambio, possiamo offrire solo una merce: un giornale o una radio.

Parlando proprio di editoria "indipendente", come reputi lo stato di salute di questo segmento dell'informazione?

Partiamo da un presupposto: siamo in un momento di grave patologia per l'informazione in generale. Quella "indipendente", poi, sta attraversando ancora più difficoltà. In questo momento storico sembra aver ragione Enzo Forcella: un giornalista politico italiano può contare al massimo su un pubblico di millecinquecento persone, interessate per necessità alla lettura e alla comprensione di questo tipo di notizie. Per questo dobbiamo iniziare a ragionare sui limiti della "nostra" informazione. Il nostro difetto credo risieda nell'immaginario di società che abbiamo. Una società che non regge alla prova dei fatti. Possiamo anche non occuparci della televisione, ma se milioni di persone guardano il Grande Fratello non possiamo far finta che quell'Italia non esista. Ecco, quindi, che pur importante, limitarci a raccontare dei 67mila che vanno a votare alle primarie di Milano è doveroso ma non può diventare l'unico argomento di una certa rilevanza per giorni. Perché questo, inevitabilmente, si tradurrà con l'assenza, o quasi, della sinistra dal consiglio comunale di Milano. E allora: iniziamo a occuparci, con lo spirito critico di cui siamo dotati, di ciò che accade ogni giorno intorno a noi. Smettiamo di avere una lettura esclusivamente ideologica.

In questi giorni, parlando dell'informazione mainstream, tutti si stanno domandando il perché del successo di un programma come "Vieni via con me" del duo Fazio-Saviano. Tu che idea ti sei fatto?

Avendo un panorama informativo di scarso livello, non appena il pubblico vede un prodotto migliore degli altri, magari che porta alla ribalta nuove informazioni o che spiega le medesime notizie in maniera più accattivante o "utilizzabile", lo spettatore rimane incollato davanti alla tv. Così facendo, però, continueremo per anni a parlare di eccezioni in un emisfero di regole fatte da linguaggi pubblicitari, giornalismo spot o intrattenimento. Dal nostro punto di vista, invece, vista la situazione in cui siamo costretti a lavorare, con la carenza di budget, ogni tanto riusciamo ad avere un pezzo, un'inchiesta, un'intervista particolarmente riuscita, ma nel 90% dei casi, non potendo contare sui denari di "Vieni via con me", dobbiamo far ricorso a internet, alle agenzie, all'informazione "diffusa". Questo rischia di condannarci definitivamente. Ma a questo, al tempo stesso, c'è un rimedio: abbiamo la fantasia, abbiamo lo spirito critico. Mettiamo questo in circolo e ripartiamo da quello in cui siamo bravi, senza però chiuderci nella nostra ideologia. Iniziamo a raccontare, con il nostro linguaggio e il nostro sguardo, quello che accade in strada. Facciamo sì che la gente capisca quanto siamo importanti.  

Quanto siamo importanti, dici. Che panorama informativo immagini, oggi, se pensi a un'edicola dove non vi siano più giornali come "Liberazione", "il manifesto", "Carta" o a un etere senza Radio Popolare o le altre radio indipendenti?

Rispondo in una maniera non piacevole, ma per provare ad accendere una fiamma in un eventuale dibattito sulla libera informazione. Credo che in questo momento storico solo qualche decina di migliaia di persone si accorgerebbe della nostra assenza. Il motivo, però, non è "al nostro interno" ma all'esterno: in una società, come quella odierna, che ritiene ogni giorno che passa di poter fare a meno di tanti piccoli pezzetti di libertà, barattabili in nome di una sicurezza economica, sociale, o in un ordine pubblico che non ci sarà mai, restando così le cose. E allora è qui che Liberazione, il manifesto, Radio Popolare devono entrare in gioco. Iniziamo, però, chiedendoci perché, oggi, non siamo "fondamentali" per la gente. Chiediamoci dove abbiamo sbagliato ma soprattutto cosa è successo a questa società. Sono riflessioni dolorose ma importanti. Riflessioni che dobbiamo fare se vogliamo realmente cambiare le cose e non limitarci a sopravvivere.

Daniele Nalbone

24/11/2010

 
 
 

A "vieni via con me" arriva Maroni e salta la testimonianza della mamma di Aldrovandi. Esigenze di spettacolo!

Post n°4058 pubblicato il 25 Novembre 2010 da cile54

L'elenco  delle offese a Federico

 

L'arrivo, non previsto, del ministro Maroni al programma di Raitre "Vieni via con me" ha fatto saltare, per ragioni di tempo, l'elenco che avrebbe dovuto leggere Patrizia Moretti, madre di Federico Aldrovandi. Ne riportiamo qui di seguito un lungo estratto

 

54 lesioni. Ciascuna di queste avrebbe dato luogo ad un processo (Giudice F.M.Caruso); 3 invocazioni di aiuto rivolte da Federico agli stessi poliziotti, prima dei rantoli mortali; "Federico è morto perchè drogato" : dichiarazione dell'allora questore Elio Graziano; la pm che non si è degnata di andare sul posto e noi siamo stati avvisati solo dopo 5 ore; il fatto che a me e mio marito è stato impedito con la menzogna di vedere il corpo di mio figlio abbandonato sul selciato a poca distanza da casa; le parole "io so sempre dov'è mio figlio" pronunciate dalla prima pm per farci sentire in colpa dopo che il blog aveva scatenato la polemica e l'urgenza di chiarezza; "calunniatori", "sciacalli" sono le offese e le umiliazioni dichiarate da alcuni sindacati di polizia ai media su di noi e chi ci aiutava; il rifiuto di riceverci da parte del vescovo di Ferrara; l'indagine per calunnia subita dagli avvocati Fabio e Riccardo che si ribellavano alle dichiarazioni ufficiali rilasciate dai vertici di Procura e Questura; le offese rivolte alla memoria di Federico dai difensori degli imputati durante il processo nell'impossibilità per lui di difendersi; le offese rivolte alla memoria di Federico definito "povero disgraziato" dal procuratore Minna intervenuto nel processo bis a difesa della dott.ssa Guerra; la querela della dott.ssa Guerra nei miei confronti, nonostante lei non sia andata sul posto, non abbia sequestrato i manganelli, le auto, non abbia raccolto testimonianze se non quella spontanea di Anne Marie Tsegueu e non abbia indagato i poliziotti che 6 mesi dopo, poco prima di lasciare il caso. Non ha avuto conseguenze disciplinari eppure ha querelato me e "Lanuovaferrara" che ha riportato la notizia della condanna in primo grado di suo figlio per spaccio di droga.

 

24/11/2010

 
 
 
 

L'informazione dipendente, dai fatti

Nel Paese della bugia la verità è una malattia

(Gianni Rodari)

 

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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

omicidio di Stato

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