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Messaggi del 11/03/2014

 
 

Testimonianza della mamma di Andrea Gagliardoni morto a soli 23 anni per mancanza di sicurezza sul lavoro

Post n°8691 pubblicato il 11 Marzo 2014 da cile54

Gli assassini invisibili dei lavoratori

Ci sono eroi di cui non si parla, non compiono imprese eclatanti, anche se inspiegabilmente riescono ad arrivare alla fine di ogni mese, che nessuno nota, ascolta o difende. Muoiono in silenzio senza che nessuno ne dia conto o si assuma la responsabilità, non portano costumi, né maschere, non hanno super poteri anche se inconsapevolmente sono potentissimi, le loro gesta sono di quotidiana regolarità, in una nazione che di regolare non ha nemmeno il mare. Escono di casa salutando la moglie, la madre, i fratelli e sorelle, i figli, si sacrificano per avere e dare ai propri cari una vita dignitosa, non chiedono, né pretendono onori e glorie, chiedono solo di poter tornare a riabbracciare le persone a loro care che, in alcuni drammatici casi, non rivedranno mai più. Fanno di necessità virtù senza porsi domande, senza cercare risposte. Dopo la sciagura, questi eroi diventano un numero insignificante su una lista infinita e che nessuno porta agli onori della cronaca, diventano un trafiletto in terza pagina che nessuno si curerà di capire o di spiegare. Vittime di un sistema barbaro ed incomprensibile a cui nessuno pone rimedio quasi a voler dire “non ci interessa se muoiono, tanto sono carne da macello”. Buoni solo per essere sfruttati, maltrattati ed in fine ammazzati. Poco importa se un bambino non riabbraccerà il papà o la mamma, niente importa se una madre o un padre non riabbracceranno mai più l’ eroe di turno, a nessuno interessa se una famiglia piange la morte di una persona cara solo ed unicamente per responsabilità altrui. Questa categoria di eroi è formata dagli operai che ignari del loro destino, si recano sul posto di lavoro, tutti i santi giorni che dio manda in terra. Esiste una categoria di assassini invisibili che hanno le mani intrise del sangue di questi eroi, riescono ad uccidere con una penna, appongono senza farsi scrupolo la firma a decreti legge che sono, per chi li subisce, una sentenza di morte. Questi assassini si muovono tranquillamente tra noi, non sono perseguibili per legge anche se responsabili di una strage senza eguali. Riescono ad avere sembianze umane anche se di umano hanno ben poco, portano abiti firmati, fanno sfoggio della loro arroganza senza vergogna o dignità, mangiano bevono e sperperano il sangue di questi eroi dei quali non si assumono alcuna responsabilità, rispondono solo al dio profitto, senza tenere in conto chi ci rimette la vita. Questa categoria di assassini è formata da alti dirigenti, amministratori delegati, politici, sindacalisti corrotti, i quali, in una società seria andrebbero giudicati per crimini contro l’ umanità.

Graziella Marota

10/3/2014

* Graziella Marota, mamma di Andrea Gagliardoni morto a soli 23 anni per mancanza di sicurezza sul lavoro (nella foto)

 
 
 

Secondo l'accusa nella struttura privata "una serie impressionante di delitti" che ha coinvolto 150 pazienti

Post n°8690 pubblicato il 11 Marzo 2014 da cile54

 

Clinica Santa Rita, pm: “Con Brega Massone morti da bollettino di guerra”

"Un bollettino di guerra“. Non ha utilizzato giri di parole il pm Tiziana Siciliano durante la requisitoria nel processo a carico dell’ex primario di chirurgia toracica della casa di cura, Pier Paolo Brega Massone, e di altre persone, per descrivere le morti dei pazienti alla clinica Santa Rita di Milano. Dove, ha spiegato il pm, c’è stata “una serie impressionante di delitti”, ci sono stati morti e feriti da “arma bianca” come in un “bollettino di guerra”, con circa 150 pazienti rimasti coinvolti. Le accuse contro gli imputati sono di omicidio volontario aggravato dalla crudeltà per la morte di quattro pazienti e più di quaranta episodi di lesioni.

Stamattina il pm Siciliano ha preso la parola davanti ai giudici della prima Corte d’Assise di Milano per la requisitoria che si concluderà con le richieste di condanna, formulate anche dal pm Grazia Pradella, nella prossima udienza fissata per mercoledì prossimo, 12 marzo.

Brega Massone, già condannato a 15 anni e mezzo di carcere nel primo ‘filone’ con al centro le accuse di truffa e di un’ottantina di lesioni per la vicenda della cosiddetta ‘clinica degli orrori‘, recentemente scarcerato per un vizio di forma, nel processo ‘bis’ risponde in particolare di quattro omicidi, assieme ai suoi due ex aiuti, Fabio Presicci e Marco Pansera. Il pm Siciliano l’ha definito “un mondo marcio di banditi che gratta il fondo della padella per guadagnare qualche cosa”. Il pm nel suo intervento ha voluto chiarire il “perché di qualche cosa che è apparso inspiegabile: le lesioni e il ferimento con arma bianca di una cinquantina di persone che non possono essere distinte dalle vittime dell’altro processo”. Alla Santa Rita, infatti, secondo il pm, si è creata una sorta di “impossibilità nell’individuare comportamenti seriali”, dovuta al fatto che “una volta accertate le anomalie in un reparto” non si faceva di tutto per bloccarle, “ma si lasciava perdere” e intanto accadeva anche in altri ospedali che “comportamenti illeciti diventassero prassi”.

I pm hanno dimostrato che i presunti interventi inutili e dannosi per i pazienti venivano eseguiti soltanto per ‘gonfiare’ i rimborsi ottenuti dal sistema sanitario nazionale. “Nel 2007 avevamo indagini su undici case di cura milanesi – ha aggiunto il pm -. Era impressionante vedere come determinate condotte di sovraffatturazione fossero estese a tutte le strutture”.

Alla Santa Rita, però, ha proseguito il pm, “c’è stata una deriva: tutte le case di cura cercano di fare la ‘cresta’, ma la Santa Rita rimarrà per sempre nell’immaginario collettivo come un posto dove si è potuto per anni fare del male alle persone e io torno con la domanda ossessiva: perché?”.

Perché in quella casa di cura, ha chiarito il magistrato, il tutto si alimentato “come un sistema che non ha avuto antagonisti né esterni né interni” e che ha portato ad una serie “così impressionante di delitti”. Secondo il pm, infine, “l’incontro tra il notaio Pipitone (proprietario della casa di cura poi morto, ndr) e il dottor Brega Massone è stato il più catastrofico incontro di megalomanie che la mente umana avrebbe potuto concepire”.

10/3/2014 www.ilfattoquotidiano.it

 
 
 

Yvan Sagnet è anche il promotore della campagna di boicottaggio di Auchan, Lidl, Carrefour e anche Coop

Post n°8689 pubblicato il 11 Marzo 2014 da cile54

Immigrazione: Yvan Sagnet e gli schiavi del mercato

Schiavi è il titolo del nuovo film inchiesta di Stefano Mencherini, recentemente presentato al Parlamento europeo di Bruxelles. Un viaggio alla scoperta della gestione truffaldina dell’emergenza immigrazione, lo sfruttamento del lavoro, una burocrazia senza senso e un’Europa totalmente inospitale. Un documentario per provare a capire cosa significhi, oggi, essere un immigrato in Italia.

Anche Yvan Sagnet ne rappresenta un’eccezionale testimonianza. Il suo nome riporta alla mente la rivolta di braccianti che nell’estate del 2011 si ribellarono ai caporali a Nardò, innescando un’indagine che si concluse con l’arresto di ben sedici persone. Nato nell’aprile del 1985 a Douala, in Camerun, si era innamorato del Bel Paese guardando i mondiali di calcio di Italia ’90, iniziando poi a studiare la lingua, la cultura e la storia di quel luogo che un giorno avrebbe voluto raggiungere.

“Mi sono trasferito nel 2008 vincendo una borsa di studio al Politecnico di Torino – spiega Yvan dopo la proiezione del film – dove ho anche trovato un lavoretto in un super mercato per arrotondare un po’. Ma dopo tre anni ho perso la borsa e non sono riuscito a trovare nessun lavoro stagionale in città. Tramite un amico sono venuto a sapere che in estate in Puglia c’è una forte richiesta di manodopera per la raccolta di frutta e verdura, e quindi sono partito a fare il bracciante in un campo di pomodori a Nardò, in provincia di Lecce. Lì ho scoperto un’Italia che non pensavo esistesse. Nella masseria di Boncuri eravamo oltre cinquecento persone, per lo più Africani, e la nostra vita era interamente gestita dai caporali, che con scuse di vario genere ti ritirano i documenti sin dal primo giorno e poi sfruttano il tuo lavoro con ricatti e paghe da fame. Alla masseria c’erano circa duecentocinquanta tende, quindi la maggioranza era costretta a dormire per terra, o al massimo su un materasso pagato cinque euro e puntualmente rubato il giorno seguente”.

“La mattina ci alzavamo all’alba – prosegue Yvan – ed eravamo obbligati ad aspettare che i furgoncini del caporali venissero a prenderci per portarci al campo di lavoro. Un viaggio che ci veniva a costare cinque euro e che non eravamo autorizzati a fare a piedi. Eravamo pagati a cottimo: 3,50 euro per ogni cassone da un quintale di pomodori, e in una giornata di lavoro da circa quindici ore ti potevi anche ritrovare con una paga da meno di venti euro. Essendo zone di campagna isolate, senza negozi né bar nelle vicinanze, eravamo anche costretti a comprare cibo e bevande dai caporali: 3,50 euro per un panino e 1,50 per una bottiglia d’acqua. Lavoravamo a ritmi massacranti, sotto il sole e i quaranta gradi di temperatura delle campagne salentine, ma se ti capitava di sentirti male eri anche costretto a pagarti dieci euro per il trasporto fino al pronto soccorso. In tre giorni di lavoro non ho mai visto un controllo, anche perché i caporali venivano avvisati in anticipo quando dovevano venire gli ispettori di lavoro, così gli irregolari rimanevano alla masseria e tutto sembrava normale”.

Dopo quei tre giorni d’inferno Yvan Sagnet ha quindi deciso di ribellarsi e con lui gli oltre cinquecento migranti che lavoravano in quel campo di pomodori di Nardò, e dopo un’indagine, un processo e l’arresto di sedici persone, oggi esiste una legge sul reato di caporalato.

“Adesso sono sindacalista della Flai Cgil – afferma Yvan – e ogni giorno scopro situazioni simili a quella che ho vissuto di persona. Prima i pomodori in Puglia, dopo gli agrumi della Sicilia e poi le mele del Trentino, ma la situazione è più o meno la stessa. La politica deve intervenire ed è assolutamente necessario un sistema di collocamento pubblico efficiente, che davvero si sostituisca all’attuale reclutamento dei caporali e che faccia conoscere a questi lavoratori i loro diritti, in termini di condizioni di lavoro, contratti e contributi previdenziali. Inoltre, è fondamentale che venga creata una forma di certificazione d’impresa controllata, che impedisca la vendita di prodotti ricavati dallo sfruttamento del lavoro, e che permetterebbe anche di tenere sotto controllo l’evasione fiscale legata al lavoro nero”.

Yvan Sagnet è anche il promotore della campagna di boicottaggio nei confronti di grandi catene come Auchan, Lidl, Carrefour e anche Coop, che hanno sui loro scaffali prodotti non ottenuti nel rispetto dei diritti umani e dei lavoratori, come invece affermano i loro codici etici. 

A tal proposito Fabio Mostaccio, scrittore de La guerra delle arance, sostiene: “Essendomi occupato dei famosi fatti di Rosarno, culminati con uno scontro tra braccianti stagionali e la popolazione locale, posso dire che il problema dello sfruttamento si può tradurre con la semplice domanda: chi sfrutta chi? Perché i braccianti sono l’ultimo anello di una catena, vittime di un costo del lavoro imposto dai prezzi dettati dalla grande distribuzione, dove le aziende agricole sono in qualche modo costrette a risparmiare sulla manodopera per sopravvivere in questo assurdo mercato. E con ciò non voglio giustificare nessuno, ma solo far capire che il problema è complesso e sta a monte”.

Erika Farris

Giornalista, mediatrice culturale

10/3/2014 Blog di Erika Farris

 
 
 
 

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(Gianni Rodari)

 

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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

omicidio di Stato

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