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Messaggi del 07/03/2014

>>>> SOMMARIO INSERIMENTI 1/7 MARZO 2014 Clicca sulla presentazione del post

Post n°8675 pubblicato il 07 Marzo 2014 da cile54

7- A Crotone due stabilimenti che lavoravano metalli pesanti e che hanno contaminato in maniera gravissima questo pezzo di Stivale

7- Otto marzo, donne e sicurezza sul lavoro. Ecco una celebrazione della violenta realtà che molte donne non faranno

7- Reato di tortura, passa al Senato un testo inadeguato. Le larghe intese si inchinano alle pressioni del Viminale. Gli ’oppositori’ stanno zitti

6- I poteri hanno pervertito il significato delle parole: Giustizia, Democrazia, Pace, Informazione, Sinistra. Ritorno in Grecia!

6- "L'altra Europa con Tsipras", presentati liste e simbolo per le elezioni europee del 25/26 maggio

6- Inutile multa di 180 milioni alle multinazionali del farmaco a fronte della programmata perdita di salute per milioni di persone

6- Reportage Cie. In Basilicata un caso emblematico del sistema di governo dell'immigrazione: milioni di euro buttati a mare

4- Lo spaccato di società marcia e vincente raccontato al cinema vince l'oscar del proprio potere di mistificazione della realtà

4- Quale 8 marzo? In media ogni anno in Italia vengono uccise circa 120 donne, il 2013 ne conta tristemente 128

4- Il 14 marzo a Roma contro la Spending Review, chi vuole provare a sottrarsi alle chiacchiere è invitato a partecipare

4- Ricatti del  “Naspi” Chi "godrà" dell'offerta non potrà rifiutare lavori di natura ottocentesca. Pochi soldi e sporchi di schiavismo

3- Ucraina. Come nel calcio anche nelle tragedie dell'umanità i panzer della comunicazione determinano il tifo per gli affari sporchi

3- Cuore e salute. Denuncia sulle linee guida europee sono ancora basate su analisi che comprendono dati ormai screditati. Quindi in Italia?

3- Piero Cipriano, giovane psichiatra, parla del suo libro “La fabbrica della cura mentale”. Reparto psichiatrico o manicomio?

3- Il Nuovo Uomo della Provvidenza, come tutti i suoi precedessori ricicla materiale vecchio e lo veste di giovanilismo e gonnelle

2- Pur di mettere le mani sulle ricchezze della fu URRS, Germania e USA portano al governo i nazisti ucraini. E se non bastasse...

2- Nonostante le innumerevoli evidenze scientifiche sulla pericolosità, oltre che inutilità, del TAV....1000 noTav indagati

2- Oggi a Roma parte la campagna in difesa della 194. Per non tornare ai tempi degli aborti clandestini. "Difendiamo il diritto di scelta e la tutela sociale della maternità"

2- Al servizio del Vaticano e delle multinazionali. Quelle e quelli con la mente libera dal neoliberismo non sono sorpresi dal servilismo del governo PD e berlusconiani

1- La Capitale calpestata ancora una volta da provvedimenti punitivi, come se ci fosse un governo monoleghista. C'è?

1- Daniela Fregosi ha lanciato una petizione su Change.org, “Diritti e assistenza ai lavoratori autonomi che si ammalano”

1- Stampa e bugie. Cose risapute. Sì, ma un conto è dire che si sanno, un altro e ben diverso è avere dei dati oggettivi

1- Crisi: nuovo solito governo. Rifondazione propone abolizione riforma Fornero sulle pensioni e piano per il lavoro

1- Complici di valori futili e deleteri per la civiltà democratica: un viziato bamboccione e un ex comunista di comodo

>>> SOMMARIO INSERIMENTI 22/28 FEBBRAIO 2014 

 
 
 

Due stabilimenti che lavoravano metalli pesanti e che hanno contaminato in maniera gravissima questo pezzo di Stivale

Post n°8674 pubblicato il 07 Marzo 2014 da cile54

Crotone, la città dei veleni. Qui i ragazzi crescono a rame, piombo e zinco

Ho dovuto subire tre funerali nell’arco di sei mesi”. Antonella Godano è una ragazza di 32 anni. Vive a Crotone dove l’anno scorso ha perso il padre, una zia e un cognato. Tutti malati oncologici. Il tumore li ha divorati e non gli ha dato scampo. Elvezio Astorino è anche lui di Crotone. Fino al 2011 aveva un lavoro e gli mancava poco alla pensione. Adesso è a casa: lo Stato gli ha detto che può usufruire di due anni di riposo per curarsi da una malattia che lo sta uccidendo. Combatte contro un cancro: si è ricoverato per mesi, ha subito un delicato intervento chirurgico e lunghissime sedute di chemioterapia in un ospedale che non ha un adeguato polo oncologico.

Qui il mostro si chiama “ex Sin“. Era un sito di interesse nazionale, un’area che per oltre 70 anni ha illuso Crotone facendole credere di essere la “Torino del Sud“, una città industriale grazie all’ex Montedison e alla Pertusola. Due stabilimenti che lavoravano zinco, cadmio, piombo, rame e arsenico. Metalli pesanti che hanno contaminato questo pezzo di Calabria. Sfumato ogni progetto di sviluppo industriale, la disoccupazione è alle stelle. Il lavoro non c’è più e ai crotonesi sono rimasti solo i tumori. A nulla è servito, nel 2001, il decreto del ministero dell’Ambiente che aveva inserito l’area tra quelle da bonificare. L’ex Sin è lì. Fa bella mostra di sé assieme alle discariche di Tufolo e Farina oggi diventate “finte colline” dove gli alberi crescono sopra un cumulo di rifiuti speciali ed rsu.

 “Rappresentano – scriveva il ministero dell’Ambiente – un forte pericolo d’inquinamento sull’area circostante. Si sospetta la presenza di rifiuti sanitari e pericolosi. La vulnerabilità della falda e dei corpi idrici superficiali , la pericolosità dei rifiuti abbancati senza alcuna opera di protezione, la vicinanza a centri ad elevata densità abitativa, inducono a ritenere lo stato di compromissione dell’area a elevata pericolosità sanitaria ed ambientale”. Queste parole risalgono a 13 anni fa. Da allora non è stato fatto nulla. E intanto la gente muore di tumore. Lo studio epidemiologico “Sentieri”, per quanto riguarda Crotone, ha certificato gli “eccessi di mortalità”. E così sarà almeno fino al 2018 quando, stando alle previsioni del progetto realizzato dal ministero della Salute, si toccherà il picco dei decessi per malattie oncolocigiche.

Da un mese un gruppo di attivisti ha occupato il piazzale dell’impianto Eni dove è stato allestito un presidio con tanto di tende per la notte. “Siamo qui dal 30 gennaio” spiega il coordinatore della protesta Pietro Infusino, un ex consigliere comunale dei Verdi che punta il dito contro la multinazionale, già condannata dal Tribunale di Milano a pagare 56,7 milioni di euro per il danno ambientale di Crotone. Gli attivisti minacciano azioni eclatanti e tra i tanti striscioni esposti nel piazzale dell’Eni, ce n’è uno con la scritta “Ma il sindaco c’è?”. Il riferimento è a Peppino Vallone, primo cittadino di Crotone ed eletto presidente dell’assemblea regionale del Partito democratico.”Il nostro caro sindaco – sottolinea il coordinatore degli attivisti – è assente su tutti i gravi problemi della città. Non c’è mai. È impegnato in altre cose e forse preferisce fare incontri singoli con Eni. Dovrebbe spiegare perché questi incontri non si fanno mai a porte aperte. Per noi la situazione è molto grave. Ogni famiglia ha un morto per tumore”.

Per oggi è prevista una grossa manifestazione di protesta: “Se la città risponde bloccheremo la centrale. – conclude Infusino – Come minimo vieteremo l’accesso ai dipendenti. Noi chiediamo che i 56 milioni a cui è stata condannata la multinazionale vengano utilizzati per sostenere le spese dei malati oncologici”.

 “Da parte nostra c’è la disponibilità a un confronto per trovare una soluzione, un progetto approvabile”. L’amministratore delegato della Syndial-Eni Giovanni Milani spiega che non c’è un’atteggiamento di chiusura della multinazionale. Anzi: “I 56 milioni che siamo stati condannati a pagare per il danno ambientale, li pagheremo. Sono già pronti e aspettiamo solo che ci dicano dove metterli. L’Eni si è impegnata in questi anni a presentare una serie di progetti di bonifica approvati dal ministero dell’Ambiente ma che non hanno ricevuto l’ok delle amministrazioni locali”. È proprio in Calabria, secondo i vertici dell’Eni, che si blocca l’iter della bonifica che costerebbe circa 150 milioni di euro: “Noi chiediamo che il progetto di bonifica sia sostenibile dal punto di vista ambientale, economico e sociale”.

Nonostante la malattia, Elvezio Astorino non lascia un attimo il presidio: “Sto provando sulla mia pelle cosa significa avere un tumore e ho paura per i miei figli e i miei nipoti. Mi sono ammalato per la mancata bonifica dell’area industriale. Alcuni alimenti sono coltivati vicini ai siti inquinati e cancerogeni. Evidentemente, come tanti, avrò mangiato qualcosa che mi ha fatto male. Veniamo prima avvelenati e poi abbandonati. La colpa è dei politici locali, dei sindaci che si sono succeduti e i dirigenti del Comune e dell’Asp i quali hanno certificato che i famosi cubilot delle fabbriche, utilizzati per i sottofondi delle strade, dei parcheggi e delle scuole, non erano cancerogeni. Il nostro territorio è tutto contaminato”. Elvezio è solo un numero per i dirigenti dell’Azienda sanitaria locale che, in una nota, fanno riferimento a dati senza fornirli: “Il tasso di incidenza delle malattie oncologiche è identico a quello delle altre province calabresi”.

Non la pensa così il dirigente del dipartimento di prevenzione “Spisal” dell’Asp di Crotone Franco Rocca. Una vita da sindacalista e, anche lui, ha diversi problemi di salute provocati dai veleni: “Ci sono state carriere politiche costruite sulle fabbriche. Basta vedere i nostri rappresentanti”. Rocca ha due figli che lavorano e studiano fuori dalla Calabria: “Lo faccio per loro. Non voglio nemmeno essere seppellito a Crotone. È una considerazione amara, ma è anche il fallimento della mia generazione. Qui la sinistra ha le maggiori responsabilità”.

 “Non ce ne andremo mai”. Antonella Godano protesta davanti al piazzale Eni. Lo fa perché ha visto morire tre familiari nel 2013. Ma lo fa anche garantire un futuro al figlio: “Lasceremo il presidio solo dopo avere avuto delle risposte concrete dall’Eni. Deve scendere sul territorio e bonificare. Vogliamo vedere quali sono stati i rapporti che ha avuto finora con le nostre istituzioni. Non ce la facciamo più. I cittadini sono stanchi e chiedono i loro diritti. Stare i silenzio non può giovare al nostro territorio”.

Lucio Musolino

6/3/2014 www.ilfattoquotidiano.it

 
 
 

Otto marzo, donne e sicurezza sul lavoro. Ecco una celebrazione della violenta realtà che molte donne non faranno

Post n°8673 pubblicato il 07 Marzo 2014 da cile54

Ogni anno 250 mila donne vittime di infortuni sul lavoro, 2 mila diventano disabili

Ogni anno un esercito di 250mila donne resta vittima dei infortuni sul lavoro o malattia professionale; sono 2 mila i casi che conducono a una condizione di disabilità permanente. I dati sono contenuti in una Indagine di Anmil (Associazione nazionale Mutilati e invalidi del lavoro: la condizione della donna infortunata nella società)  resa nota a metà dello scorso febbraio.

Quali sono gli effetti di questa falcidia? Il 42% soffre di incubi e angoscia conseguenti all'infortunio, il 57% perde legami sociali: e se la disabilità è grave, 3 donne su 4 perdono il compagno.

L’indagine sulle donne vittime del lavoro mette in luce il disagio psicologico, le difficoltà di riprendere il lavoro e le gravi problematiche sociali connesse con l’incidente.

Questi, in sintesi, alcuni dei risultati emersi dall’indagine.

Reazione psicologica. Il 42,5% delle donne del campione soffre ancora di ansia/angoscia o incubi conseguenti all’infortunio: si rileva una tendenza maggiore per le donne sotto i 50 anni (59%) che decresce al salire dell’età, ad indicare un maggior livello di superamento del disagio man mano che il ricordo dell’infortunio si allontana nel tempo. Per quanto riguarda la percezione delle cause dell’incidente, solo il 25,5% le imputa a qualcosa/qualcuno esterno, mentre la maggior parte attribuisce la responsabilità dell’accaduto a una propria disattenzione. A causa del persistente disagio psichico successivo all’incidente, il 16,5% del campione considera necessario il supporto psicologico. Necessità avvertita soprattutto tra le donne fino a 50 anni di età, tra le quali il dato raggiunge il 36%.

Rapporti familiari. Il 55,5% delle donne infortunate non svolge le faccende domestiche come prima dell’infortunio e il dato ovviamente cresce con l’aumento del grado di invalidità. Al Sud, il dato cresce fino al 72,3%. Il 51,5% delle donne intervistate ritiene indispensabile un aiuto fisso di una badante o una domestica. Anche in questo caso, il dato cresce molto per le donne residenti al Sud (66%). Interessante i confronto con il dato rilevato tra i maschi infortunati, che solo nell’8% dei casi dichiarano la necessità di un aiuto esterno. Gli uomini percepiscono invece più delle donne (13% contro 5,5%) una perdita di autorevolezza in famiglia.

Per quanto riguarda in particolare il rapporto con il compagno, questo si è interrotto dopo l’infortunio per il 23% delle donne intervistate, mentre la maggior parte di queste ha conservato la relazione.

Il maggior numero di rotture di registra al nord ovest (29%, contro 15% al sud) e per i livelli più alti di disabilità: quando l’infortunio riceve un punteggio di gravità superiore a 66, solo 1 uomo su 4 resta vicino alla compagna. Il 16% del campione ha costruito un rapporto con un nuovo compagno, soprattutto a nord-est (26,5%).

Rapporti sociali. Il 57% circa delle donne denuncia di aver perso il rapporto con amici e colleghi: il dato cresce fino al 63,5% tra le donne che hanno subito l’infortunio dopo il 2000. Il 46% (tra cui il 42% delle donne che ha perso le relazioni sociali precedenti all’infortunio) dichiara però di aver fatto nuove amicizie. Rispetto a 10 anni fa quando è stata svolta ricerca analoga, il contesto amicale sembra migliorare.

5/3/2014 www.geniodonna.it/

 
 
 

Passa al Senato un testo inadeguato. Le larghe intese si inchinano alle pressioni del Viminale. Gli ’oppositori’ stanno zitti

Post n°8672 pubblicato il 07 Marzo 2014 da cile54

Tortura, una brutta legge che tortura la democrazia

Il Senato ha approvato una legge sulla tortura ma il testo la definisce come reato generico e non come reato specifico del pubblico ufficiale. E’ una differenza non da poco. Gli agenti devono sapere che l’abuso sui detenuti o su persone momentaneamente private delle libertà è un reato odioso e insopportabile per chi veste una divisa e rappresenta lo stato. Non un reato qualunque con una semplice aggravante se commesso da un agente. Il testo originario del senatore Luigi Manconi è stato pressoché manomesso definendo tortura solo se ci sono "più atti di violenza o minaccia" proprio come da anni chiedeva la Lega che, su questo, riuscì a bloccare il parlamento nella scorsa legislatura. Miracoli delle larghe intese col silenzio-assenso di Sel e 5 Stelle.

Secondo l’Osservatorio repressione il testo passato in Senato è frutto di precise pressioni esercitate in questi anni dai vertici delle forze dell’ordine, che hanno sempre considerato l’eventualità di una legge ad hoc sulla tortura come un’offesa, quasi un atto d’accusa. Più o meno come l’introduzione del codice alfanumerico per chi opera mascherato e irriconoscibile in ordine pubblico. Ma la formazione del personale nel senso di un rapporto corretto con le persone e la Costituzione non è mai stata in cima alle preoccupazioni di un dipartimento, quello della Polizia di Stato, indifferente e spesso complice con gli scandali di malapolizia che riguardano tutti i livelli della scala gerarchica: per fare un esempio, da chi guidava le volanti a via Ippodromo fino al numero due del Viminale Izzo o al capo del Ros Ganzer passando per i sindacati e i sindacatini che li coprono.

L’Italia, secondo l’Osservatorio repressione, conferma di avere seri problemi quando si tratta di garantire i diritti fondamentali delle persone. Anche l’Unione delle camere penali (gli avvocati penalisti) dice che la legge è sbagliata perché non rispetta le indicazioni dell’Onu e crea confusione rispetto a reati già previsti dal codice penale. In teoria la legge potrebbe essere corretta dalla Camera ma questo Parlamento è lo stesso che tortura diritti e violenta la Costituzione in gran parte dei suoi atti.

Secondo Lorenzo Guadagnucci, del Comitato Verità e Giustizia per Genova, siamo di fronte a una legge molto più che deludente. Diciamo pure inadeguata. L’Italia, come confermano ormai molti episodi e molti processi degli ultimi anni, è un paese nel quale appartenenti alle forze dell’ordine hanno praticato varie forme di tortura.

Approvare una legge che non qualifica la tortura come reato specifico delle forze dell’ordine significa rinunciare a quell’effetto deterrente che una legge del genere dovrebbe avere. Significa fingere di vivere in un altro paese. Nella pratica è un cedimento della politica ai desiderata - in questo caso poco responsabili - dei vertici delle forze dell’ordine, che altrimenti si sarebbero sentiti messi sotto accusa, mentre è ben chiaro che una seria legge sulla tortura (che preveda anche la non prescrizione del reato) è nell’interesse di forze dell’ordine a loro pieno agio all’interno di un sistema autenticamente democratico.

Checchino Antonini

6/3/2014 http://popoff.globalist.it

 
 
 
 

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G8 GENOVA 2011/ UN LIBRO ILLUSTRATO, MAURO BIANI

Diaz. La vignetta è nel mio libro “Chi semina racconta, sussidiario di resistenza sociale“.

Più di 240 pagine e 250 vignette e illustrazioni/storie per raccontare (dal 2005 al 2012) com’è che siamo finiti così.

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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

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