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Messaggi del 10/03/2014

 
 

Nonostante continui a considerare legale l'uso di queste sostanze solo a fini terapeutici e scientifici. Illegalità o civiltà?

Post n°8687 pubblicato il 10 Marzo 2014 da cile54

«Depenalizzare la cannabis». Lo dice pure l'Onu

Anche le Nazioni Unite a favore della depenalizzazione delle droghe leggere. È quanto riporta Avvenire, citando un rapporto di 22 pagine dell'Ufficio della Nazioni Unite sulle Droghe e il Crimine (Unodc), nel quale si prende atto che combattere contro la diffusione della marijuana considerandone il consumo un reato penale è inutile. Di qui la proposta di depenalizzazione, che sarà discussa la settimana prossima a Vienna. «La depenalizzazione del consumo della droga può essere una forma efficace per 'decongestionare' le carceri, redistribuire le risorse in modo da assegnarle alle cure e facilitare la riabilitazione», si legge nel rapporto. Secondo fonti diplomatiche citate da Avvenire, si tratta della prima volta che l'organismo fa esplicito riferimento alla depenalizzazione, già per altro in vigore in diversi paesi. Il che non significa (ancora) liberalizzare o legalizzare il consumo di cannabis (come hanno fatto per esempio in Uruguay), ma stabilire che non è un reato e individuando pene alternative al carcere, come multe o terapie. L'Onu continua a considerare legale l'uso di queste sostanze solo a fini terapeutici e scientifici e non per "piacere" personale; ma nel rapporto si fa notare che i consumatori di stupefacenti devono essere considerati come «pazienti in cura» e non come «delinquenti», ricordando come diversi «trattati consiglino il ricorso ad alternative alla prigione». E in ogni caso, non si trova traccia nel documento dell'agenzia Onu di critica alla creazione di mercati regolamentati, come appunto è il caso dell'Uruguay, di alcuni stati di Washington e Colorado e della Nuova Zelanda (per alcune sostanze psicoattive), a patto che vi sia uno sforzo condiviso (anche da parte degli organismi internazionali) di inserire le nuove norme in un quadro di diritto internazionale. Insomma, un altro, piccolo, passo avanti verso l'antiproibizionismo.

09/03/2014

 
 
 

A Roma, in difesa della legge 194 sfilano in cinquemila, femministe, transgender, queer, associazioni miste

Post n°8686 pubblicato il 10 Marzo 2014 da cile54

Ai medici obiettori: «Vi staneremo»

Cin­que­mila per­sone a Roma, in un cor­teo lungo e colo­rato com­po­sto da movi­menti fem­mi­ni­sti, col­let­tivi tran­sgen­der e queer insieme a molte altre realtà e asso­cia­zioni miste, hanno attra­ver­sato le strade del quar­tiere Pigneto. Par­tite dal con­sul­to­rio di piazza dei Con­dot­tieri la mani­fe­sta­zione ha rag­giunto il reparto di oste­tri­cia e gine­co­lo­gia del Poli­cli­nico uni­ver­si­ta­rio della Sapienza.

Obiet­tivo della mani­fe­sta­zione: riven­di­care la legge 194 sull’interruzione volon­ta­ria di gra­vi­danza, messa a rischio dal numero ele­va­tis­simo di medici obiet­tori di coscienza nel ser­vi­zio sani­ta­rio pub­blico. Que­sta bat­ta­glia vede il movi­mento delle donne ita­liane al fianco delle vicine spa­gnole. Ieri, tutte le ini­zia­tive di occu­pa­zione, e i cor­tei ita­liani, sono stati orga­niz­zati a soste­gno della cam­pa­gna spa­gnola «YoDe­cido» con­tro il governo Rajoy. Una cam­pa­gna che in Ita­lia ha gene­rato la rete delle atti­vi­ste «IoDe­cido». Tra le città ita­liane dove il movi­mento ha mani­fe­stato – Torino, Firenze, Napoli, Lecce, Roma, Palermo e Cata­nia – si è creata una con­nes­sione che ha por­tato in piazza col­let­tivi, asso­cia­zioni e movi­menti che quo­ti­dia­na­mente si bat­tono con­tro la vio­lenza di genere e per l’autodeterminazione delle donne.

L’obiezione di coscienza dei medici con­tro il diritto alla libera scelta delle donne sull’aborto è una realtà gra­vis­sima in Ita­lia, a tal punto da essere stata san­zio­nata dal Comi­tato euro­peo dei Diritti sociali del Con­si­glio d’Europa. Sette medici su 10 sono obiet­tori di coscienza, cifra che sale a 8 per il Lazio dove le donne hanno lan­ciato una peti­zione su change​.org per chia­mare in causa il Pre­si­dente della Regione Nicola Zin­ga­retti. Il 1 marzo è par­tita la cam­pa­gna «Mai più clan­de­stine» dove le donne chie­dono di garan­tire l’accesso all’Interruzione volon­ta­ria di gra­vi­danza in tutti i pre­sidi ospe­da­lieri pub­blici e con­ven­zio­nati. Que­sti ultimi devono disporre ì di un numero ade­guato di gine­co­logi, ane­ste­si­sti e per­so­nale non medico non obiettori.

La legge 194 affida infatti alle Regioni la respon­sa­bi­lità della sua piena appli­ca­zione anche attra­verso la mobi­lità del per­so­nale. Un’impostazione riba­dita nel luglio 2012 anche dal Comi­tato nazio­nale per la bio­e­tica che ha rac­co­man­dato «forme di mobi­lità del per­so­nale e di reclu­ta­mento dif­fe­ren­ziato atte a equi­li­brare, sulla base dei dati dispo­ni­bili, il numero degli obiet­tori e dei non obiet­tori» e con­trolli «a poste­riori per accer­tare che l’obiettore non svolga atti­vità incom­pa­ti­bili con quella a cui ha fatto obie­zione». «La nostra Regione – hanno gri­dato sotto il poli­cli­nico i col­let­tivi romani – è una di quelle con più medici obiet­tori in tutta Ita­lia. Que­sto si tra­duce nell’impossibilità di appli­care la 194, una legge che non smet­te­remo di difen­dere. È solo l’inizio: obiet­tori vi segui­remo, vi sta­ne­remo, vi tor­men­te­remo!». Una dichia­ra­zione di guerra del movi­mento fem­mi­ni­sta romano lan­ciata con­tro i medici, gli infer­mieri, i gine­co­logi, i far­ma­ci­sti e tutto il per­so­nale sani­ta­rio che obietta. Le riven­di­ca­zioni sono nette: accesso libero e gra­tuito all’aborto, in qual­siasi strut­tura pub­blica, per ogni donna, ita­liana e stra­niera, con o senza per­messo di sog­giorno, e in qual­siasi momento. Il movi­mento intende impe­gnarsi per con­qui­stare l’effettiva pos­si­bi­lità di sce­gliere tra l’aborto chi­rur­gico e quello far­ma­co­lo­gico. La pil­lola ru486, inol­tre, deve essere dispo­ni­bile in tutte le Regioni ita­liane e in regime di day hospi­tal. «Vogliamo l’autonomia deci­sio­nale e la par­te­ci­pa­zione attiva di ogni donna a tutto il per­corso di nascita – hanno riba­dito le atti­vi­ste — vogliamo la pil­lola del giorno dopo dispo­nio­bile senza ricetta e in tutte le farmacie».

Con slo­gan del pas­sato e del pre­sente, le donne hanno attra­ver­sato le strade peri­fe­ri­che della capi­tale per riem­pire di con­te­nuti una gior­nata, quella inter­na­zio­nale della donna, troppo spesso ridotta a festeg­gia­menti a base di mimosa. Il cor­teo, com­ple­ta­mente auto-gestito e auto-finanziato, ha affer­mato la que­stione poli­tica dell’autodeterminazione fem­mi­nile e l’ha decli­nato come prin­ci­pio di una lotta che si sposa con «l’autodeterminazione dei popoli e dei territori».

Teresa Di Martino

8.3.2014 www.ilmanifesto.it

 
 
 

In occasione della festa dell’8 marzo: l’obiezione di coscienza non può impedire la corretta applicazione della legge

Post n°8685 pubblicato il 10 Marzo 2014 da cile54

Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa: l’Italia viola i diritti delle donne

Pubblichiamo l’ampio comuncato con cui la Laiga (Libera Associazione Italiana Ginecologi per Applicazione legge 194) diffonde la notizia che il Comitato Europeo dei Diritti Sociali del Consiglio d’Europa ha ufficialmente riconosciuto che l’Italia viola i diritti delle donne che -alle condizioni prescritte dalla legge 194/1978 - intendono interrompere la gravidanza.

Milano, 8 marzo 2014 – Oggi, a seguito di un reclamo collettivo dell’associazione non governativaInternational Planned Parenthood Federation European Network (IPPF E N che dagli anni 50 si batte in 172 paesi per potenziare l’accesso ai programmi di salute delle fasce più vulnerabili ), il Comitato Europeo dei Diritti Sociali del Consiglio d’Europa ha ufficialmente riconosciuto chel’Italia viola i diritti delle donne che -alle condizioni prescritte dalla legge 194/1978 - intendono interrompere la gravidanza, ha ufficialmente riconosciuto che l’Italia viola i diritti delle donne che -alle condizioni prescritte dalla legge 194/1978 - intendono interrompere la gravidanza, a causa dell’elevato e crescente numero di medici obiettori di coscienza. Il ricorso è stato presentato contro l’Italia al fine di accertare lo stato di disapplicazione della legge 194/1978 e il Comitato Europeo ha accolto tutti i profili di violazione prospettati.

La legge 194/1978 prevede che, indipendentemente dalla dichiarazione di obiezione di coscienza dei medici, ogni singolo ospedale debba poter garantire sempre il diritto all’interruzione di gravidanza delle donne. Oggi purtroppo, a causa dell’elevato numero, sempre crescente come dimostrano i dati forniti da IPPF EN nell’ambito del giudizio davanti al Comitato Europeo (documentazione reperibile in www.coe.int/socialcharter), di medici obiettori, alcune strutture si trovano a non avere all’interno del proprio organico medici che possono garantire l’effettiva e corretta applicazione della legge. Questo riconoscimento di violazione può essere riconosciuto come una vittoria per le donne, e per l’Italia, e mira a garantire la piena applicazione di una legge dello Stato, la 194, che la Corte costituzionale ha definito irrinunciabile.

La battaglia iniziata quasi due anni fa (il Reclamo collettivo n. 87 del 2012 è stato depositato l’8 agosto 2012) ha visto la partecipazione di diverse associazioni tra cui LAIGA, da sempre impegnata per l’effettiva applicazione della 194 “Siamo felici di questo risultato” – dichiara Silvana Agatone, Presidente della LAIGA - “che è il frutto di anni di lavoro della LAIGA che ha fatto da catalizzatore mettendo in contatto l’organizzazione internazionale non governativa IPPF EN e l’Avv. Prof. Marilisa D’Amico e l’Avv. Benedetta Liberali, avviando il percorso che ha portato alla condanna dell’Italia, fornendo fondamentali dati sulla reale non applicazione della legge n. 194”.

L’associazione non governativa International Planned Parenthood Federation EuropeanNetwork (IPPF EN,) è stata assistita e difesa dall’Avv. Prof. Marilisa D’Amico e dall’Avv. Benedetta Liberali.“Come donna, ancor prima che come avvocato, sono particolarmente felice che oggi sia stato ribadito un diritto fondamentale sancito dalla legge dello Stato italiano” -dichiara l’Avv. Prof. Marilisa D’Amico  – “oggi è la giornata in cui si celebra la donna e suona quasi beffardo, che a trent’anni dall’approvazione della legge 194 ancora si debba combattere nelle istituzioni competenti per affermare un diritto per noi donne definito costituzionalmente irrinunciabile. Mi auguro che al più presto vengano presi tutti i provvedimenti necessari per applicare la legge in tutte le strutture nazionali”.

 “La vittoria di oggi e’ un successo importante perché l’obiezione di coscienza non é un problema solo in Italia ma in molti altri paesi europei. IPPF, che da piu’ di 60 anni lotta nel mondo per garantire a tutte le donne i loro diritti e l’accesso alla salute sessuale e riproduttiva, vuol fare emergere la mancanza di misure adeguate da parte dello Stato italiano a garantire il diritto fondamentale alla salute e all’autodeterminazione delle donne. Siamo molto felici che il Comitato Europeo abbia stabilito che l’Italia debba risolvere una volta per tutte questo problema”: così dichiara Vicky Claeys, Regional Director di IPPF EN.

09|03|14 www.womenews.net

 
 
 
 

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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

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