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Rivista di approfondimento culturale e politico dell'Associazione SocialismoeSinistra
 

 

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Contro la congiura del silenzio

Post n°224 pubblicato il 09 Luglio 2009 da socialismoesinistra

 

 

 

Ce lo siamo detti in molti in questi giorni:“…negli altri Stati ci si brucia per molto meno”. E, invece, la “responsabilità di Stato”, richiamata anche dal Presidente Napolitano, invoca al silenzio. La responsabilità. Dal latino, etimologicamente, per significare la “capacità di dare delle risposte”. Strana parola da invocare per coprire e giustificare la mancanza di alcuna risposta. Ho taciuto, finora, perché immaginavo ben più alte e autorevoli reazioni. Ma allo sfiorire della notizia, senza che nulla accada, senza che un solo fiato di indignazione si alzi dall’opinione pubblica se non qualche sporadico appello, senza che le donne non reagiscano, come solo loro sanno fare, con i fatti….no, a questa sottile violenza di massa contro la dignità delle donne, il loro valore, i loro diritti non posso soggiacere. E proprio perché sono donna, e responsabile, rilancio sull’unica incontrovertibile risposta a quanto accaduto: “il re è nudo…e anche senza più corona”.


I fatti li conosciamo tutti. La magistratura ne accerterà veridicità e rilevanza. Ma c’è un livello più alto che è stato investito e richiede attenzione e approfondimento, poiché non rientra nella competenza del potere giudiziario, bensì nella insindacabile sovranità e dignità di un popolo, libero di autodeterminarsi circa i suoi valori, la sua cultura civile e sociale e il diritto ad essere rappresentato da chi questi valori, questa cultura li incarna e li rispetta veramente, nella sua privata come in quella pubblica, e con essi rispetta il ruolo e le istituzioni che rappresenta. Perché i comportamenti sono la misura della coerenza politica, la prima forma di comunicazione politica e, al di là dei proclami, certamente la più sincera, quella su cui si fonda la credibilità di ogni politico e che svelano il suo autentico “programma”.

Senza cadere nel facile moralismo, che non ci appartiene, è evidente che i comportamenti del premier, e di tanti "nani e ballerine" di questa triste parabola di fine repubblica, hanno alimentato una “incultura di genere” che ci colpisce tutte indistintamente. Non credo, e non ha mai creduto, che la privacy possa essere utilizzata come uno scudo da alzare a piacimento e dietro al quale nascondersi e nascondere i propri comportamenti sbandierati ai quattro venti fino a un momento prima. Chiunque rivesta un ruolo pubblico o abbia pubblica visibilità è, e sa di essere, parametro di riferimento e di emulazione per gli altri. Per questo non può abdicare al primario senso di responsabilità (questa si vera “responsabilità”) che dovrebbe ispirare ogni scelta relativa alle proprie azioni, pubbliche certamente, ma anche private. Ancor di più se, come nel caso del Premier, i comportamenti e le valutazioni maturate nella sfera privata finiscono per condizionare scelte pubbliche e ad personam, che influiscono sui nostri interessi di cittadini/e e condizionano il corretto svolgimento della vita pubblica. Non voglio fare di Berlusconi un capro espiatorio, ma è indiscutibile che i suoi comportamenti e il modo in cui, in diverse vicende e occasioni, ha trattato le donne hanno creato un precedente inconsciamente legittimante, inficiando gravemente il senso di dignità e il rispetto che prioritariamente, e a prescindere dai singoli casi, si deve a ogni donna.

E' un fatto che mi offende profondamente e al quale, con compostezza, ma con fermezza, dobbiamo reagire. Occorre una lezioni di stile, a tutti quegli uomini, che sentendosi legittimati da tale comportamento ammiccano indiscriminatamente a qualsiasi donna, immaginando che anche sotto un tailleur professionale o una vita basata su valori completamente diversi si nasconda sotto sotto una vocazione da escort. E' solo questione di tempo o di prezzo.
Alle donne, rebus sic stantibus, solo la possibilità di ritirarsi, di “tacere”, pietrificate, dietro alla mortificazione, all’incredulità, al senso di impotenza. Pensavamo di aver superato questa fase da tanto tempo e definitivamente.
Non voglio giudicare le donne e i comportamenti specifici, cadrei nella trappola del più bieco maschilismo se lo facessi. So che per alcune è una libera scelta, per molte altre non lo è. Sia che si tratti di comportamenti traviati da una incultura di massa, che restringe con gli orizzonti di chi ne è vittima anche il loro senso di dignità, sia che si tratti di scelte consapevoli, il problema non sono le donne, bensì coloro che approfittano di tale situazione, magari da una posizione “dominante”, per svilire, con l'abuso privato o pubblico di tante vite, il valore e la dignità del genere femminile e dell'apporto delle donne nella società.

Mi son chiesta e vi chiedo: cosa sarebbe successo se il premier fosse stato una donna, si “una donna”, che nel suo ruolo, alla sua età, avesse mantenutola sua stessa condotta, le sue frequentazioni, le sue “libertà” sul modo di relazionarsi con i giovani dell’altro sesso e sul modo di distribuire incarichi e prebende? E se avesse fatto, come Caligola, di un cavallo un senatore?  Non andrò oltre, perché solo il paragone mi offende e rischia di offendere anche i giovani italiani di bell’aspetto e belle speranze. E non è assolutamente mia intenzione. Una donna, probabilmente, non lo farebbe mai. Sa fin troppo bene quanto pesano i “pregiudizi” e le umiliazioni di chi ti pesa con lo sguardo senza accorgersi che ciò che vede è solo nel suo sguardo. Mi sono sentita male molte volte, in questi giorni, a dovermi accorgere, di nuovo, di quegli sguardi, di quelle battute senza vergogna e senza rispetto, rivolte per strada, nei locali pubblici a tante donne, a tante ragazze: volgarità, pregiudizi, aggressioni verbali gettate addosso a tante vite di cui non si sa nulla, ma che impunemente si pensa di poter ridurre a meri oggetti. Non voglio che accada più. Non possiamo tornare indietro. Non dobbiamo permetterlo. E' arrivato il momento, credo, di risollevarci per riprenderci quanto subdolamente in termini di rispetto e libertà ci è stato tolto in questi anni di machismo sottile e crudele svilimento dell’anima e del corpo delle donne. E’ arrivato il momento di promuovere una nuova stagione di rivendicazioni. La libertà è il prodotto di tante opportunità liberamente fruibili, di tanti diritti e della possibilità di immaginare se stesse nel futuro che davvero si desidera senza condizionamenti nascenti da falsi miti, da costrizioni, o da pregiudizi.
Occorre tornare a seminare nuove idee di donne e per le donne, su cui fondare un nuovo "rinascimento al femminile". Penso a un nuovo modello sociale, inclusivo e rispettoso della libertà di entrambi i generi. Penso ad una riforma del lavoro che valorizzi le donne e aiuti chi valorizza le donne, che non le costringa a scegliere lavori di basso profilo o part-time, solo perché le “scelte tragiche” sul dilemma lavoro/famiglia gravano sempre e solo sulle loro spalle. Penso al rilancio dello stato sociale “reale” che sollevi le donne dalla “punizione” ineluttabile della maternità, dell’assistenza ad anziani e malati e da tutto il lavoro invisibile che ogni società civile dovrebbe egualmente distribuire su tutti, come accade nelle democrazie del nord Europa. E’ la precondizione per liberare le donne da mille catene invisibili e restituire loro la più preziosa delle risorse: "il tempo" e con esso la possibilità di “crescere”, di “lavorare”, di “emanciparsi” davvero. Penso anche al riconoscimento del diritto di poter trasmettere il cognome ai propri figli e figlie, in modo da eradicare fin dall’origine la prima delle discriminazioni che ancora, nella nostra cultura, fa prediligere ad alcuni i figli maschi alle figlie femmine. E’ tempo di realizzare la società che vogliamo, di chiedere e ottenere il rispetto e i diritti che meritiamo, in quanto donne, persone, esseri umani di serie A. Credo che la nostra generazione abbia davanti a se questa come prioritaria responsabilità delle giovani donne e dei giovani uomini, una sfida importante ed entusiasmante, una conquista di civiltà, un grande passo in avanti per noi e per le generazioni che verranno. Rita Levi Montalcini sostiene, nel suo ultimo libro, che saranno le donne a i soggetti innovatori delle società future. Facciamo in modo che questo futuro inizi da oggi e sia un futuro fondato sull’uguaglianza e la meritocrazia, che quando c’è, ed è rispettata davvero, è il miglior alleato delle donne.  Costruiamolo a partire da noi e insieme agli uomini che ci amano e ci rispettano davvero. Ci sono e li vogliamo con noi in questo “rinascimento al femminile”, contro chi pensa di poterci disprezzare impunemente, coperto da una inaccettabile congiura del silenzio.

 

Anna Falcone
Responsabile Pari Opportunità del Partito Socialista

 

 
 
 
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L'Associazione SocialismoeSinistra fonda la propria azione politica sulla convinzione che la crisi delle economie dei paesi sviluppati abbia assunto i caratteri di una crisi di sistema, tale da incrinare la fiducia collettiva in un futuro caratterizzato dai livelli di garanzia sociale finora conosciuti, e cancellare l’egemonia delle idee-forza liberiste, neoconservatrici e tecnocratiche attorno a cui l’Occidente ha consolidato gli equilibri di potere responsabili dei processi economici, finanziari e sociali oggi entrati in crisi.
L'Associazione SocialismoeSinistra ritiene che la Sinistra italiana debba necessariamente ripensare la propria impostazione culturale e programmatica rispetto alla profondità della crisi che sta coinvolgendo il capitalismo a livello globale, recuperando appieno una concezione del riformismo socialista fondata sulla affermazione della superiorità del momento della decisione politica rispetto alla centralità degli interessi del mercato, nuovamente proiettata a perseguire una trasformazione strutturale degli assetti economici e sociali, ed in grado di individuare un diverso modello di sviluppo, diversi parametri di riferimento della qualità della vita della società, e nuove regole di controllo sociale delle variabili economiche.
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