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Messaggi del 14/03/2014

 
 

L'infantile trappolone delle elemosine di Silvio Renzi, purtroppo ci cascheranno in molti e altri no, ma con identica nausea?

Post n°8699 pubblicato il 14 Marzo 2014 da cile54

Renzi vende la carota. Per ora

La “politica” è stata definitivamente sostituita dal marketing. Si sapeva da un pezzo, ma ora la conclusione è doverosa e ufficiale. Lo show di Renzi ieri a Palazzo Chigi, nel presentare le sue promesse di intervento economico, è stato identico a quello di un Berlusconi più giovane. Fortunatamente senza risorse proprie, il che lo colloca tra i fenomeni effimeri; sfortunatamente, al momento senza ricambio altrettanto “mediatizzabile”.

Ci capita spesso, parlando della “politica” parlamentar-governativa, di trovarci a condividere giudizi insieme al Sole24Ore, il quotidiano di Confindustria. Non lo troviamo nemmeno paradossale: in entrambi i casi ci piace fissare i processi concreti, le misure approvate, le decisioni nero su bianco. Loro perché devono rendere conto a interessi materiali ben definiti, noi lo facciamo per la stessa ragione, solo che gli interessi materiali da noi definiti sono antagonisti a quelli dei lettori e azionisti del Sole 24 Ore.  Mentre ci annoia il chiacchiericcio e il protagonismo vacuo dell'“attore che si agita e pavoneggia per un'ora sulla scena e poi nessuno più l'ascolta... pieno di strepito e di furore, che non significa niente”. Guardiamo a questi fatti da lati opposti, naturalmente. Ma con identica nausea.

Il nostro articolo a caldo di ieri (“Il 'giorno 'decisivo' di Renzi diventa il giorno dei rinvii”) coglie gli stessi nodi dell'editoriale del Sole di oggi (“Tanti annunci non fanno una scossa”). A partire dal fatto indubitabile che Renzi, sul piatto, non ha messo ancora nulla: solo annunci. Conditi da slides e “ci metto la faccia”, ammettendo di avere come obiettivo le elezioni europee (se dovesse topparle, da segretario del Pd e premier, andrebbe subito in affanno), gridando con tutto il fiato in gola che “metteremo 80 euro al mese nelle tasche dei 10 milioni di italiani che ne guadagnano meno di 1.500”).

A noi ha colpito di più, nelle pieghe del cosiddetto “piano casa”, quel divieto di allacciare le utenze di gas, acqua e elettricità nelle occupazioni abitative; nonché di potervi mettere la residenza anagrafica. È una dichiarazione di guerra a quella parte di società che ha bisogno immediato di qualcosa di fondamentale: “non vi faremo vivere”, c'è scritto in quel codicillo nell'art. 5. Qualcosa che non si era mai visto – questo sì, altro che le fanfaronate del premier sulle “riforme” - e che contraddice persino l'”anima profonda”, cattolica, di 70 anni di governi più o meno democristiani. È una dichiarazione di guerra che anticipa l'intervento delle polizie, ma che nell'immediato punta a rendere “impraticabili” gli spazi occupati. Così, intanto per via burocratico-amministrativa.

C'è qualcosa di “anglosassone” in questo modo di affrontare il conflitto: la fine della “tolleranza”. Ed è qualcosa che rivela molto anche della componente dominante del capitale multinazionale rispetto a questo paese. Più Stati Uniti che Germania, insomma, più “pragmatismo senza princìpi” che “rigore” da Unione Europea, più berlusconismo che “piddì”.

Dovendo basarci comunque sugli “annunci”, non riusciamo a reprimere la sensazione che ci sia stata un'inversione furbetta della vecchia “strategia dei due tempi”. Una volta si annunciavano i “sacrifici” subito e la “redistribuzione” poi. Renzi promette invece 80 euro tra due mesi, mentre rinvia a “dopo” la lista dei tagli sanguinosi. Ma da dove verranno i risparmi derivanti dalla spending review? La lista è la solita: sanità, istruzione, lavoratori pubblici, pensioni. Sono questi “il grosso” dei capitoli della spesa pubblica. Quindi “gli 80 euro in più” - se mai saranno tanti – andranno utilizzati per pagarsi servizi sociali in diminuzione. Giusto il tempo di far passare le elezioni europee, poi affonderanno, A giugno, con “decisione e velocità”.

Dante Barontini

13/3/2014 www.contropiano.org

 
 
 

Pubblicità e realtà delle donne. Sarà pure un’immagine diversa di uomo, ma continua a pronunciarsi sul corpo delle donne

Post n°8698 pubblicato il 14 Marzo 2014 da cile54

Uomini che fanno finta di allattare per dire alle donne cosa fare

Questa è la foto di un flash mob, che ha avuto luogo nel Gennaio 2013 nelle Filippine, per protestare contro il divieto di allattare in pubblico vigente nel paese. Divieti per la poppata fuori casa esistono anche nei musei italiani, nei negozi d’abbigliamento inglesi, proverbiale è ormai quello di facebook, che impazzisce alla vista di un capezzolo femminile.

Il progetto del fotografo Hector Cruz nasce per sensibilizzare sul tema dell’allattamento al seno fuori dalle mura domestiche e consiste in una raccolta di foto di uomini che tengono tra le braccia bimbe e bimbi in posizione allattamento.

Lo scopo della campagna è quello di “aiutare le madri a prendere maggior coraggio e gli uomini a capire l’importanza dell’allattamento al seno per i neonati” (fonte qui).

In realtà non sono le donne a vergognarsi o a non avere abbastanza “coraggio” di tirar fuori una tetta sull’autobus o in palestra per allattare, solitamente sono divieti e/o sguardi di persone contagiate dalla fecebookiana paura del capezzolo, che impediscono alle donne di procedere nell’allattamento o quantomeno rendono loro poco piacevole questo momento.

Le foto in sè mi piacciono molto, trasmettono un’idea di partecipazione non solo alla genitorialità, ma quasi alla maternità, propongono un’immagine di uomo diversa da quella del super macho che siamo abituat* a vedere nelle pubblicità dei rasoi da barba, ma c’è quello slogan che mi ha subito infastidita e che mi fa dubitare della validità dell’intera campagna.

“If I Could, I Would”
Se potessi lo farei

Quel “se potessi allattare lo farei” suona un po’ paternalista. In realtà suona un bel po’ paternalista, sembra quasi un monito. Sarà pure un’immagine diversa di uomo, ma continua a pronunciarsi sul corpo delle donne.
Quella scritta, che appare più come una minaccia che come un consiglio, fa perdere il senso della campagna, quello della sensibilizzazione nei confronti dei problemi che incontrano le donne nell’allattare in pubblico, e appare una difesa dell’allattamento in sè come strada giusta per essere una buona madre.
Se tu fossi una buona madre allatteresti al seno. Sembra dire questo.

L’allattamento in tutte le foto appare come un momento allegro. Ecco il papà che sorride mentre allatta la sua bimba.
Non tutte le donne sorridono però allattando i/le loro figli/e.

La retorica della maternità costruisce intorno alla gravidanza un aura di mistero e sacralità, diventa così difficile per molte donne ammettere che il pancione o l’allattamento costituiscono anche momenti di sofferenza. C’è il mal di schiena, c’è la stitichezza, c’è l’irritazione del capezzolo, ci sono le ragadi… ci sono ma non si dice o si dice piano e sentendosi un po’ in colpa.
Difficilmente trovano spazio pubblico racconti sulla maternità che non si conformano alla narrazione dominante del momento magico per ogni donna e intanto cresce in quelle donne che non rivedono nella loro personale esperienza tutta quella millantata magia la paura di non essere delle buone madri.

La costruzione mediatica della maternità e anche dell’allattamento come momenti magici, quasi sacri, agisce in funzione della creazione normativa dell’immagine della buona madre.
La buona madre è quella che allatta, ma fino ad una certa età, perchè, se il bimbo o la bimba superano una certa età, allora allattare al seno non va più bene.
La buona madre è continuamente monitorata, tutt* le dicono cosa fare, tutt* sono pronti a giudicarla.
Non solo le donne sono inchiodate ancora al loro “destino biologico”, ma il modo in cui questo “destino” deve essere vissuto è normato nei minimi particolari.

La gravidanza, il parto, l’allattamento, tra medicalizzaizone estrema e richiami alla mistica della naturalità, sono esperienze che si sottraggono alle singole narrazioni e al singolo vissuto di ogni donna per entrare a far parte di un dispositivo di controllo e normalizzaizone che si esercita sempre e ancora sui corpi delle donne.

“Se potessi lo farei” Ma non puoi e allora non pronunciarti sul mio corpo.

Enrica

13/3/2014 http://comunicazionedigenere.wordpress.com

 
 
 

Civiltà. Per il Consiglio d'Europa, l'obiezione di coscienza non può impedire l'interruzione volontaria della gravidanza

Post n°8697 pubblicato il 14 Marzo 2014 da cile54

Legge 194, ecco la mappa degli uomini (obiettori) che odiano le donne

L'obiezione di coscienza non può impedire la corretta applicazione della 194. Il Comitato Europeo dei Diritti Sociali del Consiglio d'Europa riconosce che l'Italia ne vìola l'applicazione.

Anche il Consiglio d'Europa, più precisamente il suo Comitato per i Diritti Sociali, ha ufficialmente riconosciuto che l'Italia viola i diritti delle donne che intendono interrompere la gravidanza "alle condizioni prescritte dalla legge 194 del 1978". La causa sta, come denunciato anche dalle donne nei numerosi eventi organizzati per quest'ultimo 8 marzo, nell'elevato e crescente numero di medici obiettori di coscienza.

Il Consiglio d'Europa ha in sostanza accolto tutti i profili di violazione e disapplicazione della legge sull'interruzione della gravidanza prospettati nel reclamo collettivo presentato circa due anni fa, l'8 agosto del 2012, da diverse associazioni tra cui l'organizzazione non governativa IPPF EN (International Planned Parenthood Federation European Network), che da oltre cinquant'anni si batte in 172 paesi per potenziare l'accesso ai programmi di salute delle fasce più vulnerabili.

Sul richiamo all'Italia del Comitato per i Diritti Sociali del Consiglio d'Europa (http://www.coe.int/T/DGHL/Monitoring/SocialCharter/Complaints/CC87MeritsSummary_en.pdf) si legge senza mezzi termini che in pratica "le donne che tentano di accedere all'aborto sono costrette ad affrontare notevoli difficoltà nonostante la legislazione in materia. Queste difficoltà sembrano essere il risultato di una applicazione inefficace dell'art. 9 comma 4 della legge 194/1978 che disciplina l'obiezione di coscienza di medici e altro personale sanitario in relazione all'interruzione della gravidanza".

Per la precisione l'articolo della 194 citato recita: "Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare lo espletamento delle procedure previste dall'articolo 7 e l'effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8. La Regione ne controlla e garantisce l'attuazione anche attraverso la mobilità del personale".

Dalla mappa che accompagna questo articolo è possibile farsi un'idea riguardo le percentuali di obiettori di coscienza nelle diverse regioni del nostro paese. In Trentino Alto Adige, Molise, Campania, Basilicata e Sicilia il numero dei medici obiettori supera l'80%; tra il 70 e l'80% in Veneto, Lazio, Abruzzo e Calabria; nelle Regioni del resto del paese la percentuale di obiettori non scenda mai al di sotto del 50%, eccezion fatta della Valle d'Aosta, dove i medici obiettori sono meno del 20%.

Il Consiglio d'Europa nel suo richiamo ha anche riconosciuto che mentre da una parte le autorità di vigilanza competenti delle Regioni continuano a non garantire il rispetto del dell'articolo 9.4 della 194, dall'altra alle donne che si rivolgono alle strutture pubbliche per interrompere volontariamente la gravidanza è riservato - senza alcuna giustificazione - un trattamento "diverso", ossia pregiudizievole, riguardo l'accesso alle cure sanitarie.

Marina Zenobio

13/3/1014 www.globalist.it

 
 
 
 

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Nel Paese della bugia la verità è una malattia

(Gianni Rodari)

 

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G8 GENOVA 2011/ UN LIBRO ILLUSTRATO, MAURO BIANI

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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

omicidio di Stato

DARE CORPO ALLE ICONE

 
 
 
 

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