Creato da socialismoesinistra il 28/06/2008
Rivista di approfondimento culturale e politico dell'Associazione SocialismoeSinistra
 

 

La ripresa secondo Matteo, di Renato Costanzo Gatti

Post n°485 pubblicato il 31 Dicembre 2014 da socialismoesinistra

Per rilanciare l’economia il governo Renzi ha predisposto un pacchetto di misure più o meno condivisibili.
Primi fra tutti gli 80 euro, un’operazione di sinistra dice lui, ma a mio modo di vedere un’operazione sbagliata. E’ abbastanza ovvio che gli 80 euro vanno a pagare vecchi debiti, o vanno accantonati viste le pessime prospettive del futuro. Se dici che finora non sono serviti a niente, la risposta spudorata è “vallo a chiedere a chi li ha ricevuti”. Una risposta demente, che ignora che lo scopo non era quello di fare la carità ad alcuni, né quella di comprare voti, ma aumentare la domanda, e su quel fronte, finora, non si è visto alcun effetto. Non mi si dica che poi è una manovra keynesiana, Keynes non avrebbe mai regalato 80 euro ma avrebbe invece lanciato una commessa pubblica per erogare salari portatori di moltiplicatore, ma avrebbe nel contempo prodotto qualcosa che andasse a aumentare il Pil, e li avrebbe dati a disoccupati (che certamente non avendo reddito li avrebbero spesi) invece di darli a chi un reddito, anche se basso, ce l’hanno.
Poi la riduzione Irap. Eliminazione di quella parte del costo del lavoro che era rimasta nell’imponibile Irap. Provvedimento positivo? Dare senza chiedere nulla in cambio, non mi sembra una gran cosa geniale. Meglio sarebbe stato, come si è fatto, premiare l’ACE, che quantomeno garantisce che gli utili siano reinvestiti in azienda e non dirottati verso la speculazione finanziaria.
Poi l’esenzione dai contributi per i nuovi assunti a tempo indeterminato dal 1 gennaio 2015 e per tre anni. Il provvedimento sta avendo grande interesse negli operatori che, avendone bisogno, hanno rimandato al 2015 le assunzioni previste già da tempo. Il vantaggio è apprezzabile (ma non ci chiediamo chi lo paga) ma il provvedimento ha elementi di novità con quelli pur presi nel passato. Infatti nel passato le incentivazioni non erano legate alle assunzioni sic et simpliciter, bensì erano legate agli incrementi netti dell’organico. Facile licenziare tre lavoratori per assumerne altri tre senza oneri contributivi. Sospetta poi la scadenza dei tre anni con la durata prevista dai contratti a diritti crescenti per entrare nel regime di lavoratore a pieni diritti. La Uil, e il governo ha dovuto tenerne conto, ha calcolato che assumere senza contributi per tre anni e licenziare con i conti del nuovo contratto era un affare di migliaia di euro per dipendente.
Poi l’art. 18. Non sono un garantista legato, come un avvocato pignolo, all’osservanza dei diritti acquisiti. Preferisco un mondo del lavoro che opta per farsi carico dei problemi aziendali, compartecipandovi sia a livello di utili che a livello di decisioni. Preferisco, in opposizione con il sindacato, un atteggiamento compartecipativo e cogestionale ad una pura difesa legalista. Anche se la mia compartecipatività è legata ad una imprenditoria che, al contrario di ciò che è attualmente, sia di tipo schumpeteriano.

Bene, a parte tutte le critiche, mettiamo per assurdo, che i provvedimenti secondo Matteo siano effettivamente efficaci, utili, attrattivi, produttivi.
Quello che denuncio come demenziale nella filosofia secondo Matteo è la frase che conclude le sue presentazioni “Ora non ci sono più alibi per non fare ripartire l’economia”. Detto in politichese “Vi abbiamo dato il culo, ora datevi da fare”.

Questa posizione è di serracchiana demenza. Quando mai un governo spende soldi pubblici e per avere un ritorno per l’investimento fatto si affida solo al buon cuore della controparte, vuol dire che siamo al fallimento della politica. E se la controparte nonostante la caduta degli alibi (ma permanendo la mancanza di domanda, la mancanza di produttività e di competitività) non facesse ciò che il governo si aspetta, che conseguenze per il governo stesso.

Questi disegni si fanno solo al tavolo della concertazione, dove sindacati meno legulei, imprenditori più schumpeteriani e governo con un minimo di intelligenza e di autorità siedono e concordano un’azione comune.

Sono pessimista. Sarà un disastro.

Renato Costranzo Gatti

 

 
 
 

Il Ponte sullo Stretto, un dirigente pubblico zelante e le penali non dovute, di Luca Lecardane

Post n°484 pubblicato il 02 Dicembre 2014 da socialismoesinistra

Questo articolo potrebbe iniziare citando il titolo della celebre raccolta di Stephen King, “A volte ritornano”, non solo per la ciclicità con cui si presenta l’argomento che tratteremo e che il titolo suggerisce, ma anche perché rappresenta  per i siciliani un racconto horror senza fine: parliamo di Ponte sullo Stretto, fatto tornare alle luci della ribalta da Renzi prima e Lupi poi e presentato come il rimedio universale a tutti i mali che affliggono il Sud e la Sicilia in particolare usando come spauracchio l’argomento delle penali che il nostro Paese sarebbe costretto a pagare qualora il ponte non dovesse essere costruito (700 milioni di euro).

Tuttavia questa tesi non convince tutti. Non è di questo avviso l’ingegnere Gaetano Sciacca, ex capo del Genio Civile di Messina il quale, intervistato in una nota trasmissione televisiva,  fa presente che sono due gli aspetti che fanno pendere la bilancia dalla parte del no, uno di natura legale legata alle penali e uno di natura tecnica. Ma procediamo con ordine.

Il primo riguarda i 700 milioni di euro, che l’Italia dovrebbe ad Eurolink, il General Contractor, cioè  il consorzio di imprese con a capo Impregilo che avrebbe dovuto costruire il Ponte. Tuttavia non esiste un progetto definitivo né un progetto esecutivo dell’opera:  il Cipe non ha dato parere che per la Legge obiettivo è obbligatorio, il Via (Valutazione di impatto ambientale) ed il Vas (Valutazione ambientale Strategica) non sono state rilasciate. Inoltre l’ammontare della penale è frutto di un accordo postumo tra Eurolink (particolarmente con Impregilo impresa capofila) e la società Stretto di Messina s.p.a. (Concessionaria interamente pubblica), società appaltatrice dello stesso. Prima di questo accordo, la penale ammontava al costo di progettazione più il 5% aumentata al 10% in seguito (anche questo aumento è illegittimo perché avvenuto dopo l’espletamento del bando e quindi si sono cambiate le regole dopo la gara).

Inoltre  all’interno del progetto si parla di project financing, quindi di un’opera alla cui partecipazione dovrebbero partecipare capitali pubblici e privati, ma finora non si sono trovati questi ultimi.

Passiamo alle problematiche di natura tecnica. Esiste uno studio condotto da trenta esperti che hanno analizzato l’opera sotto diversi punti di vista e che esprimono parere negativo alla costruzione dell’opera: intanto si pongono problemi per il gravoso impatto ambientale sull’ eco-sistema marino ( tra altro, l’Italia è soggetta a procedura di infrazione da parte dell’UE proprio per l’impatto ambientale che avrebbe il Ponte sull’ecosistema dello Stretto) come affermato da Anna Giordano  coordinatrice del gruppo di lavoro delle associazioni ambientaliste e Responsabile Policy Natura 2000 di WWF Italia;  in secondo luogo  Il Dott. Signorino del dipartimento di scienze economiche, aziendali, ambientali e metodologie quantitative dell’università di Messina afferma che l’impatto economico del progetto non è vero che sia positivo visto che tale ipotesi era prevista in caso di Pil in crescita  tra il 4% ed il 14% (già allora drogato, ma che oggi addirittura è improponibile essendo l’Italia in recessione); non si è assolutamente certi che non vi siano situazioni di instabilità dovuta ai movimenti tellurici dice l’Ingegnere Claudio Villari ingegnere strutturista ex  docente della Facoltà di Architettura dell’Università di Reggio Calabria, grande esperto in terremoti ; infine dal punto di vista del dissesto idrogeologico come di seguito indichiamo.

L’ingegnere Sciacca ha inviato  una nota il 28/10/2011 - poi ribadita ed ampliata con una del 10/11/2011-  agli organi preposti, in cui viene spiegato che  a seguito dell’istruttoria,  da parere negativo  in quanto non sono previsti nel progetto sistemi di messa in sicurezza adeguati alla natura del territorio e sono presenti gravi errori di progettazione. (Nel dettaglio: la sicurezza degli attraversamenti delle fiumare,  caratterizzate da elevata pendenza dell’alveo con conseguenti colate di fango in presenza di eventi atmosferici accompagnati da pioggia, deve essere legata alla messa in sicurezza dei sottesi bacini idrografici, con adeguate opere di presidio vista la particolare fragilità idrogeologica del territorio).  In secondo luogo la consistenza dei terreni lungo i versanti interessati dai lavori è bassa e la localizzazione dei siti di recupero ambientale, nome altisonante per indicare in realtà le discariche di inerti provenienti dagli sbancamenti per la costruzione del Ponte, è sbagliata perché  non sono indicate le piste di servizio per raggiungerli in sicurezza e il recapito finale delle acque di raccolta di queste aree avviene negli alvei strada, cioè nelle strade sottostanti i siti ove quindi sarebbero raccolte i materiali inerti che scenderebbero a valle in caso di eventi atmosferici di alta magnitudo, provocando notevoli danni a cose e persone.  Infine i tre assi viari dove verranno indirizzati i mezzi gommati pesanti del cantiere, essendo alvei tombinati, cioè alvei torrentizi ricoperti di cemento e asfalto per potere essere percorsi, presentano dei problemi  strutturali e idraulici: per i primi infatti andrebbe verificata la staticità ed essendo carenti dal punto di vista strutturale, l’ulteriore aggravio di traffico potrebbe comprometterne la stabilità; i secondi discendono dal fatto che sia indispensabile una messa in sicurezza dei bacini sottesi ai torrenti strada)

Eppure le somme impegnate per un’opera che presenta tutte queste criticità potrebbero essere impiegate in progetti per la Sicilia e la Calabria come la costruzione di interporti, fondamentali vista la posizione della Sicilia al centro del mediterraneo, o per il rafforzamento e manutenzione di strade e ferrovie oggi completamente disastrate in Sicilia dove il governo Renzi ha stanziato solo 60 milioni di euro per tutto il sud mentre per il centro-nord ne ha stanziati 4,6 miliardi di euro. E la messa in sicurezza dal punto di vista idrogeologico dell’intero territorio siciliano visti gli ultimi eventi che si sono abbattuti nell’isola.

Luca Lecardane

Coordinatore siciliano Dell’associazione nazionale Net Left

 

Note a cura dell’autore:

L’ingegner Sciacca è un funzionario pubblico,“ex” responsabile del Genio Civile di Messina, il quale  è stato tolto dal suo posto dal presidente della regione Sicilia Crocetta, forse  per non essersi  piegato alle lobby messinesi che volevano costruire ovunque e senza regole e perché si è saputo sostituire all’inefficienza della politica? Un funzionario pubblico che non ha piegato la schiena davanti i palazzinari e, per questo, attaccato dalla politica e dagli stessi che lo hanno accusato di voler fermare lo sviluppo di Messina. Ma come si spiegherebbero allora i 22 appalti completati e gli 8 da completare per un totale di circa 100 milioni di euro?  Lo chiamavano il “signor NO” eppure dopo la frana di Giampilieri convinse alcuni cittadini a vedersi abbattere le proprie case senza che vi fossero contenziosi, per mettere in sicurezza la zona. L’ingegnere Sciacca denunciò, insieme ad altri, la possibilità che un viadotto dell’autostrada potesse venire giù visto che presenta oggi evidenti segni di cedimento strutturale e considerato tra l’altro che se dovesse collassare  si  abbatterebbe su un’area dove vivono migliaia di persone. Lo accusarono di essere catastrofista ed allora, ci chiediamo, perché auto e tir passano su una sola corsia se non è pericoloso?

Oggi il Presidente Crocetta lo ha spostato dall’ufficio del genio civile di Messina, con la scusa della rotazione dei dirigenti, promettendogli la direzione dell’UREGA (L’Ufficio regionale per l’espletamento di gare per l’appalto di lavori pubblici), posto per cui ci vorrebbe una laurea in giurisprudenza peraltro, ma ad oggi l’unico soggetto a rotazione è stato lui e non è neanche  direttore dell’Urega, ma un funzionario senza un ufficio. Lo stesso Crocetta vuole che sia applicata una leggina del 2003, approvata dal governo Cuffaro, che permette di iniziare a costruire subito dopo il deposito del progetto, prima ancora che il genio civile possa dare parere. Il genio civile, secondo la legge, potrebbe intervenire successivamente per  abbattere l’edificio qualora  violasse norme di sicurezza antisimiche o norme contro dissesto idrogeologico.  Immaginatevi quanti anni dovrebbero passare per fare in modo che l’edificio sia abbattuto e nel frattempo cosa potrebbe succedere. L’ingegnere Sciacca ha bloccato  lottizzazioni, centri commerciali e palazzine nella valletta del torrente Trapani e tante altre proposte vergognose in 50 aree a rischio. Questo funzionario pubblico ha fermato le costruzioni  in aree a rischio, nonostante la leggina di cui sopra, e la Magistratura, affermando il principio per cui la legge non è valida nelle aree a rischio perché vi è un interesse superiore, gli ha dato sempre ragione contro i ricorsi fatti dai costruttori . Questo, ovviamente, gli ha procurato non poche inimicizie tra le lobby messinesi. Insomma l’Ingegnere Sciacca ha rotto il giocattolo degli amici e degli amici degli amici compresi i politici.

Fu nominato commissario ad acta del Consorzio autostrade siciliane solo per tre mesi ma nonostante la brevità del tempo e nessun potere per intervenire   nel tratto compreso tra Boccetta e lo svincolo di Villafranca, visto che in caso di piogge intense quel tratto di strada diventava pericoloso, fece mettere l’asfalto drenante.

Insomma un’altra storia, tra tante altre che non conosciamo ma che sicuramente esistono, di interessi “altri” che diventano più forti del buonsenso, della buona politica, del benessere dei cittadini, della meritocrazia.

All’ingegnere Sciacca, recentemente, è stato consegnato il premio Colapesce.  Secondo la leggenda più diffusa, scendendo in profondità, Colapesce vide che la Sicilia posava su 3 colonne, delle quali una piena di vistose crepe e segnata dal tempo e così decise di rimanere sul fondo del mare per sorreggere questa colonna.

Vogliamo concludere questo articolo con una frase che spesso l’ingegnere ha ripetuto nel corso di altre interviste e anche a noi al telefono: “il futuro del paese è nella rigenerazione urbana, nel recupero edilizio e nella messa in sicurezza”

Noi riteniamo che la Sicilia e questa Italia abbiano bisogno di tanti Sciacca/Colapesce per sorreggerle con onestà, competenza, capacità. A voi le conclusioni.

 

 

 

dal sito  

http://www.lecodelsud.it/stretto-di-messina-svolta-epocale-sara-lo-stato-garantire-collegamenti-senza-abbandonare-il-ponte

 

 

 
 
 

Renzi ha qualche problema con la democrazia rappresentativa, di Vincenzo Russo

Post n°483 pubblicato il 30 Novembre 2014 da socialismoesinistra

C’è giustizia sociale ed uguaglianza se c’è uguale libertà, uguale opportunità di partecipazione alla gestione della cosa pubblica. Per partecipare i cittadini si organizzano in gruppi di interesse omogenei secondo la logica dell’azione collettiva. Non riconoscere i sindacati dei lavoratori dipendenti è negare la libertà e/o il diritto di partecipazione. È negare il principio di rappresentanza che non si esaurisce nella elezione dei membri delle Camere rappresentative, dei consigli regionali e dei sindaci magari con sistemi elettorali di dubbia costituzionalità. In buona sostanza, è negare la democrazia.
Non a caso l’art. 99 della Costituzione del 1948 prevedeva Il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro con funzioni consultive per le Camere e lo stesso Governo. “Il CNEL era composto, nei modi stabiliti dalla legge, di esperti e di rappresentanti delle categorie produttive, in misura che tenesse conto della loro importanza numerica e qualitativa. Era organo di consulenza delle Camere e del Governo per le materie e secondo le funzioni che gli sono attribuite dalla legge. Aveva l’iniziativa legislativa e poteva contribuire alla elaborazione della legislazione economica e sociale secondo i principi ed entro i limiti stabiliti dalla legge”. Non a caso una delle misure della devastante riforma costituzionale proposta dal governo Renzi prevede l’abrogazione del CNEL. Quindi c’è coerenza e metodo nell’azione del Presidente Renzi quando si rifiuta di dialogare con i sindacati. Molti osservatori e opinion leader, a mio giudizio, sottovalutano la gravità di tale scelta e di tale comportamento che, da una parte, rifiuta il dialogo con i rappresentanti dei lavoratori, dall’altra, ogni settimana va a visitare questa o quella impresa accompagnato da un rappresentante della Confindustria.
Renzi non si limita a non riconoscere alcuni corpi intermedi (nel caso di specie i sindacati dei lavoratori) ma va oltre. Li accusa di essere responsabili di tutti i mali del Paese come fa con la burocrazia. Anche se quest’ultima è un potere dello Stato va bene lo stesso. Bisogna delegittimarla in continuità con l’azione iniziata metodicamente da Brunetta ministro della Funzione pubblica nel governo Berlusconi 2008-2011. Quindi c’è perfetta continuità tra la politica di delegittimazione propria della destra e quella di Renzi. Burocrazia e sindacati sarebbero di ostacolo alla efficienza del governo ma non ci si rende conto che senza la burocrazia il governo sarebbe una testa senza un corpo. Burocrazia e sindacati vengono accusati di rallentare l’azione del governo perché la prima complica le procedure di attuazione e i secondi vogliono addirittura condizionare la scelta degli obiettivi da parte del governo come se questo potesse governare solo con gli annunci e/o con i tweet.
Nel tempo noi abbiamo creato un sistema di guardie e ladri. Per cui i poteri dello Stato diffidano l’uno degli altri. Non c’è fiducia e leale collaborazione tra di loro. Ognuno di essi è, in modo e grado diversi, deresponsabilizzato. Tutti vogliono che sia la legge a dire che cosa ognuno di essi deve fare. Da qui l’abnorme produzione legislativa che per lo più rimane inattuata. Se la missione fondamentale della burocrazia è quella di applicare giornalmente la legge, è logico pensare che la colpa sia della burocrazia e se questo lo dice il governo, sarà vero – pensa la gente comune. Invece è falso. Non che la burocrazia non abbia la sua parte di responsabilità ma il fatto fondamentale è che le leggi chilometriche e complicate sono approvate dal Parlamento e che la quasi totalità di dette leggi è di iniziativa del governo. Quindi, ad essere chiari, la colpa della inefficienza del sistema paese è prima di tutti del governo. Una burocrazia inefficiente nega i diritti dei cittadini o non li attua al meglio. Per far valere i loro diritti, i cittadini facoltosi si fanno assistere da avvocati specializzati. Gli altri possono farsi assistere dai Patronati organizzazioni collaterali ai sindacati. E che cosa ha già fatto il governo Renzi? ha tagliato i sussidi ai Patronati. Se questi vogliono continuare ad assistere i loro iscritti devono aumentare le quote e i contributi.
La delegittimazione della burocrazia non consente la democrazia dell’uguaglianza e lo Stato di diritto. Non riconoscere le legittime rappresentanze dei lavoratori nega la democrazia rappresentativa. In questi termini Renzi, il Sindaco d’Italia, mi sembra in preda a delirio di onnipotenza e con metodo cerca di compromettere il processo democratico nel nostro Paese. Ci riuscirà? Non credo. Potrà abrogare l’art. 99 sul CNEL ma non credo potrà cancellare anche l’art. 39 della Costituzione del 1948. Se ci riuscisse si troverebbe davanti anche l’ostacolo dell’art. 11 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Il comma 1 recita: Le istituzioni danno ai cittadini e alle associazioni rappresentative, attraverso gli opportuni canali, la possibilità di far conoscere e di scambiare pubblicamente le loro opinioni in tutti i settori di azione dell’Unione; comma 2: le istituzioni mantengono un dialogo aperto, trasparente e regolare con le associazioni rappresentative e la società civile”. Salto per brevità gli altri commi e le altre norme che prevedono la consultazione obbligatoria del Comitato economico e sociale (composto dalle parti sociali) e del Comitato delle Regioni. Ma ho voluto riproporre detti principi perché da come parla e da come si comporta non mi pare che Renzi ne abbia piena conoscenza.

P.S.: Mentre completo questa nota, sento alla radio di una lettera di Renzi al Direttore di Repubblica. Il Presidente afferma ripetutamente di essere di sinistra e cita le persone a cui si ispira idealmente. Tutto bene. Ma un conto solo le parole e un altro sono i comportamenti. Non ritengo di dover cambiare nulla di quello che ho appena scritto. Anzi non so come qualificare un Presidente del Consiglio che crede cambiando l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori e raggruppando alcuni contratti, sta cambiano il mondo del lavoro. Non credo che abbia chiaro in testa come funziona il mercato del lavoro. Renzi si potrebbe consolare se sapesse che nessun governo della Repubblica – e meno che mai il suo – ha spinto l’economia verso il pieno impiego. Si legga per favore il Rapporto Saraceno del 1964. Il paradosso è che il mercato del lavoro in Italia è entrato in tensione, alias, si è avvicinato a situazioni di pieno impiego al Nord solo due volte, in corrispondenza di due stagioni contrattuali 1961-62 e 1969-70 di forti aumenti salariali. Se ci sono 6 milioni e passa di senza lavoro e oltre otto milioni di persone in povertà assoluta e relativa, non c’è giustizia sociale.

Vincenzo Russo

 

dal Blog http://enzorusso2020.blog.tiscali.it/2014/11/23/renzi-ha-qualche-problema-con-la-democrazia-rappresentativa/

 
 
 

Oltre la residualità. Una rivoluzione copernicana per la sinistra, di Antonello Badessi

Post n°481 pubblicato il 29 Novembre 2014 da socialismoesinistra

 

Il problema è che finché ragioniamo in termini di voto di sinistra, non faremo un passo avanti. Le attuali forze della sinistra sparsa e frammentata, SEL compresa, non hanno davanti a sé il compito di unire la sinistra nota in una unica sigla. Né, quando andiamo a valutare il voto, serve a molto ragionare in termini di somma di SEL, “L'altra Italia” e altre forze che mantengono un carattere pregnante di residualità. Ed infatti lo si vede nel risultato in Emilia Romagna dove la somma dei voti di SEL e di quelli dell’AER è inferiore al voto delle europee. A fronte, e questo è il tema, di un inedito livello di astensionismo. Quello che serve è un progetto politico, supportato da un fronte politico con caratteristiche popolari, per attrarre, mantenere e sviluppare il consenso di massa. Ed il consenso di massa, in questa era post tangentopoli e antipolitica, in questa era del neoliberismo e della depressione economica, non lo si può più qualificare in termini di destra e di sinistra ma in termini di forze, contenuti e credibilità. Ma, attenzione, è un consenso, anzi in prospettiva un nuovo senso di appartenenza, che va costruito tenendo ben presenti i valori non negoziabili come l'antirazzismo e l'uguaglianza. Perché bisogna aggredire i santuari del PD ma anche della Lega Nord e del Movimento 5 Stelle, ma preservando i nostri valori.

 

Il limite de L'Altra Europa con Tsipras, nonostante la intelligente intuizione di non mettere la parola sinistra, è che eravamo perfettamente riconoscibili e questo non ci ha aiutato, e non ci aiuta alle regionali. La Lega, che è molto peggio di 5 Stelle, va ad occupare parte dello spazio grillino anche perché è una forza organizzata e consolidata e senza ambiguità che sfrutta al meglio la regressione sociale e lo smarrimento di certi valori che davamo per inattaccabili. Poi arrivano i fatti di Tor Sapienza a Roma a smentirci, a mettere in discussione le nostre certezze sulla tenuta dei valori di uguaglianza e solidarietà che invece sono stati in parte demoliti dalle politiche scellerate di governi e amministrazioni locali che hanno aggiunto contraddizioni a contraddizioni, degrado a degrado.
La gente non si fida delle attuali forze politiche, SEL compresa, e non ragiona come ragioniamo noi. Non ti premia se dici con il PD mai, né, viceversa, se dici con il PD per la vita né se ti limiti a dargli una dimensione tattica. La gente non ti premia sugli schieramenti. Ti premia se hai un programma o, purtroppo, se sembra che lo hai. Ti premia se stai nei territori e questo è già un dato positivo. La gente non sa nemmeno cosa è la "Sinistra Europea" o chi è Tsipras che è importante che lo sappiano i greci. La gente non sa cosa sia Podemos. Il voto degli eredi de "L'Altra Europa" è un voto politicizzato. Anche il voto di SEL è soprattutto politicizzato, salvo alcuni territori. Il voto popolare va altrove. Tra l'altro continua ad andare anche al PD. Ma c'è chi si bea pensando che sia vincente il solo definirsi di sinistra. Di questi tempi temo persino che sia perdente definirsi di sinistra.

 

Il dato specifico sulle elezioni in E.R. è che SEL non perde e anzi incrementa i voti. Mentre l’AER perde posizioni e non riesce a togliersi di dosso l’aura residuale. Il voto a sinistra ha un consenso a volume variabile ma per lo più concentrato in aree più politicizzate con spirito di appartenenza. SEL stessa non sfonda a livello popolare. È chiaro che vi sono anche delle attenuanti. Non regge comunque il ragionamento dei sostenitori dell’AER secondo cui SEL non prende voti perché sta con il PD, visto che anche loro non sfondano e il sorpasso è ben magra cosa. Sia detto con tutto il rispetto. A Roma SEL è impegnata in una partita di contrasto ai disegni del PD, alleato e avversario, e se farà valere questo suo ruolo, e lo saprà spiegare, ciò pagherà. Insomma, è molto più avversaria del PD la linea che SEL sta seguendo a Roma che quella di chi dice con il PD mai e poi si rinchiude nei fortini.

Antonello Badessi

 

 
 
 

La UIL e la CGIL, di Giuseppe Giudice

Post n°480 pubblicato il 25 Novembre 2014 da socialismoesinistra

Io mi auguro che il rapporto tra CGIL e UIL vada oltre il 12 Dicembre. Verificheremo se sarà possibile , ma , in questo momento rappresenterebbe una fatto significativo la unità d'azione tra i due sindacati in qualche modo rappresentativi, nelle loro radici, della sinistra storica. Io sono un socialista da sempre vicino alla CGIL i migliori quadri sindacali socialisti , basti pensare a Santi, Foa, Brodolini , e poi Boni, Verzelli, Vigevani, sono stati quelli. Pur in minoranza (ma c'è da dire che i comunisti della CGIL: Di Vittorio, Lama, Trentin hanno rappresentato il meglio della storia del PCI) hanno avuto grande rilevanza nelle scelte strategiche della conferderazione. Basti pensare al Piano del Lavoro che, secondo Gaetano Arfè, nasce da una idea di Fernanso Santi ( e che Di Vittorio accolse pienamente - per la verità poi sia Di Vittorio che Santi dovettero scontrasi con Togliatti e Nenni che non vedevano di buon occhio la cosa - l'unico dirigente della sinistra che sostenne quello sforzo , fu Riccardo Lombardi , isolato). Veniamo alla UIL. Negli anni 70 mutò profondamente volto, grazie all'apporto di dirigenti che venivano dalle categorie dell'industria e dai metalmeccanici in particolare (Benvenuto, Mattina, Lotito) ed erano il prodotto della stagione della unità sindacale. Dopo il 94 ,scomparso il Psi , vi fu un tentativo di una OPA di Forza Italia sulla UIL. Che però Larizza rintuzzò con energia e pose la Uil in forte contrasto con Berlusconi. La gestione Angeletti è invece stata penosa e subalterna sia ai governi che al padronato. Del resto diversi compagni ed amici iscritti alla Uil mi hanno più volte espresso la profonda insoddisfazione nei confronti delle sue politiche. Che hanno contribuito ad isolare la CGIL. La quale ha dovuto subire anche l'azione di disturbo di una Fiom ante-Landini che più che fare sindacato intendeva costruire un partito antagonista con i Cobas ed i Centri Sociali. Merito di Landini è stato il ritorno ad una azione più sindacale e più pragmatica, anche se poi nella Fiom sacche di minoritarismo velleitario sussistono. Vedete: a me importa poco se i Cobas ed Centri Sociali partecipano alle manifestazioni. Chiunque può partecipare, a parte le frange di provocatori e di violenti. Sono più preoccupato se poi i Cobas ed e centri sociali ti dettano la linea. Cremaschi è stato un vero virus per il sindacato. Per questo, per la CGIL è importante che UIL rinnovata (questo segretario viene da esperienze di lotta alla Fiat di Termini Imerese, ha fatto lavori umili e precari) vi sia. è un importante elemento di bilanciamento politico. Comunque staremo a vedere...

Giuseppe Giudice

 
 
 

Un sistema fragile come quello italiano potrà reggere la forzatura dell'Italikum?, di Franco Astengo

Post n°479 pubblicato il 19 Novembre 2014 da socialismoesinistra

Si è riaperta la “querelle” relativa alla necessaria modifica del sistema elettorale e la vicenda sta subendo una modificazione non da poco dal punto di vista dei contraenti il patto necessario per attuarla: dal connubio PD-Forza Italia si sta passando a una “entente” PD-M5S, dimodoché questo PD inaugurerebbe (o forse ha già inaugurato) una politica “dei due forni” di andreottiana memoria.

Non è questo però il punto da affrontare adesso perché questo PD composto da un gruppo di veri e propri “assettati del potere” non si accontenta del poter esercitare un ruolo “pivotale” rispetto al sistema, grazie anche alle molteplici ascese sul “carro del vincitore”: questo PD vuole la maggioranza assoluta della Camera per poter solidificare l’ormai già avvenuto passaggio a un regime autoritario che dispregia la dimenticata Costituzione Repubblicana.

La chiave di volta per ottenere questo risultato, che Renzi e i suoi perseguono nella convinzione di vivere una stagione di assoluta sublimazione dell’autonomia del politico non messa in discussione da qualsivoglia livello di contestazione sociale, è la legge elettorale considerata soprattutto sotto l’aspetto dell’assegnazione del premio di maggioranza e di un meccanismo che riduca il più possibile il sistema a un bipartitismo che qualcuno ha già definito come “monopartitismo imperfetto”.

Sorge così l’ipotesi di assegnazione di un premio di maggioranza del 15% (soglia al 40% e 55% dei seggi assegnati), oppure, in assenza del 40%, attraverso un ballottaggio tra i primi due partiti.

Perché, s’insiste dal PD, di partiti (o liste) deve trattarsi e non di coalizioni.

Vale la pena di ricordare che l’entità del premio è pressoché identica a quella che prevedeva la famosa “legge truffa” del 1953, con due differenze importanti: i partiti “apparentati” (quindi una coalizione) avrebbero dovuto raggiungere il 50% più un voto per avere diritto al 65% dei seggi. Il primo punto di differenza riguarda quindi, in allora, la necessità di una coalizione; il secondo è che, allora, si trattava di un vero “premio di maggioranza” (occorreva cioè superare il 50% dei voti validi) e non di un “premio di minoranza” com’è stato nel caso della legge 270/2005 smantellata dalla Consulta e come continuerebbe a essere con l’Italikum.

Svolti questi necessari punti di analisi è il caso però di riprendere l’interrogativo di fondo: i soggetti politici attualmente presenti nel sistema politico italiano dispongono di un dato di rappresentatività politico – elettorale tale da giustificare l’assegnazione di un premio di maggioranza di tale portata?

I dati ci dicono che questa rappresentatività non c’è e che un sistema molto fragile come quello attuale potrebbe implodere per una seconda volta dopo quella del ’94 e aprire la strada a soluzioni, anche sotto l’aspetto formale, molto drastiche con il superamento della forma parlamentare della Repubblica.

E’ forse questo il vero punto d’arrivo cui tendono Napolitano e Renzi?

Ricostruendo i dati elettorali dal dopoguerra in avanti rileviamo che fino al 1983 la percentuale dei due maggiori partiti (o lista) ha sempre superato il 50% degli aventi diritto al voto.

Nel 1948 la DC e il Fronte Popolare assommarono addirittura il 71,09% (ma il Fronte Popolare comprendeva assieme PCI e PSI), nel 1953 DC e PCI arrivarono al 56,10%, nel 1968 la somma dei due maggiori partiti rilevò, rispetto al totale degli iscritti nelle liste, una percentuale del 59,01% salita al 66,35% nel 1976.

Il calo iniziò fin dal 1983: in quell’occasione DC e PCI toccarono assieme il 52,07%

Lla crisi del sistema, alimentata dall’avvio di Tangentopoli fece rapidamente discendere questa percentuale fino al 37,85% del 1992 (somma tra DC e PDS).

Ancora in calo la rappresentatività elettorale dei primi due partiti anche nella prima occasione di voto con il sistema misto proporzionale (25%) e maggioritario (75%): 1994 33,27%.

L’adozione di un profilo bipolare più marcato consentì, all’inizio del nuovo secolo di risalire la china: alle elezioni del 2001 la somma percentuale sul totale degli elettori tra Casa della Libertà e Ulivo toccò il 66,72%, una percentuale che fornì l’impressione di una possibilità di consolidamento del sistema.

Un’operazione di consolidamento messa a rischio dalla modifica della legge elettorale nel 2005 e dalla formazione del PD veltroniano “a vocazione maggioritario”.

Nell’occasione delle elezioni del 2008 la somma tra PDL e PD toccò infatti il 55,42%: 11 punti in meno rispetto al 2001, segnale tangibile della frantumazione in atto del concetto bipolare.

Alle elezioni del 2013 si presentò, infatti, attraverso il M5S il fenomeno di una “tripolarizzazione” del sistema, con il risultato dell’abbassamento del grado di rappresentatività dei due maggiori partiti, in questo caso proprio il M5S e il PD, al 36,96%.

Un dato ancora abbassatosi in occasione delle elezioni europee 2014, quelle del tanto vantato 41% del PD. Cosa vale, per davvero, quella percentuale sommata a quella del M5S secondo arrivato rispetto alla totalità dell’elettorato ?: il 34,44% (il 41% del PD si contrae in questo caso al 22,68%).

Insomma, per concludere (e non avendo analizzato l’effetto delle soglie di sbarramento sulla rappresentatività reale delle Camere rispetto alla realtà del Paese) l’interrogativo pare legittimo: come può essere possibile affidare un premio di maggioranza così grande a partiti così poco rappresentativi della realtà sociale?

Forse sarebbe il caso di introdurre una clausola di salvaguardia: nel caso in cui i primi due partiti non superano la soglia del 50% rispetto al totale degli aventi diritto non si assegna premio di maggioranza, né si svolge l’eventuale ballottaggio ma i seggi dell’unica residua Camera elettiva dovrebbero essere distribuiti con il sistema proporzionale.

L’ansia della governabilità e dell’esercizio indiscriminato del potere ha fatto smarrire il dato che maggiormente stava a cuore ai Padri Costituenti: quello della rappresentanza politica e sociale.

Quella rappresentanza che Togliatti aveva riassunto nella formula: “Il Parlamento come specchio del Paese”.

Franco Astengo

 
 
 

Tra Leopolda e san Giovanni- Le contraddizioni del PD, di Renato Costanzo Gatti

Post n°478 pubblicato il 31 Ottobre 2014 da socialismoesinistra

E’ necessario riflettere a fondo su cosa è successo il 25 ottobre 2014, o forse cos’è successo quando si fondò il Pd. In fondo gli equivoci, che oggi sono diventate contraddizioni, sono tutti nell’atto costitutivo del Pd. In quella sede si costituì, sulle macerie della DC e dei DS, un partito che in primis si negò ogni connotazione socialista per approdare alla filosofia dell’economia sociale di mercato, aspetto umanitario e commiserevole dell’economia di mercato di cui smussa le asperità più evidenti.
Tutti i job acts e la legge di stabilità accettando in pieno la filosofia di mercato, prevedono interventi a tutela delle posizioni più infelici cui i lavoratori possono incappare, dalla tutela della maternità all’estensione degli ammortizzatori sociali (anche se poi ne risultano insufficienti gli stanziamenti). Si danno aiuti incondizionati alle imprese ignorando gli insuccessi passati ed affidandosi completamente ai meccanismi del mercato, con una fiducia assoluta alla capacità dello stesso, con gli aiutini dati, di tornare ad essere virtuoso.
Insomma si predispongono strumenti per guarire le ferite inferte dal mercato ma non si risale a curare la causa prima del male, ovvero l’incapacità del mercato, specialmente in questa fase storica, di risolvere i problemi. Si rifiuta qualsiasi politica industriale, qualsiasi progetto di programmazione pur possibile anche con le regole europee. Ricordo che alle elezioni del 2013 solo CGIL e Confindustria presentarono piattaforme di politica economica non in contraddizione ma componibili fra di loro. Nelle due proposte c’era molto interventismo e investimenti pubblici. Sia il governo Letta che il governo Renzi ignorarono completamente quelle proposte avviandosi con fare pietoso ad accompagnare l’agonia del paese.
Anche l’ipotesi di una patrimoniale, che con insistenza la Camusso propone, viene ignorata drasticamente, senza dare una risposta all’andamento dell’indice Gini ed alle conseguenze di una mala distribuzione.
A tutto ciò si aggiunga la dichiarazione solenne del premier di dichiarare defunta la concertazione. Strano che in una economia sociale di mercato non ci sia spazio per la concertazione, e che un governo si assuma in proprio tutta l’iniziativa di guidare il paese, in nome di un decisionismo che ha poco a che vedere con la ricerca della pace sociale.
Ci mancavano poi le manganellate ai lavoratori della FIOM e l’infelice uscita della Picierno sulle tessere false della Camusso e l’esaltazione del decisionismo di quella minus habens della Serracchiani.
Le contraddizioni del Pd sono, a questo punto, insanabili. Si è aperto un solco difficilmente componibile. Una scissione adesso non servirebbe a nulla. La domanda è entrare nel Pd a rafforzare l’ala di cultura socialista o rafforzare Sel con la prospettiva di un soggetto politico che rappresenti piazza S.Giovanni?
Il Pci non votò lo statuto dei lavoratori. L’interpretazione ideologica di allora era che lo statuto riconosceva l’egemonia del capitale e all’interno di quella egemonia si scavassero importanti e incisivi diritti per i lavoratori, incluso l’art. 18. In pratica però l’accettazione dello statuto dei lavoratori (risultato dell’arte del possibile) comportava la rinuncia della classe lavoratrice di tendere ad un progetto gramsciano di egemonia, specialmente pensando al fallimento della linea dell’Eur che rivendicava per i lavoratori la conoscenza dei piani delle imprese.
La conoscenza dei piani delle imprese non era naturalmente fine a se stessa, era la premessa per giudicare quei piani, fare critiche, controproposte. Era cioè l’avvio di una politica di corresponsabilizzazione preludio di una concertazione. Furono Meade e l’Agathotopia (seguiti da Baglioni e Archibugi) a mettere le basi per un lavoro di costruzione di una cultura che unisse il mondo del lavoro, nelle sue due espressioni dell’imprenditoria e del lavoro dipendente, contro l’ignavia del capitale che fuggiva all’estero o si rifugiava nella speculazione finanziaria.
Il sindacato (tranne la Cisl) non seguì questa strada preferendo invece una gestione dei diritti da conquistare o da difendere, ma sempre nell’ambito di una egemonia del capitale.
Che i renziani dicano poi che il concetto di classe è vecchio come il gettone telefonico nei confronti dell’i-phone (non so neppure come si scrive), mi spinge a chiedere loro una risposta a questo quesito:
“Come mai i guasti catastrofici del capitalismo finanziario esploso con i sub-primes e deflagrato con la Lehman, sono ricaduti sulle banche, che hanno scaricato sugli stati, e alla fine si sono risolti nel licenziamento di milioni di lavoratori. E’ questa situazione l’esempio cristallino che la storia è storia di lotte di classe o è la normale logica dell’economia sociale di mercato?”

Renato Costanzo Gatti

 
 
 

Considerazioni sul 25 Ottobre, di Riccardo Achilli

Post n°477 pubblicato il 28 Ottobre 2014 da socialismoesinistra

Il 25 Ottobre abbiamo avuto la dimostrazione plastica dell'esistenza di due Pd (e non mi riferisco ai dirigenti, che rispecchiano più o meno bene gli umori della base, ma dei militanti e simpatizzanti). Con due composizioni di classe completamente diverse. Quello della Leopolda, una destra liberista ortodossa. E quello di piazza San Giovanni. Non credo che ci sarà una scissione, un pò perché non c'è niente da cui scindersi, il Pd in quanto partito tradizionale è morto da tempo, e la scomparsa della figura dell'iscritto lo certifica, un pò perché la nuova legge elettorale, che sarà approvata da renziani e berlusconiani, supera definitivamente il concetto di coalizione. E la presenza di SEL, che i sondaggi danno, da settimane, in lieve ma costante crescita, esaurisce gli spazi per una ulteriore formazione politica a sinistra.

Rimane da vedere, ma questo è interesse dei politilogi, se il post-Pd renziano si trasformerà in un peronismo all'italiana, cioè in un movimento estramamente composito, che contiene al suo interno sia Menem che Kirchner, cioè l'intero arco politico, più un "brand" politico che un partito, a disposizione di aspiranti leader personalistici, tenuto insieme da un vago richiamo a tradizioni ed "eroi", più o meno rispettati o dissacrati (Peròn ed Evita in Argentina, Gramsci o don Milani da noi) ed a un senso di responsabilità governista legato al patriottismo (tipico tratto di ogni componente del peronismo, di destra o sinistra). Oppure se sarà qualcos'altro, una specie di marchio in franchising su un playing field elettorale aperto a qualsiasi avventurismo politico, di destra o sinistra.

Questo lo vedranno i cultori della materia. Una cosa però è certa: Cuperlo, Civati, Fassina, Damiano ed anche la Bindi, che continua a lottare per un partito pluralista morto e sepolto, ieri, alla manifestazione, hanno guardato negli occhi un milione di lavoratori, pensionati e disoccupati. E, metaforicamente, tanti altri milioni, come me, che per ragioni varie non sono potuti andare. Questo sguardo li seguirà per sempre, come una maledizione, niente è più come prima, i tatticismi di sopravvivenza, le contorsioni dialettiche, il tentativo di avere botte piena e moglie ubriaca, stanno a zero. Da oggi, dovranno essere coerenti fino in fondo, nelle aule parlamentari in cui siedono, e dentro il franchising politico del Pd, organizzando una componente ben chiara per programma e orientamento politico. Costi quello che costi. 

Le lezioni per il sindacato sono molteplici. Personalmente, mi auguro che, al di là degli eventi pubblici che ogni sigla ha scelto di usare (la piazza per la CGIL, le assemblee nei posti di lavoro, se mai le faranno, le altre due sigle)  il sindacato confederale sappia ritrovare non dico unità d'azione, che sarebbe utopistico, ma perlomeno la capacità di concentrarsi su una piattaforma propositiva comune. Perché è anche questo un passaggio di ricomposizione del mondo del lavoro. E' però anche chiaro che il sindacato nasce per fare battaglia, non per impaludarsi nei tatticismi. La CGIL, con una iniziativa di confronto diretto, ha mobilitato centinaia di migliaia di lavoratori, ed oggi è sul fronte della lotta sociale. Cisl e Uil, con le loro timidezze negoziali, sono state messe all'angolo e si ritrovano nelle retrovie. Ne traggano qualche ovvia conseguenza in termini operativi, non dico la Cisl, ma forse la Uil, dove ancora c'è una tradizione socialista.

Ed un'altra cosa, penso, dovrebbe, penso, essere chiara anche al partito al quale sono iscritto, ovvero la SEL: il dovere storico di SEL è aiutare questo processo di rafforzamento della sinistra nel Pd e nel sindacato, facendo sponda ed offrendo ponti. E questo implica scelte molto precise. La lista Tsipras, che a maggio ho votato con convizione, ed anche promosso nei miei articoli su BRIM, è stato un passaggio importantissimo, fondamentale, direi. Senza quel 4% non avremmo avuto, oggi, un milione di persone in piazza. Ma se Landini e la Camusso si ricompattano, se Cuperlo scende nella stessa piazza di Vendola, è evidente che la strada non può essere quella di inseguire vocazioni puriste ed ultraminoritarie, illusorie "unità di sinistra" sotto la bandiera di patchwork compositi di frammenti dispersi e velleitari, incapaci di un compromesso alto con un campo sociale più largo che includa anche i pezzi migliori della piccola borghesia. Questi esperimenti sono stati fatti: si sono chiamati Sinistra Arcobaleno, Lista Ingroia, ed anche, consentitemi, lista Tsipras, perché il 4% è fondamentale, ma evidentemente non basta a cambiare la realtà. Adesso basta. Occorre un progetto che parta dagli interessi del lavoro e di chi il lavoro non ce l'ha, ma sappia parlare anche ad altri strati del Paese. Il che non pregiudica, ovviamente, il fatto che chi, provenendo dai sopracitati micro frammenti, si vuole unire a questo disegno, deve essere accolto a braccia aperte. Ma la retorica non può essere quella degli aut-aut, per cui si dialoga con quelli del Pd se e solo se abbandonano la tessera e con la CGIL al massimo (e con qualche non dissimulato mal di pancia nei confronti della componente non-Fiom), e non con gli altri, oppure quella di un operaismo fuori tempo massimo, perché oggi serve, a mio avviso, un fronte più ampio.

P.S.: chi guarda con interesse a Syriza, dovrebbe sapere, al di là delle enormi differenze storiche, sociali e politiche fra Italia e Grecia, che rendono molto difficile riproporre da noi questa esperienza "as it is", che il congresso del 2013 di quel partito ha sancito il rafforzamento della sua componente socialista e democratica, con il 67% dei voti, proprio per consentirle di dialogare con uno spettro politico più ampio, che spesso votava per l'oramai catatonico Pasok. Se poi vogliamo discutere di differenze fra Italia e Grecia (disgregazione di Pasok vs. rafforzamento di Renzi, commissariamento esplicito vs. commissariamento implicito delle due economie, una tradizione di sinistra radicale molto più forte in un Paese, come la Grecia, uscito dalla seconda guerra mondiale per entrare in una guerra civile culminata con il governo fascista dei colonnelli, la peculiare storia del comunismo greco e delle sue tante fratture, con Synaspsimos che fu l'unico spezzone di eurocomunismo esistente in Grecia, nascendo da una scissione rispetto allo stalinista KKE, mentre in Italia l'intero PCI aderì all'eurocomunismo (e per molti versi ne fu il fondatore) sono a disposizione.

Riccardo Achilli

 
 
 

Leopolda: l'applauso più lungo, di Franco Astengo

Post n°476 pubblicato il 28 Ottobre 2014 da socialismoesinistra

Il popolo degli smartphone e del digitale che gremiva l’antica stazione fiorentina della Leopolda ha dedicato il suo più lungo applauso al passaggio più “antico” e politicista sviluppato nel corso del suo comizio finale dal presidente del Consiglio e segretario del PD Matteo Renzi.

E’ stato quando l’oratore ha evocato la scissione “da sinistra” il formarsi di una “cosa” raccolta attorno all’antiquata piazza San Giovanni chiamata a raccolta 24 ore prima dalla CGIL: “è bene – ha detto Renzi – che questa cosa si formi così dimostrerà tutta la sua inconsistenza e il suo essere superflua rispetto al centro della vita politica del paese”.

In sala sono saliti applausi scroscianti che hanno segnato la fine di un’epoca e fatto scrivere, giustamente, da molti commentatori che Renzi stava già “oltrepassando” il PD: forze oggi Ilvo Diamanti scriverà già di P-R in luogo di PD-R.

Si tratta di un vero e proprio salto di qualità rispetto al tentativo di stampo personalistico svolto negli anni scorsi da Silvio Berlusconi che, fin dal 1994 e poi per un lungo periodo, aveva trovato alimento in una vena classica del filone d’oro del consenso italico: la paura del comunismo.

Adesso quelli che si considerano ex-comunisti vengono sì evocati ma per essere irrisi, considerati meno che marginali, lontani dall’essenza dello scontro in atto che è generazionale, di uso personale della tecnologia, di espressione dell’individualismo; ben lontano, insomma, questo cuore dello scontro dalle logiche di analisi sociale e di distinzione di classe che aveva ispirato per tanti anni il complesso delle argomentazioni e delle scelte all’interno del sistema politico italiano che pure avevano animato gli interpreti dell’analisi gramsciana temperata dall’accorto pragmatismo togliattiano fino a formare il più grande partito comunista d’Occidente.

Fuori dal discorso anche gli ultimi esegeti della dottrina sociale della Chiesa, gli ultimi eredi della “Rerum Novarum”, gli assistenti di Scoppola o Bachelet, quelli che si erano attinti alla fonte della “terza fase” e dei tempi lunghi di Aldo Moro: resistono soltanto gli esegeti del “meglio campare che tirare le cuoia” di andreottiana memoria.

Al netto ovviamente degli opportunismi di stampo burlandiano, opportunismi sempre presenti nel nostro sistema ben prima del “discorso di Stradella”.

Non è il caso di commentare il discorso di Renzi: gonfio per una parte di retorica nazionalista e dall’altra della vecchia fissazione dei reaganiani d’Italia “il posto fisso non c’è più” e della logica di presunte pari opportunità: basta riflettere su quanto già affermato circa l’assenza di un’analisi delle forze sociali e dei soggetti. Un’assenza che nasconde l’ansia del totalitarismo, del consenso generalizzato attorno a qualche parola d’ordine per poi realizzare un comando di tipo personale.

Dal “potere politico” al “comando politico”: questo il passaggio di fase che si sta realizzando all’interno del nostro sistema.

Il punto vero di analisi che si può trarre da questo quadro riguarda però davvero la sinistra.

Si sta compiendo, infatti, un altro momento d’importante passaggio : la dimostrazione concreta, se mai ce ne fosse stato ancora bisogno, del fallimento dell’operazione di liquidazione del PCI. Operazione che tra pochi giorni compirà 25 anni.

Si dimostra inutile, infatti, la sinistra dello “sblocco del sistema politico”, della “governabilità”, del “new labour” e si dimostra, di conseguenza, inutile in partenza anche una presunta “sinistra del lavoro” che cerchi di “dialogare” con il partito della Leopolda per spostare l’asse verso sinistra contrastando il richiamo irresistibile di un centro senza confini che non siano quelli dell’individualismo egoista: cifra portante ormai, nell’incultura dilagante, di larghi settori della società all’interno dei quali si scambia l’uso dei gadget elettronici con la promozione sociale chiudendo gli occhi sulla condizione materiale vera di milioni e milioni di persone ridotte nell’impoverimento, nella precarietà, nella sopraffazione, nello sfruttamento.

Davvero, per esemplificare, il discorso di Renzi è un ritorno all’800: all’800 dei padroni.

La sinistra deve esistere, deve organizzarsi, deve saper ritornare a rappresentare soggetto politico in grado di incidere.

Per far questo, cerco di affermarlo con grande chiarezza  verso le tante compagne e compagni esitanti o legati a uno schema davvero superato, è necessario ritornare- prima di tutto – ai fondamentali della nostra identità sia sul piano storico, politico, programmatico, organizzativo.

C’è molta frammentazione e molta incertezza dopo tanti anni di sconfitte.

Le sconfitte però sono finite perché è cambiato l’avversario che ce le aveva inflitte : si è aperto davvero una fase diversa ,almeno per quel che riguarda il ”caso italiano” (ma, di riflesso, anche rispetto all’Europa).

Un’identità basata sull’analisi delle forme nuove della lotta di classe e del modificarsi dello scenario internazionale che sempre più sembra richiedere una visione internazionalista, né globalista, né sovranazionale, delle grandi ragioni di conflitto.

La ripresa della riflessione sull’identità comunista in questo secolo: questa la sola risposta possibile da fornire a questo mutamento di scenario, per una sinistra capace di raccogliere le masse non soltanto per prospettare accomodamenti negli interstizi offerti dall’avversario ma per affermare in pieno la forte e incoercibile ragione delle condizioni materiali di chi vive del proprio lavoro e trasformare questa società nel segno dell’eguaglianza.

Franco Astengo

dal blog: http://sinistrainparlamento.blogspot.it 

 
 
 

La manovra del governo Renzi: un'operazione di classe, una politica economica sbagliata, una sottrazione di futuro

Post n°475 pubblicato il 24 Ottobre 2014 da socialismoesinistra

Il documento economico finanziario adottato per il 2015 dal Governo Renzi non s’inserisce semplicemente nella linea neo-liberista e di pura sudditanza alle centrali capitalistiche e finanziarie dell’UE sulla scorta dei precedenti governi Monti e Letta.

La manovra per il 2015 accentua quei caratteri, ne porta a compimento alcuni elementi ma, soprattutto, apre una nuova stagione di sopraffazione di classe che rappresenterà la cifra portante della politica economica e sociale della maggioranza PD in Italia, in supporto all’avviata costruzione di una cornice politico – istituzionale di stampo autoritario.

Sono tre i punti da sottolineare con forza:

1)      L’operazione di classe: il combinato disposto tra i tagli alla spesa pubblica e l’unidirezionalità degli alleggerimenti fiscali (e di conseguenza dei necessari appesantimenti che da qualche altra parte – vedi tasse degli Enti Locali – si dovranno pur fare) rappresenta il punto di saldatura di un’enorme operazione di crescita delle diseguaglianze, già così  fortemente accentuatesi nel corso degli ultimi anni. Una vera e propria redistribuzione di reddito alla rovescia dal basso verso l’alto che si configura davvero come una “operazione di classe”;

2)      Appare del tutto ridicola l’esortazione agli imprenditori: adesso non avete più alibi dovete assumere. Davvero una frase grottesca, da un sapore molto amaro. E’ evidente che gli imprenditori prenderanno la palla al balzo di questa situazione per intensificare sfruttamento e precarietà (precarietà che non è collegata automaticamente alla durata di un contratto: ma significa condizioni di lavoro, tempi, ritmi, “filosofia” dell’operare). Manca completamente, dal punto di vista del governo e della maggioranza PD  anche soltanto una minima visione di tipo keynesiano, dell’intervento pubblico (di cui pure ci sarebbe grande bisogno in ambiti molto delicati come quelli delle infrastrutture e del territorio). Molto di meno di un’idea “forte” di piani straordinari nei settori strategici dell’industria come, invece, sarebbe necessario;

3)      Dopo le reiterate operazioni sulle pensioni adesso quella sul TFR (di cui valuteremo gli effetti) sta a indicare un’ulteriore sottrazione di futuro per i giovani e i meno giovani. L’idea del TFR in busta paga rappresenta un’indicazione da “tutto e subito” in un’idea bulimica del consumo individualistico. Mentre le precedenti operazioni sulle pensioni hanno allontanato per intere generazioni la prospettiva di una sicurezza per il futuro. Per un cattolico come Renzi che dovrebbe considerare la speranza (di cui si era riempito la bocca nei primi tempi della sua ascesa) una “virtù teologale”, proprio non c’è male.

Franco Astengo

 
 
 
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SOCIALISMO E ANTIFASCISMO

Rodolfo Morandi


 Il Socialismo dei fratelli Rosselli  di Carlo Felici

 Da un'antica ferita ad una prossima resurrezione           di       Carlo Felici

 L'assassinio dei fratelli Rosselli   di Carlo Felici

 Un appello di Carlo Rosselli ai comunisti che sembra scritto ieri   di             Carlo Felici

Non una somma di etichette ma un insieme di valori    di Carlo Felici

Sull'attualità del 25 Aprile di Luca Fantò

La Festa d'Aprile  di Nicolino Corrado

 Sembra scritta da poco, anzi, pochissimo  di Carlo Felici

Il Centro socialista interno (1934-1939)- appunti per un dibattito su antifascismo e unità di classe                         di  Marco Zanier

parte prima
parte seconda
parte terza
parte quarta
parte quinta

 

 

MARXIANA


Karl  Marx

 

Costituzione, neoliberismo, nuove povertà  di Marco Foroni

Sulle teorie del valore  di Renato Gatti

Le crisi   di Renato Gatti
parte prima
parte seconda


Globalizzazione i compiti della Sinistra   di  Franco Bartolomei

note del Coordinamento del Forum di SocialismoeSinistra

parte prima

parte seconda


La crisi e i suoi rimedi   di Renato Gatti

Al papa sarebbe necessario un poco di marxismo   di Leonardo Boff

Note e riflessioni su socialismo, comunismo e capitalismo  di Giuseppe Giudice

L’anticipazione del nostro tempo. Marx, la sinistra e il recupero delle solidità  di Marco Foroni


 

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I TEMI DEL SOCIALISMO ITALIANO

Francesco De Martino


La risorgiva socialista   di Carlo Felici

Eppure il vento soffia ancora  di Carlo Felici

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I TEMI DEL SOCIALISMO INTERNAZIONALE

Oskar Lafontaine

 

La sconfitta dei socialisti  di Renato Gatti

 

 

 

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PER COSTRUIRE SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'

 

I Nuclei Aziendali di Sinistra e Libertà   di Marco Zanier

 Avrà successo "Sinistra e Libertà"?   di Gioacchino Assogna

I doveri della sinistra italiana  di Franco Bartolomei

prima parte

seconda parte

 Io su Sinistra e Libertà la penso così   di Luca Fantò

"Sinistra e libertà" il fuituro del Socialismo italiano    di Franco Bartolomei

Socialismo e Libertà  di Carlo Felici

Le tre fasi del socialismo
di Renato Gatti

Libertà, e non solo per uno   di Carlo Felici

 Le elezioni europee   di Gioacchino Assogna

 Il grano e il loglio della Sinistra   documento scritto da socialisti iscritti o senza tessera e da elettori si Sinistra e Libertà

 Un nuovo sole contro l'arsenico e i vecchi merletti   di Carlo Felici

Una nuova Sinistra per l'Italia è un sogno realizzabile?    di Michele Ferro


 

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POLITICA LAVORO E SINDACATI

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Un punto chiaro sulla globalizzazione di Renato Gatti

Lo Statuto dei lavoratori di Giacomo Brodolini                     di Marco Foroni

L'adesione della CGIL alla manifestazione nazionale antirazzista del 17 Ottobre 2009

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John Maynard Keynes


Convegno sulla crisi finan- ziaria   di Renato Gatti

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 I provvedimenti contro la crisi  di Renato Gatti

Governanti allo sbaraglio di Gioacchino Assogna

 A proposito di pensioni  di Gioacchino Assogna

Perché la crisi attuale è una crisi “di sistema” di Franco Bartolomei

Economia ferragostana  di Renato Gatti

Un circolo vizioso mortale di Leonardo Boff

La crisi è finita? 
di Renato Gatti

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Economia e secessionismo di Renato Gatti

 

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Contro la congiura del silenzio  di Anna Falcone


 

 

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 Riflessioni sul sistema fiscale italiano   di                   Roberto Cefalo

Il documento di Sociali- smoeSinistra per la commissione economica del partito

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I caratteri della crisi ed il compito dei Socialisti di Franco Bartolomei

Tutto come prima? Una riflessione sul "general intellect"  di Renato Gatti

 

Lettura politica della crisi economica attuale  di Alberto Ferrari

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parte prima

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Relazione introduttiva al Primo Convegno Nazionale dell'Associazione Culturale"Consequenze"    di  Stefano Pierpaoli

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Il pensiero laico   di Renato Gatti

 

 

CULTURA E SOCIETA'


 

Il male cremastico globale ovvero la droga del profitto di Carlo Felici

  Democrito: un libertario non materialista  di Carlo Felici 

  Cattivi pensieri sul mondo degli intellettuali italiani  di Stefano Pierpaoli

 Nasce il popolo della libertà - Alcune considerazioni in fatto di egemonia  culturale                                             di Renato Gatti

 Stato, Chiesa , Massoneria, e Sinistra  di Franco Bartolomei

 La Teologia della Liberazione  di Carlo Felici

L'egemonia culturale di Renato Gatti

Il ruolo sociale dell’arte  di Stefano Pierpaoli


 

PRINCIPI ISPIRATORI E PROGRAMMA D'AZIONE

L'Associazione SocialismoeSinistra, ispirandosi ai principi fondamentali della Costituzione della Repubblica Italiana, persegue la promozione dei valori di libertà, di solidarietà e di eguaglianza nella vita politica, sociale e culturale del Paese.
L’Associazione considera il principio della laicità dello Stato e della libertà nelle professioni religiose, affermato dalla Costituzione, un valore di riferimento a cui ispirare la propria azione politica, ed intende perseguire la  effettiva affermazione del principio di legalità, nel quadro dei valori costituzionali, quale elemento fondamentale di una riforma democratica dello Stato che restituisca ai cittadini della Repubblica la certezza nella legittimità, nella imparzialità, e nella correttezza della sua attività amministrativa ad ogni livello.
L'Associazione SocialismoeSinistra fonda la propria azione politica sulla convinzione che la crisi delle economie dei paesi sviluppati abbia assunto i caratteri di una crisi di sistema, tale da incrinare la fiducia collettiva in un futuro caratterizzato dai livelli di garanzia sociale finora conosciuti, e cancellare l’egemonia delle idee-forza liberiste, neoconservatrici e tecnocratiche attorno a cui l’Occidente ha consolidato gli equilibri di potere responsabili dei processi economici, finanziari e sociali oggi entrati in crisi.
L'Associazione SocialismoeSinistra ritiene che la Sinistra italiana debba necessariamente ripensare la propria impostazione culturale e programmatica rispetto alla profondità della crisi che sta coinvolgendo il capitalismo a livello globale, recuperando appieno una concezione del riformismo socialista fondata sulla affermazione della superiorità del momento della decisione politica rispetto alla centralità degli interessi del mercato, nuovamente proiettata a perseguire una trasformazione strutturale degli assetti economici e sociali, ed in grado di individuare un diverso modello di sviluppo, diversi parametri di riferimento della qualità della vita della società, e nuove regole di controllo sociale delle variabili economiche.
L'Associazione SocialismoeSinistra ritiene quindi che questo nuovo percorso politico passi attraverso una ristrutturazione di tutta la Sinistra essendo evidente che la straordinarietà della crisi implica il superamento della distinzione tra coloro che provengono dalle file del socialismo europeo e chi si è finora riconosciuto in esperienze politiche nominalmente più radicali.
L'Associazione SocialismoeSinistra si costituisce al fine di rendere possibile questo grande progetto di ricostruzione della Sinistra italiana,  di rinnovamento democratico della società e di riforma dello Stato. (Art. 2   dello Statuto dell'Asso- ciazione SocialismoeSinistra )

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