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NOI  E  LA  CHIESA - 3

Post n°91 pubblicato il 07 Giugno 2008 da Giles2004
 

UN CONTRIBUTO CRITICO


AL POST PUBBLICATO NEL BLOG "SPLENDORE DI DIO" http://blog.libero.it/amorediCristo/4777283.html


Propongo ai lettori, dopo i post precedenti più "teorici", questo interessante testo, anche in risposta ai commenti ricevuti nel blog "Cuore e Regole" che ringrazio per l'ospitalità - post: http://blog.libero.it/Exprete/4815450.html 

Per evitare eventuali equivoci ... ribadisco lo scopo di questo blog riportato nel sottotitolo; è sottinteso quindi che nel materiale che pubblico non ci sia alcun invito ai visitatori a tentare,  in qualsiasi forma, comunicazioni con l'Aldilà.

Il webmaster


3. QUANDO  L’ALDILÀ  CHIAMA
E  QUANDO  E  PERCHÉ  NON  RISPONDE

di Stelio Semeraro


È giusto “chiamare i morti?”

Molte persone si chiedono: “È giusto cercare di mettersi in contatto con i morti?”
Ma, innanzi tutto, di quali “morti” parliamo?
Poiché, se è vero che si parla di corpi morti e sepolti, è ovvio che con essi non si potrà mai avere alcun colloquio.
Allora è evidente che, per poter parlare con qualcuno, si deve intendere che questo qualcuno sia vivo, e non morto.
Dall’aldilà mia figlia Dilaila, nel corso di uno dei tanti colloqui mentali avuti con lei, mi ha fatto presente che i defunti non sono affatto morti; casomai, dal loro punto di vista, i morti siamo noi!


Quando e perché le entità rispondono
e quando no, e perché

Presenziavo, una volta, a un dibattito su questi argomenti. E fu allora che ebbi una improvvisa illuminazione interiore. Con gli occhi della mente vidi un uomo, che, davanti a una grande casa di sette piani, chiamava qualcuno.
Come ebbi quella visione, subito percepii che era simbolica: l’uomo era uno di noi che, da questa terra, chiamava un’entità dell’altra dimensione, significata dalla grande casa.
La visione durò pochi attimi. Pur tanti furono i pensieri che mi si affollarono nella mente con estrema chiarezza.

Quel che ritengo di avere compreso lo posso precisare in una serie di punti, come segue.

I) Chi chiama non ha forza sufficiente per farsi sentire: quindi l’entità non lo sente e ovviamente non risponde.

Il) Chi chiama ha voce forte, ma il soggetto chiamato non sente, perché:

1) è molto in alto, sente di più l’amore di Dio e sta vivendo un periodo di grande serenità interiore e ha ormai scarso interesse per i problemi terreni;
2) è immerso nel sonno rigeneratore, in quanto ha bisogno di ritemprare le proprie energie;
3) è trapassato da poco e deve superare il trauma del passaggio a questa nuova situazione;
4) è altrove a compiere qualche buona azione, come aiutare chi sulla terra sta male fisicamente o chi è appena arrivato alla nuova dimensione e ha bisogno di qualcuno che lo accolga e lo conforti e l’aiuti ad orientarsi.

III) Chi chiama ha forza per farsi sentire e il soggetto chiamato sente, ma non risponde, perché:


1) è timido, lo era in vita terrena e continua ad esserlo, in quanto il suo carattere non è cambiato e quindi, se nel momento in cui entra in contatto si sente a disagio, egli si allontana;
2) ha paura di rispondere, poiché, per esempio, non conosce chi lo ha chiamato;
3) si preoccupa di non creare dispiaceri ai suoi cari, per esempio violandone preconcetti consolidati e perciò causando in loro traumi psicologici;
4) non vuole, o perché sa che i suoi hanno già abbastanza prove, o perché era da sempre contrario alle comunicazioni medianiche, o infine perché si sente colpevole di aver compiuto cose non facili da raccontare a chi lo sta chiamando;
5) obbedisce a quello che sente come un veto divino.

IV) Il chiamato sente e decide di rispondere: egli sente di far cosa buona, col consenso di Dio.

E chi può dubitare che un contatto, concepito in questi termini, non sia altamente positivo?


Saggezza, prudenza
e anche un po’ di coraggio

Il più sovente siamo noi che non abbiamo forza per farci sentire. Il motivo principale è la nostra ignoranza in materia. C’è, poi, la paura dell’ignoto. Siamo anche inibiti da una certa cultura religiosa che vuol farci credere che tutto ciò venga dal demonio. C’è, infine, la paura di diventare pazzi. Ecco perché ci si guarda bene, in genere, dal comunicare con i defunti.
Ma i morti, che non sono morti ma solo trapassati, sono loro a farsi sentire per primi. Cercano, in mille maniere, di farci capire che continuano a vivere. Compaiono, perciò, in sogni, in visioni ad occhi aperti, nei nostri pensieri. Ci fanno udire le loro voci, inviano profumi, immagini, oggetti e, in certe situazioni particolari, si materializzano.
Chi ignora la provenienza di tali fenomeni, ne è spaventato e cercherà in tutte le maniere di allontanare quei primi timidi approcci.
Non ci vuol tanto all’entità per rendersi conto che non riesce a far capire che i fenomeni provengono da lei: il suo interlocutore umano ha una “fifa” terribile! L’entità decide, perciò, di lasciarlo in pace e il contatto ha presto termine.
Si tenga conto che noi possiamo venire avvicinati anche da entità che non conosciamo e pur vorrebbero aiutarci nel nostro cammino spirituale. Ma che poi ci sono entità le quali si vorrebbero approfittare di noi per continuare a soddisfare le loro passioni, i loro attaccamenti terreni.
Questo accade già sul piano umano, quando incontriamo qualcuno che ci propone la droga o di commettere un furto, o di andare comunque contro la legge, perché può essere molto vantaggioso.
Sta perciò alla coscienza di ciascuno di sapere scegliere l’interlocutore giusto.
Dunque non contatti indiscriminati con qualsiasi trapassato, realizzati magari per gioco, col rischio di imbattersi in entità negative; ma un contatto mirato, posto in atto con amore e con umiltà, con la chiara coscienza che la nostra fantasia può trarci in inganno.
È un po’ come avventurarsi lungo un sentiero che si inoltri in un bosco inesplorato. L’importante è avere la bussola, le provviste, e quanto ci serve per fronteggiare i pericoli, di cui si è ben consapevoli.
Essere saggi e prudenti non vuol dire affatto essere pavidi, quasi che di là dalla collina ci dovesse essere un mostro in agguato, come oltre le Colonne d’Ercole nell’immaginazione degli antichi naviganti.
Ciò premesso, desidero raccontare alcune mie esperienze, per dare almeno un’idea dei problemi che si possono avere nell’aldilà.


Casi di entità che ci vengono incontro di loro iniziativa


1) Nonna Maria

Ecco un primo esempio. Avevo circa quattordici anni, quando mia madre venne chiamata dall’ospedale con la notizia che mia nonna Maria era molto grave. Erano le tre di notte, per cui i miei genitori si vestirono e mi lasciarono insieme a mia sorella.
Stavo pensando come era cara e dolce la mia nonnina e quanto mi sarebbe mancata, quando all’improvviso mi apparve. Tenevo la luce accesa, perché mia sorella mi aveva chiesto di farlo. L’immagine della nonna era bellissima. Sembrava emettere luce anche la sua figura. Per quanto lei fosse vestita con semplicità come sempre, il suo portamento aveva qualcosa di solenne.
Come la vidi, le gridai: “Nonna, cosa ci fai qui?”
Doveva avermi udito perché, guardandomi con dolcezza, mi disse: “Stelio, sei fortunato nel vedermi. Io sto bene, finalmente ho finito di soffrire. Di’ alla mamma di non piangere, io sono felice”. Poi, all’improvviso come era venuta, scomparve.
Quando i genitori tornarono a casa, io già dormivo. Ma al mattino volli raccontare a mia madre l’accaduto, cercando di fermare i suoi pianti, che pareva non dovessero mai cessare.
Per tutta risposta lei disse che erano solo fantasie e che non andassi in giro a raccontare sciocchezze.
Se sono le madri a non credere ai loro figli, come si può sperare in persone sconosciute e per giunta prevenute su tali argomenti?


2) Dilaila

Dopo tre mesi dalla scomparsa di nostra figlia Dilaila, mia moglie mi chiese se credevo che lei avrebbe potuto o meno gradire il fatto di essere stata cremata.
La risposta di Dilaila venne improvvisa nella mia mente: “Neanche un poco!”
Sia io che mia moglie ci spaventammo: io perché era la prima volta che sentivo qualcuno parlare nella mia testa, Chiara perché mi aveva visto trasalire e impallidire.
Dopo lo shock iniziale, tentammo, con domande verbali, di conoscere la motivazione di quella risposta. Dilaila mentalmente spiegò che quel suo corpo le piaceva (era, in effetti, molto bella e sapeva di esserlo) e che le era dispiaciuto vederlo bruciare.
A distanza di alcuni mesi ci venne, però, a chiedere scusa per averci allora fatto piangere. Ora si rendeva conto della fine che, in una maniera o nell’altra, fanno tutti i corpi. Considerava, ormai, quella sua reazione uno sproposito.
Ecco un intervento spontaneo e per noi del tutto inopinato. Da quello ebbe inizio un colloquio, che si protrasse per cinque anni, dal 1986 al 1990. Dilaila viene ancora da me, però occasionalmente, per darmi qualche consiglio o anche solo per “tirarmi le orecchie”, se me lo merito.


3) Luca

Nel maggio 1990 mi trovavo disteso vicino al mare a prendermi beatamente il sole, quando mia figlia Dilaila mi venne all’improvviso nella mente a dirmi che un certo Luca aveva necessità di parlarmi.
Ebbi paura: era la prima volta che mi capitava di entrare in contatto con estranei. Mia figlia mi rassicurò che non c’era di che preoccuparsi, in quanto il contatto era da lei permesso e avrebbe avuto le medesime caratteristiche di quelli con lei stessa.
Io accettai e così venni a sapere che Luca avrebbe avuto il desiderio di scrivere a sua madre e che voleva farlo tramite mio. Però non ricordava né il cognome, né l’indirizzo e tanto meno il numero di telefono. Pare che i defunti dimentichino presto quel che non gli serve più.
Fu alcuni mesi più tardi che Dilaila mi aiutò a trovare i genitori di Luca, cui feci pervenire il messaggio ricevuto. Ebbi, da loro, conferma che i dati ottenuti da Luca in precedenza erano tutti esattissimi.
Da Luca in poi i casi si moltiplicarono. Andai al Convegno del Movimento della Speranza di Cattolica e lì scoprii che io ero tutt’altro che una “bestia rara”. Si può dire che sono proprio tanti che, a seguito di un evento doloroso, hanno avuto un qualche contatto con l’aldilà, o almeno un qualche segno, che ci indica che al di là della morte fisica la vita continua.


Casi di entità
che, chiamate, non rispondono

1) “È immerso nel sonno rigeneratore” - Il ragazzo “in coma

Una signora mi chiese di metterla in contatto con suo figlio e mi consegnò una foto del ragazzo. Ma i tentativi andarono a vuoto. Perciò alla fine dissi alla madre: “Signora, mi dispiace, ma mi accade una cosa mai successa fino ad oggi. Io provo a “sentire” la sua presenza, ma è come se lui fosse del tutto assente. Di solito avverto qualcosa, ma ora proprio nulla”.
In confidenza dirò che mi venne pure il sospetto di essere preso in giro. Ma devo aggiungere che certe percezioni si possono avere anche per le persone vive sulla terra.
Fu con mio grande stupore che la signora replicò: “La sua risposta mi rende felice”.
Non capivo: le dicevo che non riuscivo a mettermi in contatto, e lei ne era felice?! “Sì”, continuò la signora, “io cerco di comunicare con mio figlio con la telescrittura (tabellone e piattino), ma un mese fa lui mi è venuto in sogno e mi ha detto di non cercarlo, in quanto per due mesi sarebbe andato in ‘coma’. Non so che cosa volesse intendere, ma da quel giorno è passato circa un mese e non ho più avuto messaggi e vedo che neppure lei ci riesce. Per me è una conferma del sogno e anche del fatto che lei di solito entra veramente in contatto con loro”.


2) “È altrove” - Enrica

Una signora mi si avvicina, durante l’intervallo di un convegno, e mi prega di mettermi in contatto con sua figlia Enrica. Non appena la signora mi fa questa richiesta io avverto nella mia mente le parole: “Scusa, mamma, in questo momento sono accanto a chi sta soffrendo. È forte il suo dolore e mi sta pensando. Non ho il coraggio di abbandonarla che per pochi attimi. Ciao. Ti voglio bene. Enrica”.
Riferisco il messaggio alla signora, la quale mi conferma che sua suocera, che avrebbe dovuto venire anche lei al convegno, è caduta e si è lussata un’anca, per cui è dovuta rimanere a casa.


3) “È timida” - Anna

Nel corso di un convegno, dopo che ho dato una mia testimonianza in sala, un signore mi prega se è possibile mettermi in contatto con la defunta moglie, di nome Anna. Immediatamente percepisco accanto a me una presenza e una voce femminile, che commenta: “Quanta gente! Non me la sento di parlare con tante persone presenti”.
In effetti c’erano moltissime persone attorno a noi, che erano desiderose di vedere come sarebbe andato il contatto. È emerso che Anna era un tipo molto timido e sensibile, per cui non avrebbe mai e poi mai fatto confidenze in pubblico.
Subito dopo alcuni giovani mi chiesero se era possibile mettermi in contatto con la loro mamma, deceduta da alcuni mesi. Avvertii un formicolio alle estremità inferiori e chiesi se in vita avesse sofferto alle gambe. Avutone conferma, udii mentalmente tutta una serie di raccomandazioni, che riportai ai figli che mi sedevano di fronte.
Da viva sulla terra, la signora aveva un carattere forte e non temeva nessuno. I ragazzi rimasero entusiasti di quel contatto che, oltre a dare conferma della sopravvivenza della madre, costituiva motivo giustificato di rimprovero per un altro fratello che era rimasto a casa perché incredulo.
Anna ritornò invece a casa mia, per scrivere al marito. Nella tranquillità della mia abitazione, mi fece scegliere un quaderno dalla copertina tutta piena di fiori. Venni poi a sapere che lei sul tavolo di cucina faceva sempre trovare un mazzo di fiori freschi: e quindi già nel ricevere il quaderno con quella particolare copertina, il marito capì subito che all’interno doveva per forza esserci uno scritto della sua adorata moglie.


4) “Ha paura di rispondere” - Emanuele

Il caso di Emanuele è indubbiamente tra quelli che più spesso menziono quando desidero far capire quanto siano “loro” a decidere se vogliono mettersi in contatto con noi, o meno.
Erano passati più di due mesi da quando avevo conosciuto i suoi genitori e, pur avendo io da allora la sua foto, non era accaduto nulla.
Un giorno tornavo dall’ufficio ed ero giunto in cima ad una salita, di fronte alla chiesa che sorge davanti a casa mia, quando all’improvviso, dopo essermi fatto il segno della croce, mi venne in mente Emanuele e subito avvertii la sua presenza. Alla domanda mentale “Vuoi scrivere ai tuoi genitori?” ebbi subito la sensazione di una fuga precipitosa, e questo mi lasciò molto meravigliato, poiché di solito le entità sono ben felici quando gli si offre l’occasione di comunicare con i parenti lasciati sulla terra.
La settimana dopo, il fatto si ripeté in modo quasi analogo ed ebbi il sospetto di essere in grave colpa nei confronti “loro”. Mi chiesi per quali cause non riuscissi ad ottenere un contatto per Emanuele e se avessi per caso, magari senza volerlo, commesso una qualche azione scorretta.
Finalmente, ancora una settimana dopo, Emanuele tornò, e questa volta mi fece scrivere una lettera. Ecco la prima parte di quello scritto: “Sono contento, davvero. Sono veramente felice che finalmente mi sia passata la paura! Sì: paura di venire ascoltato da qualcuno che prima non conoscevo. Tu mi hai teso un ponte, ma mia madre mi ha insegnato a non dar confidenza ad estranei. E tu, fino a qualche tempo fa, eri per me un estraneo”.
Seguono considerazioni su di me, che tralascio, ma è interessante riportare le parole che seguono: “Gli insegnamenti umani, se ritenuti giusti, rimangono dentro di noi per molti dei vostri anni”.
Emanuele mi sorprese molto per le sue affermazioni, che in seguito trovarono conferma in quanto mi raccontò poi sua madre. Questa donna, di origine romena, era vissuta per molto tempo a contatto con gli zingari, nei confronti dei quali aveva un sentimento di terrore inculcato in lei dai genitori fin dall’infanzia. Aveva sposato un veneto e vive tuttora nella periferia di Padova.
Erano tranquilli e felici, quando un giorno nei pressi della loro abitazione venne a insediarsi un gruppo di nomadi. Quindi il povero Emanuele fu sottoposto a un bombardamento continuo di raccomandazioni, appunto del tipo “Non farti avvicinare da chi non conosci! Gli zingari rubano i bambini!”
Prima di trapassare all’età di dodici anni Emanuele queste raccomandazioni deve averle intese chissà quante volte. Ora ci si può sorprendere che qualcuno che abbia solcato il confine umano abbia ancora di tali paure.
Ma io penso che noi ne sappiamo ancora troppo poco di quel che avviene della nostra anima una volta che ha lasciato il corpo.


5) “Non vuole” - Tre casi

Non mi resta alcuna documentazione dei tre casi che seguono, ma prego il lettore di credermi come in tutto quel che ho narrato fino a questo momento.
Una volta un padre mi pregò di mettermi in contatto con suo figlio, trapassato quello stesso anno, ma questi si rifiutò nella maniera più decisa dicendo: “Accontentati delle prove che hai. Basta col chiedere ad altri prove della mia sopravvivenza”.
Il signore improvvisamente mi abbraccia e dice: “A lei ci credo, che può mettersi in contatto con l’Aldilà. È la settima persona cui domando la stessa cosa. Posso anche capire che mio figlio sia stanco della mia insistenza!”

Durante un convegno, una signora mi diede la foto di un giovane, figlio di una sua amica, deceduto ormai da qualche tempo, e mi chiese se potevo farle avere un suo messaggio scritto.
Risposi a quella signora che il messaggio glielo avrei fatto avere se e quando l’avessi ricevuto. Se poi fosse trascorso troppo tempo senza esito, sarebbe stata mia cura di restituirle la foto.
Passarono, così, alcuni mesi. Nel frattempo chiesi aiuto anche a Dilaila, che però semplicemnente mi rispose: “Non è possibile!” Deluso e dispiaciuto rinviai la foto alla signora, affermando che purtroppo non avevo alcuno scritto da spedirle.
Ma provai un senso di gioia quando, una settimana dopo, lei mi telefonò per informarmi che la mamma del giovane aveva previsto che non sarebbe arrivato nulla da parte di suo figlio in quanto lui stesso aveva detto, nel corso della sua lunga malattia: “Non ti sognare di venirmi a cercare, una volta morto, perché non ti darò la soddisfazione di risponderti. Vedi, perciò, di lasciarmi in pace”.

Un tale era morto assassinato e, dopo aver rievocato nella mia mente molti fatti del suo passato, allorché infine stava sul punto di venire alle circostanze del trapasso ad un tratto si interruppe. Il distacco dalla mia mente fu talmente improvviso che mi sentii la testa frastornata per alcuni secondi.
La madre, che mi stava di fronte ed aveva seguito le mie parole con grande attenzione, andò su tutte le furie ed esclamò: “Non è possibile che mio figlio non voglia dirmi chi l’ha ucciso! Tutti i sensitivi ai quali mi sono rivolta si sono fermati a questo medesimo punto. Voi vi siete messi d’accordo per non darmi una risposta!”
Mi meravigliò molto la rabbia di quella povera madre, ma quello che mi colpì di più è il fatto riferito da lei: che tutti i sensitivi si erano interrotti in quello stesso punto.
Ritengo che ciò confermi la realtà dell’avvenuto contatto, in quanto è ovvio che tra quelli che forse erroneamente vengono chiamati sensitivi non ci si era potuti mettere d’accordo in nessun caso. Dirò di più: spesso non ci si conosce neppure! L’affermazione di quella madre, insensata che fosse, conferma che suo figlio non voleva, o non poteva, andare oltre a certe spiegazioni del suo passato umano.

6) “C’è un veto” - David

Il 25 maggio 1992 tornò da me, per la seconda volta, un ragazzo di nome David, il quale mi dettò una bella lettera per i suoi genitori. Stavo per chiuderla in una busta, quando sentii di nuovo David, il quale mi disse: “Mi dispiace, ma questa lettera non mi è concesso che tu la invii ai miei genitori. Ti dirò quando potrai farlo”.
Una cosa del genere non mi era mai accaduta e, per quanto mi dispiacesse privare i genitori del messaggio, accettai rispettosamente il volere dell’Aldilà e sospesi la spedizione della lettera.
Nel settembre dello stesso anno decisi di recarmi, assieme a mia moglie Chiara, al convegno di Cattolica. Mi tornò alla mente la famosa lettera e perciò chiamai mentalmente David e gli dissi: “Al convegno di Cattolica ci saranno forse i tuoi genitori. Se li trovo, che dici, la lettera gliela posso dare?”
David replicò quasi subito: “Adesso sì, puoi dargliela”.
A Cattolica incontrai i genitori di David. Nel consegnare il messaggio chiesi loro se fossero in grado di spiegarmi quello strano comportamento.
La madre fermò l’attenzione su un passaggio della lettera dove David diceva: “I miei in questi giorni hanno dei problemi”. E poi, rivolto ai genitori: “Per ora vi basti sapere che gli attuali problemi si risolveranno per il meglio, quindi state tranquilli”.
Con le lacrime agli occhi, la mamma continuò: “È chiaro che David voleva aiutarci in un problema di natura economica che mesi fa, lo scorso maggio, ci assillava. Ci eravamo imbarcati in un’attività commerciale e, da inesperti, abbiamo fatto cose non del tutto regolari dal punto di vista della documentazione fiscale. Durante tutta l’estate abbiamo avuto paura di un controllo e, mentre intorno a noi c’erano state visite della guardia di finanza, noi non abbiamo avuto alcun accertamento. Ma, per timore che ciò possa accadere in futuro, ci siamo subito messi in regola. È quindi evidente che David voleva tranquillizzarci. Ma, se ci fosse riuscito, forse non avremmo più avuto paura e non avremmo messo tutto a posto, e quindi ora non ci troveremmo con la coscienza tranquilla”.
Penso anch’io che David mi abbia permesso di consegnare la lettera dopo aver preso coscienza che i genitori si erano messi a posto con la legge. Questo ci conferma che anche nell’altra dimensione ci sono leggi da rispettare!


Testimonianza

Vorrei concludere questa testimonianza con parole che un po’ riassumano il significato spirituale del mio impegno.
Dal 1990 ad oggi sono entrato in contatto con più di un centinaio di entità, che, grazie alle loro piccole prove, sono state tutte riconosciute dai parenti. Le esperienze paranormali non sono molte, in sei anni di servizio per l’Aldilà; ma sono significative.
Alle mani di Dio mi affido per essere uno strumento della Sua volontà: strumento imperfetto e fallibile, ma volenteroso di aiutare quei fratelli e sorelle che hanno bisogno di conforto.
L’amore divino traspare in ogni scritto e la gioia e la serenità che si avvertono nel leggerli sono un segno, che noi dobbiamo imparare a riconoscere.
I fatti che non riusciamo a interpretare non vanno imputati ad ogni costo, ossessivamente, ad entità demoniache. In qualche misura il diavolo è dentro ciascuno di noi, come la paura, la gelosia, l’odio, i rancori, le ambizioni di potere, l’avidità e ogni altra forma di peccato.
Ma dentro di noi c’è in primo luogo la fiamma divina dell’amore. Ed è questa che deve ardere nei contatti coi nostri cari e in ogni momento di questo nostro cammino terreno verso la vita eterna di Dio.

 
 
 
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