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Messaggi del 23/12/2010

Solidarietà e sostegno ad Anna Vitale che ha perso il suo compagno in un incidente sul lavoro il 26 luglio 2007 ad Avellino

Post n°4162 pubblicato il 23 Dicembre 2010 da cile54

NON CHIAMIAMOLE MORTI BIANCHE

Anna ha partecipato al Convegno su “Giustizia e Sicurezza” tenuto a Viareggio il 23-24 ottobre scorso. La sua testimonianza …

 

Mi chiamo Anna ed ero sposata con Giovanni Di Lorenzo, un ragazzo dolcissimo e sempre pronto ad aiutare tutti. Era il 26 luglio in piena estate, mio marito uscì di casa prima delle 07, mi diede due baci quella mattina uno in più per farmi gli auguri per il mio onomastico. Ci saremmo dovuti vedere per l'ora di pranzo. Mi chiamò verso le 10 dicendomi che non sarebbe tornato a pranzo perchè mangiava un panino con i colleghi di lavoro. Mi spiegò, più o meno, il posto dove stava lavorando ma non mi disse che stava alla guida di una ruspa. Mio marito era autista di camion.

Verso mezzogiorno mi chiamò mio padre dicendomi che aveva ricevuto una telefonata il cui contenuto era vago, parlavano di un incidente; io la prima cosa è stata quella di telefonare a mio marito ma niente, era spento. Salii subito in auto pensando al peggio; dopo un quarto d'ora arrivai sul posto. Era una strada di montagna, vidi la ruspa capovolta e tanti carabinieri, nessuno mi fece passare, volevo vedere Giovanni ma dissero che non potevo e non dovevo. In quel momento pensai a Carmen la nostra bambina di due anni, pensai ai nostri progetti, ai suoi sogni e vidi solo il nulla intorno a noi. Sono passati tre anni, fino a poco tempo fa non ne volevo parlare con nessuno, il dolore era ed è ancora tanto. Ora ne voglio parlare affinché storie del genere non accadano più, voglio che un padre di famiglia dopo una giornata di lavoro torni a casa dalla sua famiglia. Non possiamo più farci scivolare questi morti addosso come se fossero dei banali incidenti, non sono morti bianche sono morti rosse, come il sangue che ho visto il giorno dopo dove è morto mio marito. Dopo tre anni ci sono 4 indagati per omicidio colposo, e non capisco perchè bisogna aspettare tanto per avere un pò di giustizia, e perchè mi devo sentir dire dall'avvocato di non aspettarmi che paghino con la galera … Sono molto scoraggiata anche perchè le udienze vengono sempre rinviate, e quella ditta continua a lavorare ed è brutto incontrarla per strada, mi fa molto male.... ”.

 

L’udienza doveva tenersi il 26 novembre scorso ma ancora una volta è stata rinviata.

Nell’esprimere la nostra incondizionata solidarietà ad Anna ed alla sua bambina Carmen, chiediamo che il processo, per accertare le responsabilità di questo infortunio mortale sul lavoro, sia celebrato e lo sia quanto prima.

Le istituzioni tutte debbono farsi carico di questo impegno civile e della solidarietà umana. La magistratura deve assolvere i propri compiti processuali di ricerca della verità nella giustizia. Non è accettabile questo stato di cose e non è possibile uccidere Giovanni ogni giorno dal 26 luglio 2007 !                        

Viareggio, 19 dicembre 2010

Assemblea 29 giugno - Associazione “Il mondo che vorrei”

Medicina democratica sezione Viareggio 29 giugno 2009

 

assemblea29giugno@gmail.com

ilmondochevorrei@yahoo.groups.it

per Anna: anna76vitale@alice.it

 
 
 

Il sindacato tace, i pensionati si considerano fortunati nel percepire l'assegno

Post n°4161 pubblicato il 23 Dicembre 2010 da cile54
Foto di cile54

Pensioni: 5 milioni gli anziani con meno di 500 euro al mese

 

Sono mesi che le parole "pensioni" e "pensionati" sono sparite dai media. Non ne parla nemmeno il sindacato e sono ignorate dai partiti di opposizione. La politica si dipana tra gli intrighi di palazzo, assistiamo ad uno sconcertante e squallido spettacolo di mercimonio e di personalizzazione. Alle proteste si risponde con misure di ordine pubblico, con la repressione. Intanto Marchionne e la confindustria smantellano la contrattazione e limitano il diritto di sciopero. Crescono i disoccupati ed i cassaintegrati ed un numero crescente di giovani è senza futuro. Gli anziani sono un quarto della popolazione e da anni vedono logorata la loro pensione dal costo della vita. Sono poi costretti a crescenti sacrifici per aiutare figli nipoti cassaintegrati o disoccupati. Sono più di 5 milioni gli anziani che percepiscono meno di 500 euro al mese e in numero crescente precipitano nella povertà. Il sindacato dei pensionati tace e gli stessi pensionati si considerano fortunati in quanto continuano a percepire l'assegno mensile.

Nei mesi scorsi il governo, nel più assoluto silenzio, ha varato alcuni provvedimenti che colpiscono pesantemente i lavoratori e le lavoratrici che maturano il diritto alla pensione dal gennaio 2011. L'età per il diritto alla pensione aumenterà automaticamente in rapporto alla speranza di vita: l'Inps prevede che in 15/20 anni arriverà ai 70 anni. Non solo, l'età per il diritto alla pensione è stata surrettiziamente aumentata di un anno. Infatti i lavoratori dipendenti che compiono 65 anni dovranno aspettare un anno per iniziare a ricevere l'assegno ed i lavoratori autonomi 18 mesi. L'età per il diritto alla pensione non è più a 65 anni ma a 66 e per un anno non si percepirà né il salario, né la pensione. Anche la pensione di anzianità ritarderà di un anno, non solo, ma per maturare il diritto si dovrà aver compiuto 61 anni di età e versato 35 anni di contributi o 60 anni di età e 36 anni di contributi: di fatto la pensione di anzianità viene abolita.

Con l'andata a regime del sistema di calcolo contributivo e con l'applicazione dei nuovi coefficienti moltiplicatori gli importi delle pensioni vengono pesantemente ridimensionati. Si valuta che nel decennio si scenderà dall'attuale 76% del salario degli ultimi anni al 60 e successivamente al 50 per quei lavoratori e quelle lavoratrici che vantano una contribuzione piena. Per la gran maggioranza degli altri lavoratori e lavoratrici (il mondo dei precari) la cui contribuzione è saltuaria ed i salari poveri la pensione non supererà il 25%: 300/400 euro al mese. Va ricordato che con il sistema di calcolo contributivo è stato abolito il minimo di pensione. Tagliare le pensioni significa tagliare i salari in quanto la pensione è salario differito, pagato dai lavoratori e dalle lavoratrici.

Se i contributi versati garantivano ad un lavoratore quando si pensionava 1.000 euro al mese, oggi, con gli stessi contributi ne riceve 700: ha perso il 30% di pensione (salario) per gli anni che vivrà.

Il sistema contributivo cancella un pilastro della solidarietà interna al sistema: il minimo di pensione. Il ministro Sacconi dichiara che è tempo che le famiglie provvedano al futuro dei figli con polizze assicurative e che il lavoratore e la lavoratrice si responsabilizzino e pensino al loro futuro ricorrendo alla previdenza integrativa, cioè al privato e sono privati anche i fondi pensione gestiti dai sindacati e dai datori di lavoro.

Tutti questi tagli avvengono in un periodo in cui da anni l'Inps chiude i bilanci in attivo e l'attivo, invece di essere utilizzato per migliorare le prestazioni pensionistiche viene confiscato dal Tesoro, tant'è che Tremonti esclama "se non ci fosse l'Inps…" ed aggiunge" abbiamo realizzato la più grande riforma pensionistica nella più assoluta pace sociale".

I provvedimenti presi dal governo in materia pensionistica andavano contrastati. Questi provvedimenti di fatto sono un taglio al salario ed un pesante ridimensionamento dello stato sociale: un altro valido motivo per proclamare un duro sciopero generale.

 

Sante Moretti

22/12/2010

Leggi www.liberazione.it

 
 
 

Bankitalia: il 10% possiede il 45% della ricchezza. Certificazione di un quadro in realtà ancora peggiore

Post n°4160 pubblicato il 23 Dicembre 2010 da cile54

Italia, paese in mano a poche famiglie

 

Nel Bel Paese quasi la metà della ricchezza è in mano ad appena il 10% delle famiglie. E' il volto di una Italia molto trasfigurata quello che esce dal rapporto di Bankitalia. Un paese sempre più indebitato in cui molti giovani, come è tornato a sottolineare proprio ieri l'Istat, rinunciano addirittura a cercare lavoro "iscrivendosi" al nuovo gruppo del "Neet", sigla anglosassone che sta per "né studente, né lavoratore, né in formazione": rappresentano un quinto di chi ha tra i 15 e i 29 anni; la quota dei 'neet' è poi maggiore fra le donne (il 24,4%) che fra gli uomini (18,2%), fra i 25enni-29enni (26,3%) che fra i 15enni-24enni (18,3%), nel Mezzogiorno (30,3%) rispetto al Centro (16,1%) ed al Nord (14,5%).

Tornando al rapporto di via Nazionale, ciò che si percepisce è che la crisi non è più soltanto un'onda che si ritira lasciando scoperte alcune "zone" del territorio. La crisi, associata all'inazione del Governo, sta cambiando strutturalmente i rapporti tra le classi sociali. L'Italia sta lentamente passando da un ceto medio "ago della bilancia" a un profilo sociale in cui le classi sociali "scivolano" sempre più verso il basso. Il reddito disponibile del 90% delle famiglie italiane non solo è diminuito in termini relativi ma anche assoluti. Tra gli indicatori citati da Bankitalia, un calo dello 0,3% della ricchezza dovuto «a una diminuzione delle attività finanziarie e a un aumento delle passività, che hanno più che compensato la crescita delle attività reali». La ricchezza netta delle famiglie italiane nel 2009 è tornata, a prezzi costanti, ai livelli della fine del 2005 con un lieve calo rispetto al 2008 ma in tenuta dopo il picco registrato fra la fine del 2007 e il 2008 a causa anche del crollo della Borsa che ha invece visto un recupero lo scorso anno. Nel 2009 la ricchezza netta per famiglia è stata di 355.453 euro contro i 356.116 del 2008, i 363.228 del 2005 e i 372.227 del 2007 quando la crisi fece precipitare i valori dei "capital gains" da attività reali e finanziarie. Lo scorso anno i capital gains sono invece stati positivi per circa 36 miliardi di euro, principalmente per effetto del miglioramento dei corsi azionari avvenuto durante l'anno, mentre il risparmio delle famiglie è ammontato a circa 70 miliardi di euro. Il risparmio negli ultimi anni si è attestato attorno all'1 per cento della ricchezza netta e il suo contributo alla crescita della stessa ha avuto una variabilità più ridotta di quella dei capital gains.

La crescita, proverbiale, del risparmio non ha impedito comunque agli italiani di veder crescere l'indebitamento che è arrivato a quota 859,9 miliardi, in aumento dell'1,5% rispetto al 2008. I prestiti complessivamente sono cresciuti del 2,6%, arrivando a 641 miliardi, con al primo posto i mutui che arrivano a 349 miliardi (+2,1%), mentre il credito al consumo è arrivato a 108 miliardi, in aumento del 4,6%. I conti passivi ammontano a 99 miliardi di euro che crescono di 2,5%, unico dato in discesa riguarda i debiti commerciali sono diminuiti del 6,6% arrivando a 86 miliardi.

«La concentrazione della ricchezza nelle mani di poche famiglie non è solo una offesa al senso di giustizia e alla coesione sociale, ma rappresenta oggettivamente un ostacolo alle prospettive di crescita del Paese», commenta il presidente nazionale delle Acli, Andrea Olivero. «Ancora una volta - spiega Olivero - la questione della redistribuzione si rivela cruciale non solamente per un'esigenza di giustizia nei confronti dei più poveri, ma anche per una questione di sviluppo. Le forti concentrazioni di ricchezza non favoriscono infatti gli investimenti, quanto piuttosto la rendita. Restituire invece le risorse economiche alle famiglie del ceto medio ridarebbe slancio ai consumi e fiducia al Paese».

Per Elio Lannutti, Capogruppo Idv in Commissione Finanze al Senato, «ormai più di un terzo della popolazione è a rischio povertà, ma la maggioranza non ha varato alcun provvedimento per abbattere l'inflazione; per di più, non vi sono misure contro l'evasione fiscale e la tassazione continua a galoppare a livelli altissimi. Il colpo di grazia lo danno gli sconsiderati tagli decisi dal Governo, che aggravano le diseguaglianze già esistenti e riducono allo stremo il Paese».

Oliviero Diliberto, portavoce della Federazione della sinistra, dice di provare «rabbia mista a vergogna» e insiste anche lui sulla riforma del fisco. «L'analisi della Banca d'Italia sulla ricchezza delle famiglie italiane - aggiunge - conferma che in Italia c'è un'ingiustizia sociale terribile, una diseguaglianza formidabile e una ricchezza intollerabile, propria di quei Paesi dove regna un regime politico che è diventato anche monopolio di ricchezza». «Se non si mette mano ad una imposizione patrimoniale progessiva sui redditi, per far pagare di più a chi più ha - conclude - il nostro Paese non conoscerà nè pace sociale e nè sviluppo».

Fabio Sebastiani

21/12/2010

 
 
 
 

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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

omicidio di Stato

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