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Messaggi del 04/03/2014

 
 

Quale 8 marzo? In media ogni anno in Italia vengono uccise circa 120 donne, il 2013 ne conta tristemente 128

Post n°8666 pubblicato il 04 Marzo 2014 da cile54

Strumenti antistupro: contro (?) la violenza sulle donne peni finti e gambe pelose

La violenza contro le donne si scatena quasi sempre all’interno delle mura domestiche.

L’autore è nel 48% dei casi il marito, nel 12% il convivente nel 23% l’ex.

Queste sono cifre Italiane, ma quotidianamente sono numerose le donne che nel mondo vengono violentate, uccise, picchiate, maltrattate ecc.. .

Si parla di educazione, di prevenzione, si lanciano campagne (alcune alquanto opinabili) … ma il problema rimane, ed è più facile intervenire su un caso di una donna trovata morta  ammazzata che cercare di prevenire la vicenda aiutando quest’ultima quando inizia a fare denunce per stalking e via dicendo. Quante volte abbiamo sentito parlare in televisione di donne che avevano già denunciato il proprio aggressore e purtroppo questo è stato arrestato solo dopo il femminicidio?

Un aspetto molto grave della violenza sulle donne è che spesso questa viene giustificata: la vittima se l’è cercata a causa del suo abbigliamento, la lite che ha causato la morte è nata per motivi di gelosia, la donna aveva un modo di fare molto “libertino”, le ragazze non dovrebbero uscire la sera da sole …

Lo stupro viene visto come un atto di libido dove le uniche colpevoli sono le donne a causa della loro bellezza eo abbigliamento.  Qualcuno, perpetrando quest’ottica che va ad alimentare la cultura dello stupro, ha trovato quelle che dovrebbero essere le soluzioni che prevengono uno stupro:

Ancora una volta, tramite la creazione di questi strumenti , si va a giustificare uno stupratore dando la colpa della violenza all’aspetto fisico della donna.

Le calze che rendono le gambe pelose vanno a nascondere l’avvenenza di una donna.

Lo slip con il finto pene va a negare del tutto la violenza transfobica – che negli ultimi quattro anni conta ben 1374 omicidi in tutto il mondo secondo le stime del Transgender Europe’s Trans murder monitoring project .

Strumenti quali cinture di castità, reggi seni elettrificati e preservativi con i denti vanno a risolvere  il problema della violenza? Purtroppo no, in quanto non sempre  una violenza termina con lo stupro: le donne vengono anche uccise.

Le notizie relative a questi simpatici strumenti circolano da sempre sul web diventando spesso virali e in  molti casi questo non è un fattore positivo in quanto si ottiene una  ridicolizzazione del problema della violenza sulle donne, poiché spesso le calze pelose o lo slip con il pene finto vengono condivisi su un social network più per ridere che per parlare di prevenzione.

Tutte le donne possono essere vittima di violenza indipendentemente dall’ aspetto fisico, dall’ età, dalla cultura, dalla religione ecc ecc.. . Cercare di creare strumenti volti a disincentivare un potenziale stupratore a lasciar perdere la sua vittima a causa dell’ “abbrutimento” della  persona non è la soluzione. Uno stupratore, purtroppo, rimarrà sempre tale. 

Quindi  poco importa se la sera ritornando dalla discoteca indossassimo un paio di calze che rendono le gambe pelose o un finto fallo.  Non esiste un abbigliamento che aiuti a “prevenire” uno stupro.

La prevenzione si fa tramite la sensibilizzazione a monte andando a distruggere quella cultura che va a sostenere i pensieri misogini e sessisti, non rendendo le donne colpevoli del loro aspetto fisico o del loro abbigliamento.

Pin@

Fonti: qui

3/3/2014 http://comunicazionedigenere.wordpress.com/

 
 
 

Il 14 marzo a Roma contro la Spending Review, chi vuole provare a sottrarsi alle chiacchiere è invitato a partecipare

Post n°8665 pubblicato il 04 Marzo 2014 da cile54

TANTE CHIACCHIERE, POCHE VERITA’

Come sempre il chiacchiericcio politico serve a nascondere i dati strutturali, quelli cioè che determinano la vita della gente.

I quotidiani, i telegiornali, i talk show sono pieni di valutazioni politiche sul nuovo governo, sulla simpatia/antipatia di Renzi, sui supposti intrighi di palazzo, sulle beghe interne al PD, al M5S ecc..

Poco o nulla viene dedicato ai dati drammatici di una crisi che è ben lungi dal potersi considerare conclusa come vuol farci credere invece proprio la politica.

I dati reali dicono che 8,8 milioni di lavoratori dipendenti sono attualmente senza contratto; i dati Istat, pubblicati con scarso rilievo, sicuramente inferiore a quello dedicato al gossip di palazzo, raccontano di un blocco totale dei consumi e di un sempre maggior arretramento delle disponibilità economiche delle famiglie. L’occupazione reale è ormai in caduta libera e cresce a dismisura la percentuale degli scoraggiati, di coloro cioè che un lavoro neanche lo cercano più, e le situazioni drammatiche, come quella dei 24.000 ex LSU ATA o degli operai FIAT di termini Imerese si vanno moltiplicando di giorno in giorno.

La politica, e le chiacchiere sulla politica, si assumono anche l’onere di nascondere più possibile le dinamiche che si stanno mettendo in atto grazie al pilota automatico, l’Unione Europea, che continua indisturbato a programmarci l’esistenza, decidendo sulla nostra economia…”l’Italia sa cosa deve fare”…hanno detto all’unisono il Commissario Olli Rehn e Draghi per la BCE, sottintendendo così che alla lettera dell’agosto 2012, quella tenuta segreta dal governo italiano che indicava con precisione i provvedimenti anti popolari da assumere, non c’è scampo neppure ora che tutti ci raccontano che “si intravvede la fine del tunnel”, anche se, alla fine di questo, c’è l’obbligo di conversione ad U!

Nelle prossime ore il Commissario alla Spending Review renderà noti al governo i risultati del lavoro delle 25 commissioni che ha allestito per individuare dove tagliare la spesa e il governo dovrà decidere cosa fare. Siamo certi che ancora una volta la scelta cadrà sul welfare, sui lavoratori pubblici, sulle partecipate con la scusa degli esorbitanti costi della pubblica amministrazione, che invece sono pari o inferiori a quelli degli altri paesi europei, e forti di questi nuovi tagli sulla pelle viva della gente i ragazzi di Matteo andranno in Europa a chiedere flessibilità nel rispetto dei limiti imposti dall’Unione. Dimenticano o forse non glielo hanno spiegato, che noi i parametri europei ce li siamo addirittura messi in Costituzione e che, a partire dal prossimo anno dovremo trovare circa 50 miliardi l’anno per ridurre il nostro debito pubblico.

Noi intanto il 14 marzo manifestiamo a Roma contro la Spending Review, chi vuole provare a sottrarsi alle chiacchiere è invitato a partecipare.

USB Unione Sindacale di Base

27/02/2014

 
 
 

Ricatti. Chi "godrà" dell'offerta non potrà rifiutare lavori di natura ottocentesca. Pochi soldi e sporchi di schiavismo

Post n°8664 pubblicato il 04 Marzo 2014 da cile54

Ma cos'è il "Naspi" di Renzi?

Tutto si può dire, di Renzi, tranne che vada lentamente. Peccato che non si riesca affatto a vedere cos'è che fa mentre va.

Nulla di di analizzabile esce dalle cartelline dei suoi collaboratori, che a loro volta seminano “titoli” buoni per giornali che hanno smesso di criticare il potere (ad esempio: “mille euro al mese per chi perde il lavoro”), ma mai un progetto organico che faccia capire quale “sistema” di welfare ci sia in cantiere.

Prendiamo questo “Naspi”, che dovrebbe significare “nuovo Aspi” - l'assegno di disoccupazione disegnato dalla riforma Fornero, al momento percepito da pochissime persone, anche per la gradualità temporale della sua entrata a regime. Dovrebbe essere uno dei capisaldi del “jobs act”, così come il sedicente “contratto di ingresso a tutele crescenti” (in realtà un contratto di assunzione senza più l'art. 18, quindi con licenziabilità totale in qualsiasi momento e una piccola “mancia” per togleirti dai piedi).

Il Naspi dovrebbe sostituire – stando alle dichiarazioni – tutte le forme di ammortizzatore sociale oggi esistenti, salvo la cassa integrazione ordinaria, che viene concessa per “eventi imprevedibili” come alluvioni, terremoti e quisquilie di qeusto tipo. In pratica – sembra di capire – verrebbero cancellate contemporaneamente:

- la cassa integrazione straordinaria (per ristrutturazione aziendale o per cessazione attività)

- la cassa integrazione in deroga (per quei settori produttivi in cui non esiste la “straordinaria”)

- la mobilità

- l'assegno di disoccupazione.

Qui sorgono i primi problemi, perché si tratta di strumenti assai diversi e fin qui finanziati in modo diverso. La cig straordinaria, per esempio, è carica di aziende e lavoratori, che versano mensilmente una quouta per far fronte proprio alle “ristrutturazioni produttive”; in secondo luogo, la cig di ogni tipo contempla la conservazione formale del posto di lavoro, fino a completamento della procedura (anche se sempre più frequente che chi vien e messo in cig a “zero ore” si ritrovi alla fine licenziato, ma con un po' di contribuzione figurativa in più, valida ai fini pensionistici).

Il meccanismo del Naspi sposterebbe invece tutto il carico sulla contabilità dello Stato; e c'è da chiedersi che fine farebbero i fondi accumulati per la cig, di origine “non statale”. Il nuovo sussidio – sempre stando ai “si dice” fatti filtrare sui giornali “amici” - sarà finanziato invece con una revisione della Cassa integrazione in deroga.

C'è poi il capitolo delle figure “coperte” con il Naspi. Il governo dice “universale per chi perde il lavoro”, ma andando nei dettagli si scopre che così non è.

 “La Naspi spetterà a tutti coloro che perdono il posti di lavoro ed hanno lavorato almeno tre mesi. Durerà più a lungo, 2 anni invece che 1 o 1 e mezzo, come è ora per chi ha più di 55 anni. Per gli atipici come i lavoratori a progetto durerà invece solo 6 mesi, anche se i criteri di accesso saranno riformati per potere includere anche loro”. Messa così, è una “mobilità” più corta di quella ancora in vigore (due anni per gli under 50, tre per gli over), ma più lunga dell'Aspi forneriano. Ne manterrà comunque l'andamento “a scalare”, dai 1.000 euro mensili (a seconda dello stipendio di partenza del licenziato) a scendere col passare dei mesi.

L'idea di fondo sembra insomma quella di finanziare una leggera estensione della platea dei beneficiari dell'assegno di disoccupazione (in modo da includervi anche i precari o i lavoratori a progetto, generalmente più giovani, che abbiano avorato almeno tre mesi) tramite una riduzione della durata media del sussidio per i più anziani (che naturalmente hanno molte meno probabilità di trovare un nuovo lavoro). La differenza di spesa prevista rispetto a oggi, infatti, è di appena 1,6 miliardi in più.

Resterebbero totalmente privi di tutele, come oggi, almeno 2 milioni di disoccupati (3,3 milioni, secondo i dati Istat), altri titpi di precari, gli “autonomi” iscritti alla Gestione separata dell’Inps (le stime li danno a 1,8 milioni di persone). In totale, quasi quattro milioni senza alcun reddito.

Ma si tratta di una tutela “condizionata”. Il lavoratore che gode del Naspi non potrà rifiutare più di una offerta di lavoro, a prescindere dalle competenze possedute, dal livello salariale offerto e dalla durata del contratto. In pratica, se un imprenditore di offre 600 euro per dieci ore al giorno, magari per fare il commesso invece che il ragioniere, magari persino a 50 chilometri da casa, tu devi accettare almeno alla seconda di simili “offerte”, altrimenti perdi anche il sussidio.

Si chiama “workfare”, non più welfare. E non sarebbe nemmeno un'idea disprezzabile, se si potesse contare su minimi salariali almeno superiori al “sussidio di disoccupazione”. Altrimenti – nelle condizioni di ora – diventa un incentivo allo schiavismo sottopagato.

Buio totale, inoltre, sull'”autorità” che dovrebbe gestire il nuovo strumento. In teoria, dovrebbe esserci un coordinamento nazionale dei “Centri per l'impiego”, che attualmente gestiscono anche le pratiche per la “mobilità”. Ma una riforma del genere, se anche ci fosse un disegno razionale e ragionevole su carta, richiederebbe svariato tempo per andare a regime. Il pericolo è che tutto finisca per gravare sulle Regioni, che già ora hanno difficoltà nel gestire gli ammortizzatori sociali (soprattutto la “cassa in deroga”) a causa della riduzione dei rtasferimenti finanziari dal governo centrale.

Bisognerà attendere il testo finale del “jobs act”, naturalmente. Quello con “la ciccia”, e non soltanto “i titoli” dei vari paragrafi. Ma ogni “indiscrezione” conferma – anche nella vaghezza confusionaria degli annunci “a orologeria” - che il governo cercherà di apparire “munifico” senza regalare nulla. Anzi, risparmiando qualcosa...

Claudio Conti

3/3/2014 www.contropiano.org

 
 
 
 

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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

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