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filo aperto con tutti coloro che s'interrogano sull'organizzazione politica della società e che sognano una democrazia sul modello della Grecia classica

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UN BUON STATISTA È SOLO UN POLITICO E MAI UN TECNICO

Post n°1065 pubblicato il 30 Giugno 2022 da rteo1

UN BUON STATISTA È SOLO UN POLITICO E MAI UN TECNICO

La guerra tra la Russia e l'Ucraìna oltre ai tantissimi problemi, di vario ordine e grado, che sta diffondendo, soprattutto a livello europeo, sta anche ponendo l'interrogativo ai cittadini di chi possa essere ritenuto "statista" tra i diversi capi di governo che hanno la responsabilità di decidere il destino dei popoli. Ovviamente, per poter dare una riposta a tale quesito, occorre stabilire che cosa si debba intendere per "statista". Una opinione comune e corrente differenzia il "politico" dallo "statista" ritenendo, il primo, come colui che agisce sul presente, sul contingente, mentre il secondo, invece, avrebbe una visione proiettata sul futuro, nel senso che sarebbe capace di "prevedere" come si evolverà la società e il contesto generale e approntare in anticipo i giusti e opportuni rimedi. Può darsi che questa distinzione sia soddisfacente, tuttavia essa non consente di "parametrare" i risultati, e quindi di "oggettivare" il giudizio. Per questo occorre avere degli schemi, possibilmente semplificati, per esprimere, a colpo d'occhio, una valutazione sul capo del governo, onde considerarlo o meno "statista". Ebbene, a tal fine, si ritiene essere utile partire dai "fondamentali" dello "Stato", sia inteso, quest'ultimo, in senso tecnico-giuridico, sia in senso politico, come Repubblica e Popolo. I "fondamentali" sono - e non possono non essere  - i dati economico-contabili dai quali è possibile desumere il livello di benessere generale dei cittadini: Pil, occupazione-disoccupazione, debito pubblico, numero dei reati consumati, relazioni diplomatiche, ordine pubblico e sicurezza, numero di poveri, ecc. Sono tutti questi dati, perciò, che ad ogni "cambio" della guida del governo bisogna fare riferimento per poter valutare, ad ogni fase successiva, e alla fine del mandato, coi "risultati alla mano", se il capo del governo sia stato un buono o pessimo "statista". Non vi è dubbio che se un capo del governo quando assuma l'incarico "erediti" un debito pari al 150% del Pil e faccia lievitare questo rapporto, aggravando il debito, sia difficile poter esprimere un "voto" positivo, anche se tale dato da solo non è sufficiente. Ma se ad esso si aggiungesse anche l'aumento del numero di disoccupati, dei poveri, delle imprese che chiudono, ecc., di certo non sarebbe più un azzardo valutare come inadeguato il capo del governo in carica. Anche rispetto alle relazioni diplomatiche, ovviamente, con gli altri Stati, e non solo quelli cosiddetti "alleati" politicamente (come l'U.E.) e militarmente (NATO) ma anche con quelli con cui si hanno interessi economici e scambi commerciali. Uno "statista", infatti, deve essere sempre in grado di garantire la "pace" al suo popolo perché la "pace" è la condizione necessarie ed essenziale per una vita serena. Grazie alla "pace" i popoli progrediscono, mentre si abbrutiscono e arretrano culturalmente e come civiltà quando scelgano la strada della "guerra". E questa non può mai giustificarsi sol perché si faccia parte di un'alleanza militare quando non risulta possibile escludere in assoluto che siano state tentate tutte le soluzioni possibili per evitare la guerra. Va sempre tenuto ben presente, infatti, che esiste sempre almeno una soluzione possibile per evitare la guerra e non averla trovata depone già negativamente sul giudizio da dare sul capo del governo. Comunque, osservando la situazione generale, visti gli scarsi risultati finora conseguiti, sia a livello dei singoli Stati, che Europeo e internazionale, si può certamente affermare che il capo del governo non ha superato ancora l'esame. Per quanto gli osanna non manchino, e se ne celebrino le abilità ineguagliabili. Di certo alcune esternazioni, con ricadute sulle relazioni diplomatiche, non depongono bene, soprattutto se raffrontate con i comportamenti "felpati" tenuti dai capi di governo con maggiore caratura politica (e forse una prima differenza sta già in questo: capo del governo tecnico e capo del governo politico). Un ulteriore riferimento, però, per valutare lo "statista" di turno è certamente il regime costituzionale in cui esso si collochi. Una cosa, infatti, è il contesto monarchico, altra cosa, invece, è una repubblica. In quest'ultima, infatti, se  è caratterizzata in senso  democratico, lo "statista" deve sempre perseguire l'interesse della democrazia, ossia del Popolo in senso generale, assoluto, affinché il popolo non subisca danni sia rispetto al livello di benessere che di sicurezza collettiva e individuale. Le decisioni, quindi, dello "statista democratico" non possono essere mai prese contro l'interesse generale del Popolo, neppure se - come innanzi detto - si faccia parte di un'alleanza politico-economica (U.E.) o politico-militare (NATO). Lo statista, infatti, non è il "dittatore" che può prendere decisioni indipendenti e autonome, secondo la sua personale visione del mondo e della politica. Perciò egli potrebbe pure essere di diverso avviso rispetto alla volontà popolare ma non ne può prescindere se è al servizio della democrazia e si troverebbe irrimediabilmente nel "torto politico" se dalle sue decisioni il Popolo ne ricevesse dei danni. Relativamente a questi, poi, va detto che qualsiasi "statista" che conduca il Popolo alla guerra è sempre un pessimo statista. Soltanto gli "Statisti" che riescono ad evitare la guerra al proprio popolo sono degni di essere stimati come statisti. Non c'è mai alcuna giustificazione, neppure se fosse una "guerra di difesa", perché anche in questo caso vorrebbe dire che lo statista non è stato in grado di trovare la migliore soluzione possibile (ce n'è sempre una, almeno) per evitare la guerra, e quindi impedire la inutile perdita di vite umane e la distruzione dei territori. Ecco perché, di fronte alla guerra tra la Russia e l'Ucraìna non è assolutamente possibile sostenere che i due capi di Stato (Putin e Zelensky) siano degli "statisti", come neppure si può sostenere che lo siano quelli americano e inglese. Anzi, è proprio il bellicismo irrazionale di questi ultimi a non renderli "statisti". Così come non è possibile rinvenirli a livello europeo dove alcuni rappresentanti delle istituzioni (a cominciare dalla presidente della Commissione che vuole "vincere la guerra contro la Russia, al presidente del Consiglio europeo e del presidente del Parlamento, che sono sulla stessa linea del fronte) stanno trascinando i Popoli dell'Unione e nazionali in una guerra indiretta (per ora), propagandata come a favore dell'aggredito contro l'aggressore e per la libertà e la democrazia. In verità la cosa più difficile da fare per uno statista è garantire la pace e non fare la guerra. Questa, infatti, è il comportamento più stolto e primitivo possibile che fa regredire gli uomini al loro stadio originario, ossia quello animalesco. Soltanto la Pace, perciò, è il prodotto migliore della civiltà, che vuol dire anche cultura, progresso, saggezza, equilibrio, razionalità, conoscenza, valori umani. Si potrebbe, perciò, concludere che è statista colui che evita al suo popolo di fare una guerra, diretta o indiretta, di offesa o di difesa; e, inoltre, colui che garantisce a tutti i propri cittadini il migliore benessere possibile. E questo benessere non sembra essere compatibile col riarmo in corso né con l'allargamento e l'ampliamento della NATO, strumento militare di offesa, sostanziale, e di difesa, formale. Da quanto precede ne deriva, per ora, che i giudizi positivi finora espressi sull'attuale premiership siano stati piuttosto esagerati; essi andrebbero rivisti, e comunque sembra essere saggio "sospendere il giudizio", in attesa di raffrontare meglio e in modo oggettivo tutti i dati economico-finanziari e delle relazioni diplomatiche con quelli esistenti alla data dell'assunzione della guida del governo. Una prima conclusione, tuttavia, sembra già possibile: tra un "tecnico", per quanto bravo, e un "politico" è sempre meglio quest'ultimo alla guida del governo quando le soluzioni devono essere politiche, come nell'attuale crisi determinata dalla guerra tra la Russia e l'Ucraina.

 
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